La pesca è un altro frutto che proviene dal lontano oriente: dolce e succoso, dalle tante varietà, è sempre presente sulle tavole estive. Ricco d’acqua, dissetante e saporito, è ricco di antiossidanti e vitamine. Ma il suo nocciolo contiene una sostanza temibile.
La pesca è il frutto di un albero, Prunus persica, appartenente alla famiglia delle Rosacee, parente stretto di un gran numero di alberi da frutto, tra cui ciliegio, susino e mandorlo. Originario della lontana Cina, dove era già coltivato nel 2000 AC, nella coltura orientale occupa un posto di grande importanza come simbolo di vitalità, bellezza ed immortalità. In Europa la pesca arriva grazie ad Alessandro il Grande, che la conobbe nei giardini e nei frutteti delle terre di Persia appena conquistate, da cui il nome del frutto. Apprezzata dai romani, che la coltivavano estensivamente nelle pianure dell’Emilia-Romagna, si diffuse lentamente al resto d’Europa, dove per lungo tempo rimase una curiosità botanica o un meraviglioso albero ornamentale, e quindi al nuovo mondo. Apprezzata e coltivata da Thomas Jefferson, terzo presidente degli USA, è coltivazione tipica degli stati del sud del paese. I principali produttori attuali sono Cina, Italia, Spagna, USA e Grecia.
Coltivare la pesca per divertimento e profitto
Il pesco è un albero di piccole dimensioni, raggiunge al massimo gli 8-10 metri di altezza, con i fiori che sbocciano in primavera, prima delle foglie, dal bel colore rosa. I frutti sono delle drupe in cui la buccia è l’esocarpo, la polpa è il mesocarpo e il nocciolo è l’endocarpo. La pesca può avere una buccia vellutata, dotata di una sottile peluria, oppure liscia come nelle pesche nettarine — Prunus persica var. nectarina — una variante originatasi per mutazione, relativamente recente.
La polpa ha colore che può andare dal bianco, al giallo, fino al rosso, è zucherina e profumata grazie alla presenza di derivati degli zuccheri chiamati lattoni. La polpa può essere più o meno soda e si separa facilmente dal nocciolo nelle varietà spiccagnole, quelle più tipicamente utilizzate per il consumo diretto, mentre nelle varietà duracine, utilizzate soprattutto per produrre pesche sciroppate, aderisce con forza al nocciolo. I caratteri dominanti sono polpa chiara, morbida, facilmente separabile dal nocciolo. Gli altri caratteri derivano da processi di selezione finalizzati ad ottenere frutti più resistenti, facili da trasportare e da lavorare industrialmente.
Il nocciolo duro e legnoso circonda un singolo seme che contiene piccole quantità, come altre parti della pianta, dal tronco alle foglie, di sostanze amare e tossiche la cui funzione è quella di proteggere la pianta dall’attacco di parassiti, attacchi nei cui confronti il pesco è molto sensibile, tanto che in alcune zone le pesche venivano piantate tra le vigne al fine di segnalare o contrarre le malattie che avrebbero potuto colpire le viti.
Il pesco è una pianta che ha subito un intenso lavoro di domesticazione. Le nuove piante si ottengono con difficoltà dai semi e di solito la coltivazione parte da esemplari già innestati. Affinché avvenga la fioritura sono necessari periodi prolungati con temperature al di sotto dei 10°C, un periodo primaverile relativamente mite, senza gelate che potrebbero rovinare i fiori, e estati calde con temperature tra i 20 e 30°C. Prolungate pioggie invernali possono favorire lo sviluppo di malattie e parassiti nei confronti dei quali la pianta è molto suscettibile.
La pesca è un frutto climaterico, la cui maturazione continua anche dopo la separazione dall’albero. Si tratta di un frutto molto delicato, che si rovina con facilità e che deve essere consumato entro due settimane dalla raccolta.
Pesca: le proprietà nutritive
La pesca è un frutto relativamente povero di nutrienti. Una tipica pesca ha un peso che va dai 120 ai 180 grammi e circa il 90% di questi sono acqua. Cento grammi di pesca danno un apporto di appena 40 kcal. I carboidrati sono intorno ai 9 grammi di cui 1,5 g di fibre. Proteine e grassi sono inferiori al grammo. Buono il contenuto di vitamina C e di vitamina A, modesto l’apporto di minerali, soprattutto potassio, manganese e rame. Ovviamente se si consumano pesche sciroppate i valori nutritivi cambieranno, soprattutto per il maggior apporto di zuccheri utilizzati per la conservazione.
Come tutti i frutti le pesche sono ricche di sostanze ad azione antiossidante: polifenoli, acido clorogenico, acido gallico, rutina, quercetina, antocianine, tanto che diversi studi hanno mostrato un buon potenziale protettivo nei confronti di patologie legate a processi ossidativi. Uno studio molto particolare ha evidenziato come succo di pesca privato degli zuccheri possa andare a modificare la flora batterica, il microbiota come si usa dire oggi, in soggetti obesi, con modifica degli acidi grassi a catena corta prodotti: un interessante ambito di studio vista l’importanza che il microbiota presenta per la nostra salute e l’ipotesi suggerita che variazioni nella flora batterica possano essere implicate nel determinare obesità.
Alcuni studi su modelli animali hanno mostrato come estratti della polpa di pesca possano andare a ridurre gli effetti nefrotossici ed epatotossici del cisplatino, uno dei più diffusi chemioterapici utilizzati nel trattamento di tumori solidi, probabilmente andando a ridurre lo stress ossidativo determinato dal farmaco. [5]
La pesca è un frutto che contiene una elevata quantità di uo zucchero chiamato sorbitolo, che in soggetti intolleranti può provocare problemi intestinali già a dosi relativamente ridotte, circa 30 grammi. Si tratta di uno degli zuccheri fermentabili che possono portare all’accumulo di liquidi e di gas nel lume intestinale, da evitare nella dieta di esclusione FODMAP.
La pesca è un frutto che può dare allergia. Nel nord-Europa spesso l’allergia alla pesca è associata all’allergia al polline di betulla, associazione che non si trova nell’area del Mediterraneo dove invece si riscontrano reazioni crociate con pomodoro e altre rosacee. Gli allergeni più importanti paiono essere Pru p3, una proteina adibita al trasporto dei lipidi, e una serie di proteine dette traumatine, prodotte in risposta all’attacco di patogeni. Alcuni degli allergeni sono sensibili al calore e quindi anche per gli individui allergici è possibile consumare il frutto cotto o conservato, ma altri allergeni paiono essere molto più resistenti ed impongono di evitare il consumo del frutto e di tutti i suoi derivati. [6, 7, 8, 9]
Amigdalina, laetrile e pseudoscienza
Una considerazione a parte la meritano i lavori che mostrano come estratti di semi di pesca, ricchi di amigdalina e altri glicosidi cianogenici, possano avere un ruolo nella prevenzione e nell’inibizione della crescita di cellule tumorali. In quest’ultimo caso non bisogna ovviamente accogliere le affermazioni di certa pseudoscienza che promuove l’amigdalina al rango di vitamina, B17 così la chiamano, ad azione antitumorale, da utilizzare come terapia alternativa rispetto a quelle tradizionali.
Ci sono diversi studi dai risultati controversi ma l’utilizzo di estratti o di semi di pesca o altre prunacee può essere estremamente pericoloso, non dimentichiamo che per idrolisi nell’organismo l’amigdalina forma acido cianidrico da cui si forma il temibile cianuro. Un consumo occasionale e molto limitato di semi non provoca problemi, ma l’utilizzo che certi sciamani consigliano — laetrile è il nome utilizzato più di frequente — può essere davvero preoccupante.
Fate attenzione alle miracolose affermazioni tipiche di certa medicina alternativa, vagamente basate su una manciata di studi scientifici scelti ad arte da cui si vanno ad estrapolare in maniera prematura ed incauta conclusioni non sostenibili, fuorvianti e molto spesso decisamente pericolose. Ovviamente si scartano tutti i lavori che non danno risultati a supporto di quanto sostenuto, si tacciono i potenziali rischi e si sparano generiche accuse a Big Pharma, casta medica e Illuminati di Baviera, mettiamoci anche questi che non ci stanno male, creando un miscuglio micidiale di ignoranza, malafede e pressapochismo che in certi casi può diventare letale. Chiedetelo a Steve McQueen. [10, 11, 12, 13]
La pesca in cucina
Come abbiamo già detto le pesche sono dei frutti che si rovinano con grande facilità quindi andrebbero comprate in quantità ridotta, da consumare in breve tempo, scegliendo dei frutti profumati, maturi, dalla polpa ferma ma non dura, scartando quelli ammaccati o macchiati. Le pesche vanno ben lavate prima di essere consumate, poiché soggette a tattamenti con fitofarmaci; o se preferite possono essere sbucciate, ma con la boccia assieme ai potenziali residui dei pesticidi se ne vanno gran parte dei fitonutrienti. Per sbucciare senza problemi la pesca immergetela per un minuto in acqua bollente e quindi sciaquatela brevemente in acqua fredda: a questo punto, se non vi siete drammaticamente ustionati le dita, rimuovete la buccia che dovrebbe venir via con facilità. Oppure usate un coletllo, ma anche quello ha i suoi rischi! Una volta sbucciate le pesche tendono a scurire rapidamente: per bloccare i processi di ossidazione è sufficiente irrorare la pesca con limone o lime.
Le pesche vano conservate con cura, non ammassate perché si ammaccano e marciscono con grande facilità. A temperatura ambiente possono resistere per tre o quattro giorni, continuando a maturare, fino a divenire morbide, mentre in frigorifero possono resistere per qualche giorno in più. Le pesche possono essere conservate in sciroppo, oppure surgelate, sempre sbucciandole ed eliminando il nocciolo che può dare un sapore decisamente amaro.
La tradizione italiana vede le pesche come un frutto da consumarsi a fine pasto, magari in ricche macedonie, come spuntino o da utilizzare come ingrediente per dolci e dessert. Crostate e torte con pesche sono molto apprezzate, così come dessert come la celebre pesca melba, dove la pesca fresca si sposa al gelato di vaniglia e al gusto delle mandorle, o altri stuzzicanti piatti come le pesche ripiene piemontesi, pesche farcite di amaretti e cioccolato, cotte in forno e servite accompagnate da gelato.
La pesca è ingrediente perfetto per succhi, composte, marmellate e gelatine, è ingrediente della celebre Mostarda di Cremona, è l’ideale per preparare frullati freschi e saporiti, ed è utilizzata anche per la preparazione di bevande e cocktail, dalla sangria al celebre Bellini, che vede tra i suoi ingredienti originali la purea di polpa di pesca bianca.
Troviamo la pesca anche in piatti di carne, specie pollo e maiale, come nella cucina cinese, o in insalate con formaggi e altri vegetali, o in antipasti, magari al posto del melone, avvolta in una fetta di buon prosciutto. I più audaci la usano anche in primi piatti di pasta caldi e freddi o in piatti di pesce e crostacei: provate dell’ottima trota alla griglia accompagnata da pesche e cipolle grigliate. Gli amici canadesi mi dicono sia un’ottimo piatto.