C’è chi si preoccupa molto di scegliere cibi “naturali”, preferire grani antichi e sali integrali, eliminare olio di palma, lattosio, glutine, selezionando con maniacale attenzione ogni alimento che consuma, trattandolo alla stregua di un miracoloso farmaco o di un pericoloso veleno. Tutto questo standosene rigorosamente incollato ad uno schermo — si sa, informarsi richiede tempo — dopo una giornata di lavoro in ufficio, per crollare infine, stremato, sul divano. Senza rendersi conto che il maggior rischio di ogni giornata è rappresentato dalla sedentarietà, dalla costante assenza di movimento, un problema drammatico che pochi percepiscono nella sua reale portata.
Parliamo di sedentarietà e iniziamo con una piccola storia, e perdonatemi se stavolta è personale: mio nonno, Sestilio Torrini, classe 1895, ha lavorato duramente tutta la sua vita, nei campi e come manovale. Si alzava la mattina presto, inforcava la sua bicicletta — non ha mai preso la patente — e pedalava per venti chilometri per andare a lavorare, come operaio per le Ferrovie, per una decina di ore. Era un lavoro pesante, con un grande impegno fisico, ma a mio nonno non importava, aveva una famiglia da mantenere. Terminato il lavoro inforcava di nuovo la sua bicicletta e tornava a casa, ma non per riposarsi: quando c’era abbastanza luce se ne andava a curare l’orto in campagna, altri cinque o sei chilometri di pedalate, e quindi, quando il sole tramontava, se ne tornava a casa.
Questa routine il buon Sestilio l’ha seguita per tutta la sua vita e quando è andato in pensione non è che si è fermato, ha continuato a lavorare e a muoversi: me lo ricordo bene, a 80 anni, a raccogliere le olive, o a 90 anni a girare ancora in bicicletta. Me lo ricordo bene sempre in forma, asciutto, mai stanco, mai malato, di buon appetito ma mai ingordo o esagerato. Ancora a 100 anni, ogni giorno, quando era bel tempo, usciva per una bella passeggiata di due o tre chilometri. Mio nonno aveva macinato tantissima strada quando se n’è andato, nel 1999, all’età di quasi 104 anni.
Certo, è la storia di un singolo, probabilmente molto fortunato, e quindi un semplice aneddoto. Ma è interessante confrontare l’esperienza del vecchio Torrini con quella di un tipico soggetto, magari nato nel 1975: il nostro quarantenne si alza all’ultimo istante possibile, sale in macchina, arriva al lavoro, prende l’ascensore, entra in ufficio e si siede al computer. Il lavoro più duro che fa, nel corso della giornata, è andare a recuperare qualche fotocopia o andare a prendere il caffè al distributore, quello in fondo al corridoio. Poi di nuovo ascensore, macchina, e via a casa, a sprofondare sul divano, di fronte alla televisione, al computer, al cellulare. Movimento? Purtroppo non ha proprio il tempo, è troppo stanco, si era iscritto in palestra, ma poi non ce l’ha fatta, e comunque non è che gli piacesse poi tanto. Una volta giocava a calcetto, ma poi, quel dannato legamento…
Il contrasto è notevole e evidenzia un cambiamento epocale nello stile di vita nell’arco di due sole generazioni. Non solo si è ridotto l’impegno fisico, in confronto ai nostri genitori e ai nostri nonni, ma viviamo in un ambiento che limita la nostra capacità di movimento, svolgendo mansioni che richiedono ore ed ore di inattività, seduti, immobili. Immobilità che si trasferisce poi anche nelle vita di casa e nelle attività ricreative, altre ore spese di di fronte ad uno schermo.
Le conseguenze di un cambiamento così importante e così rapido sono drammatiche: la sedentarietà ci sta letteralmente uccidendo e deve essere considerata uno dei principali fattori di rischio legati ad un moderno stile di vita.
Sedentarietà e salute
Gli esseri umani si sono evoluti per muoversi e per affrontare grandi spese energetiche nella vita di ogni giorno, molto maggiori di quelle degli altri primati. Cervelli grandi richiedono molta energia, un corpo forte e la capacità di muoversi per procurarsi tutta l’energia necessaria. Il passaggio da una società di cacciatori-raccoglitori ad una di agricoltori è recente, e risale a poco più di 10.000 anni fa. L’efficienza energetica dei nostri lontani antenati era bassa, si spendeva 1 kcal per procurarsene 2,25, ed è notevolmente aumentata per noi uomini moderni, fino a 3,66: con la spesa di 1 kcal ce ne procuriamo 3,66, con un incremento di oltre il 50% rispetto ai progenitori.
Nel contempo si è presumibilmente ridotta la spesa energetica dovuta all’attività fisica. Confrontando il livello di attività fisica di un soggetto che vive nell’occidente industrializzato con quello di uno degli ultimi cacciatori-raccoglitori, ancora presenti in qualche remoto angolo del globo, ne risulta un valore decisamente più basso, anche se la spesa energetica complessiva giornaliera è relativamente simile, secondo alcuni studi recenti. L’uomo moderno si muove molto meno dei propri antenati e ha a sua disposizione una quantità di cibo molto maggiore: una miscela esplosiva. [1, 2, 3, 4]
Il problema non era sfuggito all’attenzione di acuti ricercatori: già negli anni 50 del secolo scorso lo studio di Morriss mostrava come tra gli impiegati delle Poste e dei Trasporti Inglesi quelli con una maggiore attività fisica presentassero una mortalità ridotta per malattie cardiovascolari rispetto a quelli con attività sedentarie. Risultati confermati in studi successivi che hanno mostrato evidenti correlazioni tra uno stile di vita sedentario e un gran numero di patologie.
Il WHO (World Health Organization) sottolinea come “la sedentarietà incrementi la mortalità per tutte le cause, raddoppi il rischio di morte per patologie cardiovascolari e diabete, aumenti in maniera significativa il rischio di tumore al colon, ipertensione, osteoporosi, ansia e depressione“. Le statistiche indicano che attualmente dal 60 all’85% della popolazione mondiale ha un livello di attività fisica insufficiente, sia nei paesi occidentali, sia in quelli in via di sviluppo. Il dato più preoccupante è quello che riguarda i bambini: oltre i due terzi infatti, non svolgono attività fisica adeguata. Una catastrofe in fieri, un potenziale disastro per sistemi sanitari che sono spesso già impegnati ai limiti estremi delle loro capacità.
Da sottolineare che quando si parla di attività fisica non si intende soltanto quella legata all’esercizio fisico, ma si parla anche e soprattutto del movimento legato alle attività quotidiane, indicato negli studi come NEAT (Non Exercise Activity Thermogenesis): sedere, alzarsi, camminare, lavarsi, pulire, e anche semplicemente battere il piede o muovere le dita mentre si siede. Ebbene anche questi movimenti, che spesso compiamo in maniera quasi automatica, senza rendercene conto, determinano una riduzione del rischio per obesità, malattie cardiovascolari e malattie metaboliche. tutto conta quando si parla di movimento. Gli studi più recenti operano una distinzione importante tra il tempo speso stando seduti, sedentarietà completa senza importanti stimolazioni neuromuscolari, e quello invece trascorso impegnati nelle attività leggere che comunque rappresentano un impegno significativo, per quanto leggero. Contrariamente a quanto potremmo pensare, sembra proprio che starsene seduti belli comodi sia davvero un’attività molto pericolosa.
La mole di studi è impressionante e il rischio determinato dall’inattività è rilevante. Ovvio e quasi scontato il legame con l’obesità, le malattie cardiovascolari e quelle metaboliche, ma importante anche l’associazione osservata con diversi tipi di cancro, in particolar modo colon, seno, utero e polmone. Molto interessanti anche i lavori che mostrano una possibile associazione tra uno stile di vita sedentario e problemi di ansia e depressione. [5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14]
Non esistono quindi dubbi: la sedentarietà è un fattore di rischio formidabile per diverse patologie croniche, probabilmente il più diffuso ed importante non soltanto nel mondo occidentale ma in tutto il pianeta, frutto di cambiamenti rapidissimi del nostro stile di vita e del nostro ambiente di lavoro. Un fattore di rischio che però non desta l’allarme che dovrebbe e che finirà per costarci molto caro in futuro, come individui e come società.
Combattere la sedentarietà
Siamo destinati a morire arrugginiti nelle giunture, obesi e tristi, a causa dello scarso movimento? Solo se lo vogliamo. L’antidoto c’è e si chiama attività fisica. A partire da quella che facciamo ogni giorno durante gli impegni quotidiani, il NEAT di cui parlavamo prima. Cominciamo a parcheggiare un poco più lontano, a evitare l’ascensore, ad utilizzare una scopa invece dell’aspirapolvere, a tagliare il pane a mano anziché usare un coltello elettrico (ma vi rendete conto? un coltello elettrico per tagliare il pane!), a muoverci un poco di più anziché restarcene immobili come Buddha, l’occhio fisso sullo schermo, ogni muscolo rilassato, ogni spesa ridotta al minimo.
Ovvio che la ridotta attività non sia colpa esclusiva del singolo individuo ma sia causata da molti fattori concomitanti che in certe area, specie in quelle urbane, possono diventare importanti: mancanza di spazi adeguati, inquinamento, traffico, scarsa sicurezza. Al netto di questi problemi è tuttavia importante che ognuno di noi si sforzi di raggiungere quelli che il WHO ha indicato come i livelli minimi di attività fisica per le varie classi di età:
- Bambini e adolescenti dovrebbero spendere ogni giorno almeno un’ora impegnati in attività a intensità medio-elevata e un’attività di durata maggiore potrebbe aumentare i benefici in maniera significativa. Almeno tre ore a settimana dovrebbero essere dedicate ad attività per rinforzare ossa e muscoli.
- Adulti da 18 a 65 anni dovrebbero impegnarsi per 150 minuti a settimana in attività di moderata intensità o per 75 minuti a settimana in attività ad elevata intensità. Ovviamente è possibile e auspicabile praticare un misto dei due tipi di attività per un tempo congruo. Un aumento dell’attività fino a 300 minuti settimanali porta ulteriori benefici per la salute. Si raccomandano lavori di potenziamento muscolare almeno due volte a settimana.
- Adulti oltre i 65 anni dovrebbero avere un impegno analogo a quello degli under 65, cercando di curare oltre che la fitness cardiorespiratoria e la forza muscolare anche equilibrio, stabilità e flessibilità, in modo da ridurre il rischio legato ad eventuali cadute.
Ovviamente l’intensità di ogni attività dovrebbe essere commisurata alle effetive capacità di ogni singolo soggetto e scalata di conseguenza. Evitare gli infortuni permette di lavorare con costanza e la costanza nel tempo è essenziale per raccogliere i benefici legati al movimento. Da sottolineare che per la salute cardiorespiratoria è importante che l’attività in cui ci si impegna abbia una durata di almeno dieci minuti. Maggiori dettagli su tempi e impegno in questo articolo.
Aumentando il proprio livello di attività, magari introducendo un esercizio regolare, si ottengono notevoli benefici: un aumento della capacità cardirespiratoria, un miglioramento della salute muscoloscheletrica, una riduzione apprezzabile del rischio di ipertensione, malattie cardiovascolari, diabete, ictus e vari tipi di cancro, inclusi colon e seno.
Il movimento è fondamentale anche per mantenere l’equilibrio energetico e un buon controllo del peso, anche se il solo movimento non assicura automaticamente il dimagrimento se non accompagnato da una dieta adeguata. Nella popolazione anziana l’attività fisica è essenziale per combattere l’osteoporosi, per mantenere una buona massa muscolare, nonostante la sarcopenia legata alla terza età, per garantire forza ed equilibrio che sono determinanti per evitare lesioni e cadute, purtroppo molto frequenti tra i più attempati.
Fa piacere notare che negli studi più recenti risulta importante curare non soltanto una buona forma aerobica, come sottolineato in maniera quasi ossessiva a partire dagli anni 70 del secolo scorso, ma anche forma e salute del sistema muscoloscheletrico: si parla quindi di esercizi contro resistenza, sia utilizzando il proprio peso corporeo — un esempio, le tanto temute flessioni, piegamenti sulle braccia per i più precisi, gli squat o le trazioni — sia utilizzando pesi; molto interessanti i lavori che mostrano un notevole recupero di forza ed equilibrio in over-80 sottoposti ad allenamenti con esercizi tipici della pesistica.
Un recente filone di studio lega un regolare esercizio fisico ad una stimolazione dell’attività del sistema immunitario e ad una protezione dai fenomeni di immunoscenescenza che rendono la popolazione anziana più vulnerabile all’attacco di patogeni o di malattie degenerative come il cancro. L’attività fisica stimola il sistema immunitario e sembra mostrare chiare proprietà antinfiammatorie. I dati disponibili suggeriscono una minor mortalità per malattie con una eziologia infiammatoria e immunologica tra chi pratica regolarmente attività fisica. [15, 16, 17, 18, 19, 20]
Se fossi a caccia di click titolerei questo articolo “La sedentarietà UCCIDE” e non sarei nemmeno troppo lontano dal vero. Sedentarietà e sovrappeso sono i due principali fattori di rischio per un gran numero di patologie, sono fortemente legati tra loro e hanno un gran pregio: sono modificabili. Siamo noi, con una buona attività fisica e una dieta attenta ed equilibrata, a fare un’opera essenziale ed efficacissima di prevenzione primaria. Mangiare quanto basta e muoversi sono la chiave per stare bene e vivere meglio. Il divano è comodo ma pericoloso: muoversi fa sudare, ma stimola e mantiene giovani. O così mi diceva il buon Sestilio, mentre lo accompagnavo nella sua passeggiata quotidiana, a 100 anni suonati. Io mi fido ancora di lui.
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