Nello sport la prestazione è determinante, ma per poter dare il massimo un atleta deve poter recuperare al meglio. Per questo si è sempre puntato molto sui carboidrati: ma alcuni lavori recenti mostrano che anche le proteine potrebbero giocare un ruolo importante.
I carburanti preferiti per fornire l’energia necessaria alla contrazione muscolare sono grassi e carboidrati: questi ultimi sono da sempre considerati cruciali per migliorare la prestazione sportiva e permettere un recupero rapido ed efficiente. Il ruolo dei carboidrati è particolarmente importante in attività a elevata intensità, con attivazione dei sistemi energetici che utilizzano gli zuccheri come substrati, la cui disponibilità diventa fattore limitante della performance. Le proteine non sono invece utilizzate a fini metabolici nel muscolo e il loro ruolo è stato a lungo considerato marginale.
Studi recenti mostrano invece che la sostituzione di una piccola quota di carboidrati con proteine nella razione post-eserciziofavorisce il recupero, con miglioramento della prestazione se l’atleta viene di nuovo impegnato a breve. Il ruolo di queste proteine non è certo quello di fornire energia per la contrazione muscolare; l’ipotesi più accreditata è che le proteine possano migliorare la funzione cerebrale, aumentando l’afflusso di ossigeno al cervello durante lo stress causato dall’intensa attività fisica.
Il cervello controlla il reclutamento delle fibre muscolari durante la contrazione e ha quindi un ruolo chiave nel determinare la prestazione fisica. Diversi studi hanno mostrato che l’ossigenazione cerebrale è un fattore limitante importante negli sport ad elevata intensità. Un lavoro recente ha indicato che un incremento della quota proteica nella razione consumata dopo un’intensa attività fisica, permette di aumentare l’ossigenazione cerebrale, con miglioramento della prestazione e dei tempi di recupero. [1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8]
Proteine, ossigenazione cerebrale e recupero: lo studio
Lo studio di cui parliamo ha coinvolto sedici giocatori di basket di livello elevato. I soggetti sono stati assegnati in maniera casuale a due gruppi che, dopo un lavoro di un’ora su una cyclette al 70% della VO2max, hanno consumato due diversi drink dall’identico apporto calorico: uno a elevato contenuto proteico (proteine: 36%; carboidrati: 58%; grassi: 6% delle calorie totali), l’altro a ridotto contenuto proteico (proteine: 12%; carboidrati: 63%; grassi: 25% delle calorie totali).
Dopo due ore di recupero i soggetti sono stati sottoposti ad un nuovo test sulla cyclette, per misurarne il tempo di esaurimento in un lavoro ad elevata intensità, circa l’80% della VO2max.
Dopo una settimana i test sono stati ripetuti invertendo la somministrazione della bevanda di recupero nei due gruppi e valutando nuovamente la prestazione dei soggetti.
In entrambe le batterie di test sono stati misurati i livelli ematici di insulina e di glucosio, al mattino a digiuno e ogni 30 minuti dopo la somministrazione della bevanda di recupero. Durante il test di endurance, dopo il recupero, è stata valutata anche l’ossigenazione cerebrale, utilizzando sonde ad infrarossi in grado di misurare la saturazione di ossigeno nell’area frontale del cervello.
Durante la prima prova (70% della VO2max) non sono state rilevate differenze apprezzabili relativamente ai livelli ematici di insulina e glucosio nei due gruppi. Dopo la somministrazione della bevanda di recupero si sono invece registrati valori della glicemia più elevati nel gruppo che aveva ricevuto la bevanda con ridotto contenuto di proteine mentre i valori d’insulina risultano più elevati, con un forte picco a 30 minuti, nel gruppo che ha consumato la bevanda ad elevato contenuto proteico.
Durante il test di endurance ad elevata intensità (80% della VO2max), effettuato dopo due ore di recupero, i soggetti che hanno consumato la bevanda ad elevato contenuto proteico mostrano una maggior resistenza allo sforzo, con un netto aumento del tempo necessario a causare l’esaurimento muscolare, e presentano una maggior saturazione d’ossigeno a livello dell’area frontale del cervello: si riduce invece l’afflusso totale di sangue a queste aree che risulta infatti maggiore nei soggetti che hanno consumato la bevanda a basso contenuto proteico.
Questi dati indicano che la maggior quota proteica è funzionale al miglioramento dell’ossigenazione cerebrale con una contemporanea riduzione della richiesta di sangue da parte del cervello, sangue che può quindi essere indirizzato al muscolo per aumentarne l’ossigenazione, o alla pelle per permettere la dissipazione del calore prodotto durante l’attività; il tutto si traduce in un aumento apprezzabile della prestazione nel test di endurance dopo il recupero.
Proteine per il recupero: funzionano davvero?
Questo lavoro è molto interessante e ben progettato: si tratta di uno studio randomizzato e in cross-over, due modalità che riducono in maniera rilevante le distorsioni causate da possibili vizi nella selezione del campione. Un possibile problema è dato invece dal ridotto numero di soggetti, soltanto sedici, tutti maschi e tutti ben allenati. Sarebbe interessante vedere un lavoro di questo tipo replicato su popolazioni diverse per età, sesso e preparazione atletica, per capire se gli effetti osservati sono presenti e rilevanti anche in condizioni diverse.
Sappiamo bene che un’adeguata quota proteica è necessaria per la riparazione e la crescita dei muscoli impegnati in una attività fisica di elevata intensità. Pare però che un buon apporto proteico possa migliorare gli effetti di una bevanda di recupero, ovviamente ad elevato contenuto di carboidrati, anche se è difficile capire i meccanismi con i quali questo miglioramento avviene.
Si ipotizza che le proteine possano migliorare l’adattamento dell’endotelio dei capillari cerebrali, permettendo scambi gassosi più efficienti. Gli adattamenti potrebbero essere molto rapidi quando sia disponibile una appropriata quota di aminoacidi. Le proteine potrebbero anche contribuire al miglioramento della funzione mitocondriale nelle cellule cerebrali, migliorando l’efficienza della catena respiratoria, riducendo la produzione di radicali liberi e quindi il consumo di ossigeno, con una produzione di energia decisamente più efficiente. Studi sul modello animale hanno mostrato che l’utilizzo di proteine del siero riduce l’accumulo dei marcatori dello stress ossidativo in mitocondri provenienti da tessuti cerebrali. Inoltre gli aminoacidi in circolo potrebbero funzionare da tampone, riducendo l’acidità causata dall’accumulo di acido lattico e anidride carbonica, acidità che può contribuire all’insorgere della sensazione di affaticamento. [9, 10, 11, 12, 13, 14]
Quali possono essere le ricadute pratiche di lavori di questo tipo? In primo luogo è evidente che l’utilizzo di bevande, barrette o alimenti a base di soli carboidrati probabilmente è meno efficiente per il recupero di un analogo prodotto che presenti anche un’apprezzabile quota proteica.
Da notare la composizione della bevanda ad elevato contenuto proteico, con proteine al 36%, carboidrati al 58% e grassi al 6% delle calorie totali somministrate. L’apporto calorico della bevanda è di 6,25 kcal/kg peso corporeo: per un atleta di 70 kg l’apporto calorico complessivo è di 430 kcal, con circa 38 g di proteine, 60g di carboidrati e 3 g di grassi, disciolti in 600ml di acqua. Si tratta in tutta evidenza di una bevanda ad elevato contenuto di carboidrati in cui la quota proteica è stata decisamente aumentata (qui un articolo sul tema dell’apporto proteico giornaliero).
Nel lavoro in esame sono state utilizzate proteine del siero del latte, facilmente digeribili e con un elevato contenuto di aminoacidi essenziali. Sarebbe interessante vedere se risultati simili possono essere ottenuti utilizzando direttamente miscele di aminoacidi, con riduzione rilevante del tempo necessario a rendere disponibili queste molecole a livello cerebrale.
Una bevanda o un integratore di questo tipo potrebbero essere utili per quegli sportivi che si trovano a sostenere sforzi intensi molto ravvicinati, con tempi di recupero molto ridotti: i risultati potrebbero essere particolarmente apprezzabili in lavori ad elevata intensità, per i quali la resistenza ad uno sforzo intenso e prolungato sia fattore chiave per la qualità della prestazione, o in sport nei quali sono richiesti sforzi ripetuti e per i quali la lucidità mentale sia elemento importante per la performance complessiva. Dai nuotatori di mezzofondo e fondo ai tanti atleti impegnati in sport di squadra che prevedono più frazioni di gioco, molti sono gli sportivi che potrebbero trarre beneficio dal consumo di una razione di recupero con un apporto proteico aumentato.
Fermo restando che il risultato complessivo dipende da allenamento e dieta nel lungo periodo e che interventi come questo possono al massimo ottimizzare il rendimento di un atleta che ha già ben curato gli aspetti principali della propria preparazione.