La dieta FODMAP è molto utile nel controllo dei sintomi della Sindrome del Colon Irritabile. In un ristretto numero di casi potrebbe tuttavia non dare i risultati sperati: quando la dieta fodmap non funziona è bene valutare con attenzione tutta una serie di parametri, per individuare con precisione i fattori che creano problemi.
La dieta FODMAP è un intervento dietetico che, dalla sua introduzione nel 2005, si è dimostrato in grado di ridurre in maniera apprezzabile i fastidi legati alla sindrome del colon irritabile (IBS Irritable Bowel Syndrome), una condizione caratterizzata da una costellazione di sintomi diversi: gonfiore e dolori addominali, alterazione del transito intestinale con diarrea o costipazione, flatulenza. Non sempre è possibile individuare una causa precisa e la diagnosi può risultare difficoltosa visto che, in assenza di marcatori specifici, il medico si deve basare sui sintomi riportati dal paziente.
L’acronimo FODMAP indica oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili, piccole molecole osmoticamente attive, in grado di richiamare acqua nel lume del tenue e quindi provocare gonfiore. Inoltre i FODMAP sono digeriti e assorbite soltanto in parte e una volta passati nel colon sono fermentati dai batteri presenti in questa parte dell’intestino, con produzione di vari gas tra cui idrogeno, metano e anidride carbonica. Si tratta di un processo normale che nella maggior parte dei soggetti non produce alcun fastidio: in alcuni pazienti il fenomeno può diventare molto importante, la distensione intestinale può provocare forti dolori e può essere accompagnata da altri fastidi, più o meno rilevanti.
Ridurre l’apporto di alimenti ricchi di FODMAP, con una dieta a ridotto contenuto di queste sostanze, è un valido aiuto nel trattamento dei sintomi associati alla sindrome. La dieta si compone di una fase di eliminazione, della durata di 4-6 settimane, durante la quale vengono eliminati dalla dieta gli alimenti più ricchi di FODMAP. Al termine segue una fase di reintroduzione con la quale vengono testati gli alimenti eliminati nella fase precedente, in modo da capire le quantità e la frequenza di consumo che il soggetto è in grado di tollerare. [1, 2, 3, 4, 5, 6]
Per quale motivo la FODMAP non funziona?
Non tutti i pazienti rispondono bene ad una dieta FODMAP. I dati di un numero sempre crescente di studi e meta-analisi indicano che una percentuale variabile tra il 20 e il 40% dei soggetti non presenta una riduzione apprezzabile dei sintomi dell’IBS; prima di abbandonare la dieta è necessario valutare se non esistano situazioni che hanno ridotto l’efficacia dell’intervento e se non sia possibile mettere in campo strategie per migliorare la risposta del paziente. [7, 8, 9, 10, 11, 12]
Aderenza alla dieta
La prima cosa da verifica, magari con l’aiuto di un diario alimentare, è quanto il soggetto abbia rispettato le indicazioni date durante la fase di eliminazione. La FODMAP è una dieta restrittiva e non semplicissima da osservare, soprattutto in particolari situazioni:
- quando il paziente consuma una rilevante quantità di prodotti confezionati che possono contenere ingredienti ad elevato contenuto di FODMAP non facili da identificare. Questo può avvenire con molti dei prodotti da forno privi di glutine ampiamente utilizzati per evitare il consumo di cereali ricchi di fruttani: questi prodotti possono contenere in quantità apprezzabili inulina, radici di cicoria, succo di agave, succo di mela/pera, fruttosio, fruttooligosaccaridi, xilitolo, sorbitolo e altri polioli, e contribuire quindi in maniera decisiva alla persistenza dei sintomi;
- quando il paziente consuma pochi pasti con porzioni molto abbondanti che possono portare ad un carico di FODMAP elevato;
- quando il paziente non cucina e non controlla gli ingredienti utilizzati in cucina e non è adeguatamente supportato dai familiari;
- quando il paziente è fortemente sensibile ai FODMAP e necessita di una grandissima attenzione nell’eliminare specifici alimenti e nel controllare le porzioni di quelli che consuma.
Identificare situazioni di questo tipo può permettere di migliore l’aderenza alla dieta e valutare quindi se, con queste maggiori attenzioni, si osservi o meno una riduzione apprezzabile dei sintomi.
Mangiare fuori casa, viaggi e dieta FODMAP
Per lavoro o per piacere, molti pazienti possono mangiare più o meno frequentemente fuori casa. In queste situazioni è difficile avere un completo controllo sugli ingredienti presenti nel cibo consumato. Cipolla ed aglio possono essere presenti in quantità apprezzabili in un gran numero di piatti e lo stesso può avvenire con altri alimenti ricchi di FODMAP, non sempre facili da identificare.Il rischio è ancora maggiore se si è in viaggio e si consumano piatti etnici che possono essere estremamente ricchi di legumi, cereali, verdure e altri prodotti molto ricchi di FODMAP ma tuttavia poco riconoscibili per le preparazioni particolari cui sono sottoposti.
Purtroppo, a differenza di quanto accade con glutine e lattosio, non esistono ancora cibi certificati a basso contenuto di FODMAP e non sono stati individuati disciplinari per la preparazione di piatti low FODMAP, quindi è necessario essere molto attenti nella selezione degli alimenti ordinati al ristorante, prediligendo piatti semplici, con pochi ingredienti, di cui si conosca il contenuto dei fastidiosi zuccheri.
Meglio essere eccessivamente cauti che finire per consumare quantità importanti di FOMAP riducendo in maniera apprezzabile l’efficacia della dieta.
Problemi con altri alimenti?
In alcuni soggetti che soffrono di Sindrome del Colon Irritabile i sintomi possono essere dovuti anche ad altri alimenti, in grado di provocare sintomi fastidiosi attraverso meccanismi del tutto diversi:
- In soggetti sensibili un consumo elevato di grassi può provocare dispepsia, dolori addominali, gonfiori, flatulenza e feci poco formate;
- Il caffè può provocare diarrea: la caffeina stimola l’attività motoria del colon e può determinare dispepsia e dolori addominali;
- L’alcol può causare difficoltà digestive, nausea e diarrea;
- Un uso eccessivo di alcuni tipi di fibre, come inulina e crusca di frumento o avena, può produrre gonfiore e dolore addominale.
Da sottolineare che prima di affrontare una dieta FODMAP sarebbe opportuno valutare se il soggetto presenta intolleranza a glutine e lattosio o altre intolleranze meno comuni — istamina e amine endogene, solfiti, salicilati etc — in modo da escludere potenziali fattori di disturbo pur in presenza di una attenta eliminazione.
Sono presenti patologie intestinali?
Molti dei sintomi tipici di alcune malattie infiammatorie dell’intestino, come il Morbo di Crohn e la Rettocolite ulcerosa, sono sovrapponibili a quelli della Sindrome del Colon Irritabile. Per questo motivo prima di iniziare la dieta FODMAP è bene capire se i sintomi riportati non possano essere dovuti a queste patologie: segni caratteristici sono la presenza di sangue nelle feci, anemia, perdita di peso e febbre persistente.
Le stesse considerazioni valgono per l’eventuale presenza di una celiachia. I pazienti che soffrono di questa patologia spesso presentano molti dei sintomi tipici dell’IBS e la dieta FODMAP, che elimina i cereali contenenti glutini, potrebbe ritardare la diagnosi di una malattia che può dare complicazioni particolarmente gravi. Anche qui esistono alcuni segni caratteristici che devono essere attentamente considerati: perdita di peso, carenza di ferro, folati, albumina e calcio, anemia da carenza di ferro , osteopenia, dermatiti, patologie tiroidee e diabete di tipo 1, quest’ultimo specie nei bambini.
La dieta FODMAP utilizzata alla cieca può essere pericolosa e dovrebbe sempre essere preceduta da un’attenta anamnesi e dai test che il medico ritiene necessari, per evitare di mascherare malattie ben più gravi che accanto all’intervento dietetico possono richiedere e beneficiano in maniera rilevante di terapia farmacologica.
Problemi con dei farmaci?
Alcuni farmaci e integratori possono presentare degli effetti collaterali a carico dell’intestino. Il loro uso continuato potrebbe quindi contribuire alla persistenza di specifici sintomi.
- L’uso di antibiotici può causare diarrea e disturbi gastrici;
- La codeina, presente in molti analgesici, può causare stitichezza;
- il ferro, spesso presente in molti integratori, può causare stitichezza;
- il magnesio, altro minerale spesso integrato, può causare nausea, gonfiore addominale e diarrea;
- la metformina, utilizzata nel trattamento del diabete di tipo 2, può causare nausea, dolori addominali e diarrea.
Cosa fare se la FODMAP non funziona
Sono molti i fattori che possono far sì che i risultati di una dieta FODMAP siano modesti e che i sintomi rimangano, fastidiosi come sempre. Professionista e paziente devono lavorare di concerto ed individuare se e quali di questi fattori sono all’opera.
In alcuni casi, una ridotta aderenza alla dieta, il consumo frequente di pasti fuori casa, la scelta di alimenti che contengono ingedienti non consentiti, l’intervento è relativamente facile: una maggior attenzione nella scelta dei cibi può assicurare che davvero si riesca a ridurre in maniera significativa l’apporto di queste piccole, fastiodiose e diffusissime molecole, verificando così se ci si trova davvero di fronte ad uno di quei soggetti che non risponde alla dieta o se la persistenza dei sintomi sia dovuta ad una eliminazione approssimata e insufficiente, all’utilizzo di farmaci o alla presenza di altri alimenti in grado di provocare problemi: un diario alimentare ben compilato può essere davvero un grande aiuto.
In casi in cui rimangano rilevanti alterazioni del transito intestinale sono possibili interventi mirati. In caso di stitichezza è possibile ad esempio utilizzare piccole quantità di alimenti ricchi in sorbitolo e/o fruttosio, FODMAP che presentano un’apprezzabile azione lassativa: in questo caso il consumo di modeste porzioni di albicocche, avocado, mango, mele o pere, potrebbe aiutare. In soggetti in cui rimane una diarrea ostinata potrebbe essere utile valutare una esclusione ancora più rigorosa di quegli alimenti che contengono fruttosio e polioli, unita magari all’uso mirato di fibre come lo psillio che, con la loro capacità di formare gel, possono migliorare la consistenza delle feci.
In alcuni casi potrebbe essere opportuno l’utilizzo di prebiotici o probiotici mirati, che potrebbero contribuire a migliorare la condizione del microbiota intestinale che spesso in questi pazienti si presenta alterato: la scelta dei prodotti da utilizzare dipende dalla natura dei sintomi riportati dal paziente ed è importante affinché l’utilizzo di questi integratori possa realmente contribuire alla riduzione dei fastidi residui.
Se invece dal confronto con il paziente si evidenziano sintomi e segni particolari è sempre bene riferire il caso al medico che potrà valutare la presenza di altre patologie che potrebbero richiedere interventi di altro tipo.
Le diete di eliminazione, come la FODMAP, non sono giocattoli, richiedono grande attenzione nell’esecuzione sia della fase di eliminazione che in quella di reinserimento, e vanno fatte sotto la supervisione di un professionista esperto che può valutare l’andamento del lavoro, evidenziare eventuali punti critici e individuare gli interventi correttivi necessari per garantire il miglior risultato possibile.