Per molti anni la patata ha, purtroppo, goduto di una pessima stampa: da alimento base della dieta di interi popoli a mostro carico di zuccheri e grassi, rovina dei corpi e delle menti. In realtà si tratta di un ottimo alimento, le cui virtù dipendono in maniera importante dalla varietà consumata e dalle modalità di preparazione.
La patata, Solanum tuberosum, è una pianta della famiglia delle Solanaceae — parente lontana di pomodoro, peperone, melanzana e addirittura tabacco — originaria dell’America centro-meridionale. La coltivazione inizia probabilmente tra Bolivia e Perù da 10.000 a 7000 anni fa. Alimento essenziale nella dieta delle popolazioni andine, la patata arriva in Europa intorno al 1570, modesto vegetale perso tra i tesori che i Conquistadores riportavano dalle terre d’oltreoceano. Il successo non fu immediato e ci vollero molti anni perché la coltivazione della patata si diffondesse nel vecchio continente: alcuni saggi e studiosi del periodo, colpiti dalla forma irregolare e sgraziata del tubero, ipotizzarono addirittura che consumarlo potesse causare la lebbra.
Un aiuto notevole alla diffusione della patata lo diede l’agronomo francese Antoine Parmentier, vincitore di un concorso indetto dal comune di Besançon per promuovere prodotti che potessero sostituire il frumento grazie ad una sua dotta dissertazione sulla patata, alimento che aveva imparato ad apprezzare mentre era prigioniero di guerra in Prussia. Celebre il suo stratagemma per esaltare il valore del tubero agli occhi del popolo: i campi coltivati a patate erano fatti sorvegliare notte e giorno da militari armati, così i contadini, convinti si trattasse di un cibo dal valore straordinario, cominciarono a rubarle nottetempo e a consumarle in quantità. Il nome di Parmentier rimane tuttora legato ad un tipico piatto francese, la potage Parmentier, a base di patate, porri e panna.
Nel secolo successivo la coltivazione della patata si diffuse in tutta l’Europa del Nord, dove il tubero divenne uno degli alimenti base della dieta del popolo, anche grazie alla messa a punto di varietà dal sapore migliore e dal ridotto contenuto di alcaloidi tossici. In Irlanda una infezione da peronospora provocò la distruzione di parte del raccolto di patate del 1845 e di tutto il raccolto del 1846: una carestia tragica che portò alla morte di oltre un milione di persone, terribile testimonianza dell’importanza che il tubero aveva assunto nella dieta dei popoli del nord.
Il termine patata deriva, attraverso lo spagnolo, dal termine con cui gli indigeni designavano il tubero, potatl. In Italia, all’arrivo, le patate venivano chiamate tartufoli, termine dal qual si ritiene provenga il nome kartoffel, utilizzato in Germania e altri paesi del nord. Pare che il termine con cui è indicata in Francia, pomme de terre, sia stato suggerito addirittura da Luigi XVI per nobilitare l’umile tubero.
Oggi la patata è uno dei vegetali più coltivati nel mondo con una produzione annua di oltre 380 milioni di tonnellate. I principali produttori sono Cina, India, Russia, Ucraina e Stati Uniti. La produzione italiana, dopo aver toccato un massimo di 4 milioni di tonnellate annue durante gli anni 60 del secolo scorso, è andata calando e si attesta oggi intorno a 1,5 milioni di tonnellate, su una superficie di circa 70.000 ettari, con una resa di 250 quintali/ettaro e rese massime intorno ai 400 quintali/ettaro, valori tra i più alti tra i vegetali utilizzati come cibo.
Coltivare la patata per divertimento e profitto
La patata è una pianta erbacea a ciclo annuale. La parte sotterranea del fusto presenta degli stoloni da cui si forma il tubero. La parte aerea della pianta presenta uno stelo alto fino a 150 cm, che tende a prostrarsi a maturità. Le foglie sono composte, le infiorescenze hanno colore che va dal bianco al violetto, i frutti sono delle bacche verdi, violacee o giallastre: tutte le parti aeree della pianta accumulano solanina, un alcaloide che le protegge dall’attacco di parassiti, e non sono quindi commestibili.
Il tubero ha una buccia costituita da cellule suberose che lo proteggono dall’attacco dei parassiti e dalla perdita di liquidi e nutrienti. Le cellule all’interno accumulano grandi quantità di amido e altre sostanze, con fasci fibrovascolari diretti verso gli occhi, le gemme da cui si originano le nuove piante. Le gemme si concentrano sulla testa del tubero, la parte opposta al punto di attacco dello stolone.
A meno che non si lavori per migliorare la varietà della pianta, le patate si riproducono per via agamica, piantando piccoli tuberi, o porzione di tuberi più grandi, che presentino delle gemme. La semina si fa da dicembre a febbraio per le varietà precoci e da marzo ad agosto per le varietà comuni. La pianta teme le gelate primaverili e le temperature molto alte, oltre i 30°C.
Ideali i terreni leggermente acidi, sciolti e permeabili, cresce con maggiore difficoltà in terreni argillosi e rifugge del tutto quelli alcalini. La patata ha bisogno di acqua ma teme gli eccessi di umidità e i ristagni. Sono necessarie concimazioni con fosforo e potassio, mentre l’azoto va frazionato per evitare eccessivo sviluppo della parte aerea. La patata è esposta all’attacco di nematodi, di funghi,di virus e di insetti e richiede una costante rotazione per evitare eccessivo sviluppo di questi patogeni.
La raccolta delle patate novelle si fa quando ancora la buccia non è del tutto suberificata e si distacca facilmente per pressione. Le patate destinate a consumo e industria sono raccolte a maturazione completa. Si utilizzano mezzi meccanici e si lavora su terreno asciutto, in moda da estrarre tuberi puliti.
Solo una piccola parte del raccolto viene immesso direttamente sul mercato. Il resto viene commercializzato gradualmente nell’arco di una decina di mesi e quindi è vitale una attenta conservazione a temperature di 5-6°C, in locali ben ventilati e con ridotta illuminazione. Temperature troppo basse possono provocare accumulo di glucosio e fruttosio e addolcire eccessivamente le patate. Un eccesso di luce può provocare inverdimento degli strati esterni per accumulo di clorofilla e solanina, rendendo i tuberi troppo amari. In condizioni ottimali il sapore delle patate migliora grazie all’azione di enzimi che agiscono sui lipidi di membrana delle cellule liberando composti aromatici.
Le varietà disponibili sono tantissime, oltre 5000, e sono classificate in molte maniere diverse: in base ai tempi di maturazione, all’utilizzo in cucina o alle esigenze di conservazione. In base all’aspetto abbiamo varietà con polpa bianca o giallastra, ne esistono alcune con polpa arancio o violetta, e buccia rossa, gialla, bruna, verdastra o blu-violetto. Il lavoro di selezione ha privilegiato la riduzione dei composti amari e tossici presenti e l’aumento della resistenza ai parassiti. Per chi fosse interessato, esiste un database dedicato alle varietà del tubero coltivate in Europa, che trovate qui.
Le proprietà nutritive della patata
Negli ultimi tempi la patata se l’è vista brutta. Bollata come un alimento carico di calorie, ricca di amido ben digeribile, con un indice glicemico elevato, in grado di spingere la glicemia alle stelle, è stata quasi eliminata in molte diete, pur continuando a rimanere ben presente nel menù di locali e fast food, in genere fritta. Situazione paradossale, perché le caratteristiche nutrizionali della patata variano notevolmente in funzione della cottura cui è sottoposta.
Partiamo dalla patata cruda: incredibile ma vero oltre il 78% del peso del tubero è costituito da acqua. In 100grammi di prodotto troviamo 18 g di carboidrati, di cui 15 di amido e 2 di fibra. I grassi sono presenti in tracce mentre le proteine si aggirano attorno ai 2 g ma — sorpresa! — di buona qualità, con presenza di tutti i vari aminoacidi, in particolar modo quelli essenziali. Buono il contenuto di vitamina C e vitamina B6. Tra i minerali abbondano il potassio, il fosforo, il magnesio e il rame. L’apporto calorico è di appena 75-80 kcal, assolutamente modesto. Si tratta quindi di una alimento a ridotta densità calorica e non del mostro ricco di calorie che molti credono.
La situazione può cambiare in maniera decisa a seconda del tipo di cottura che si utilizza. La patata al vapore o lessata con la buccia integra mantiene un profilo nutrizionale molto simile a quello del tubero crudo. Quando invece la patata viene fritta, e anche qui bisogna distinguere se parliamo di patate in bastoncini o di chips sottili e croccanti, aumenta notevolmente il contenuto di grassi e l’apporto calorico del prodotto: inoltre con la forte riduzione del contenuto di acqua, che è appena del 3% nelle chips, si concentrano notevolmente i principali macronutrienti. Cento di grammi di patatine fritte da fast food hanno oltre 10 grammi di grassi e un apporto calorico di 160 kcal, il doppio, rispetto al prodotto di partenza. La situazione diventa drammatica con le chips, le classiche patatine fritte in sacchetto, che a causa della estesa superficie assorbono una rilevante quantità di grasso durante la cottura: per cento grammi di prodotto abbiamo oltre 35 grammi di grassi e un apporto calorico di 540 kcal, quasi otto volte quello di partenza!
Quindi, patate al vapore, lessate con la buccia, al forno cotte intere, sono in effetti alimenti a scarsa densità calorica, mentre patatine fritte e chips sono invece da consumare in maniera molto, molto occasionale e in piccole quantità: non a caso la porzione tipica di chips che trovate in un sacchetto è di appena 40 grammi.
Carboidrati e proteine della patata
L’amido presente è accumulato in granuli costituiti da amilosio, polimero a struttura lineare, e amilopectina, a struttura ramificata. Nella patata cruda l’amido ha una struttura cristallina che lo rende difficilmente digeribile. La cottura provoca la gelatinizzazione dell’amido e ne aumenta notevolmente la digeribilità, che risulta tanto maggiore quanto più alta è la quantità di amilopectina presente, più facilmente attaccata dagli enzimi digestivi. Dopo la cottura, raffreddandosi, la porzione di amido ricco di amilosio tende a retrogradare, cioè a cristallizzare di nuovo e a tornare quindi più resistente all’azione degli enzimi. Si parla di amido resistente che, non digerito né assorbito, diviene substrato per i processi metabolici del microbiota intestinale. In pratica parte dell’amido di una patata riscaldata e quindi raffreddata non è utilizzabile direttamente e quindi non contribuisce all’apporto calorico dell’alimento. Inoltre una elevata presenza di amilosio riduce anche la penetrazione dell’olio in cottura e quindi varietà ricche di questo polimero sono preferite per la frittura, per evitare un eccessivo carico di grassi nel prodotto finito. In base al contenuto di amido distinguiamo :
- patate cerose: contenuto di acqua più elevato, contenuto di amido ridotto, contenuto di amilosio elevato. Tengono bene la cottura e sono indicate per piatti freddi, gratin e cottura al vapore e in tutte le ricette in cui si voglia mantenere integrità del tubero. Sono spesso a pasta gialla come la Monalisa, la Lisetta, l’Agata e l’Almera. Alcune hanno buccia rossa come la Desirée e la Kuroda.
- patate amidacee: hanno minor contenuto di acqua e più elevato contenuto di amido, con presenza prevalente di amilopectina. Dopo la cottura tendono ad avere consistenza farinosa e sono indicate per la preparazione di purè e per tutti quei piatti dove le patate vengono lavorate. Hanno pasta bianca come la Majestic e la Kennebec
Le proteine sono poche ma di ottimo valore biologico. La proteina principale è la patatina (giuro che è vero), che per alcuni soggetti può presentare proprietà allergeniche, proprietà ridotte in misura rilevante dalla cottura.
Discreta la presenza di metaboliti secondari, fenoli e polifenoli, più abbondanti nelle varietà a polpa colorata, composti dotati di attività antiossidante. Interessante la presenza di acido chinurenico, un derivato del triptofano che presenta proprietà neuroprotettive ed antinfiammatorie, probabilmente in grado di modulare la motilità intestinale. [1, 2, 3, 4]
Sostanze tossiche e antinutrienti della patata
La patata, come tutte le solanacee, ha un apprezzabile contenuto di composti tossici. Particolarmente rilevanti sono la solanina e la chaconina, due glicoalcaloidi che la pianta produce ed accumula per difendersi da parassiti ed insetti. Questi composti danno sapore amaro al tubero e possono essere pericolosi quando la concentrazione superi i 20 mg per 100 g di prodotto fresco. L’avvelenamento provoca sintomi gastrointestinali e neurologici, ma raramente la morte.
Queste sostanze si accumulano soprattutto nella buccia, in particolar modo in condizioni di stress, e in prossimità dei germogli; non è vero invece che la solanina si accumuli in maggior quantità in quelle porzioni della buccia che diventano verdi per esposizione alla luce. Sia la clorofilla che i glicoalcaloidi si accumulano in presenza di luce, ma lo fanno in maniera del tutto indipendente. Da sottolineare che queste sostanze hanno mostrato spiccata attività anti-tumorale, per cui la loro presenza nella dieta, ovviamente in concentrazioni tali da non provocare problemi, potrebbe non avere soltanto effetti negativi. Si tratta di sostanze che non vengono eliminate con il lavaggio o la cottura del prodotto, se non in minima parte. [5, 6]
Le patate contengono anche lectine, glicoproteine e inibitori della tripsina che potrebbero essere responsabili di alcune reazione di ipersensitività non allergica. La cottura riduce in larga misura la presenza di questi composti. [7, 8]
Ridotto il contenuto di fitati nonostante la elevata presenza di fosforo, in larga misura legato all’amido.
Patate e salute
A lungo le patate sono state ritenute responsabili di problemi per la salute e il loro consumo associato a diabete ed obesità a causa del loro indice glicemico elevato, ossia del notevole impatto sulla glicemia dovuto al consumo dell’alimento. In realtà l’indice glicemico non prende in considerazione l’effettiva quantità di zucchero presente nel tubero, decisamente più bassa di quella tipica di cereali e derivati; il reale contributo alla glicemia va valutato quindi in funzione della quantità effettivamente consumata, considerando piuttosto il carico glicemico dell’alimento. Inoltre l’indice glicemico della patata varia in misura notevole a seconda della varietà consumata, con valori ridotti per quelle a pasta cerosa e più elevati per quelle a pasta amidacea; le patate novelle, più piccole e raccolte precocemente, hanno indice glicemico ancora più basso. Infine, la cottura seguita dal raffreddamento provoca retrogradazione dell’amido e quindi ne riduce la disponibilità, portando ad una ulteriore riduzione dell’indice glicemico.
È importante sottolineare che diversi studi hanno mostrato che le patate lesse sono l’alimento in grado di dare massima sensazione di sazietà, decisamente superiore a quella di altri cibi, con una complessiva riduzione delle calorie consumate [9].
La cottura delle patate può portare alla formazione di acrilammide, una sostanza mutagena e cancerogena, per reazione tra asparagina, un aminoacido, e zuccheri riducenti. La quantità di acrilammide formata dipende dalla disponibilità dei precursori, che varia notevolmente nelle diverse cultivar di patata, e dalla temperatura di cottura: particolarmente problematica la frittura, durante la quale si possono raggiungere temperature decisamente elevate, che favoriscono la formazione del composto. Sono disponibili alcune varietà del tubero nelle quali è stata limitata l’azione degli enzimi produttori di asparagina: in questo modo viene ridotta notevolmente la quantità di acrilamide prodotta durante la frittura. [10, 11, 12, 13]
Le patate possono essere un ottimo alimento nella dieta di soggetti sportivi, specie nella fase successiva all’allenamento, se consumate lesse o al vapore. L’amido resistente riduce l’impatto sulla glicemia mentre la porzione di amido digeribile può essere prontamente utilizzata per ricostituire le scorte di glicogeno. La presenza di potassio, vitamina C e altri ossidanti favorisce il recupero, mentre le proteine presenti, seppur poche, forniscono un pool aminoacidico di buona qualità.
Se si mantiene un consumo occasionale e misurato di chips, patatine fritte o arrostite nell’olio — come accade in certi piatti della domenica che vanno per la maggiore — non ci sono motivi reali per evitare il consumo di patate, anche in una dieta ipocalorica: l’importante è saper dosare bene le quantità, scegliere il giusto tipo di cottura e accostare le patate agli alimenti giusti; ricordate che non si tratta di un contorno ma di un alimento ricco di amido, che può sostituire egregiamente cereali e legumi. [14]
La patata in tavola
Quando acquistate delle patate sceglietele sode, prive di lesioni della buccia e di gemme. Evitate di acquistare tuberi dalla buccia verde che potrebbero avere sapore amaro per una maggior presenza di solanina. Pulire bene, rimuovere i residui di terra, eliminare le gemme e pelare a fondo se sono presenti aree verdastre. Le patate novelle si possono cuocere senza essere sbucciate. La polpa della patate tende ad annerire a contatto con l’aria, per cui, se le sbucciamo, è bene cuocerle immediatamente.
Le patate vanno conservate in un ambiente fresco, asciutto e lontano dalla luce: a temperature tra i 7 e i 10 °C si manterranno per uno o due mesi. A temperature superiori o in presenza di luce tenderanno invece a disidratarsi e formare gemme. Utilizzare retine e non sacchetti di plastica o carta, per evitare la formazione di muffe. Le patate novelle possono essere conservate in frigo, avendo cura di riporle lontano da alimenti molto odorosi, per evitare che ne assorbano l’aroma. Le patate cotte, specie se lesse , devono essere conservate in frigo per evitare lo sviluppo di batteri, e tendono a sviluppare un sapere non molto gradevole a causa dell’ossidazione dei grassi presenti nella membrana cellulare.
Come abbiamo visto, la cottura delle patate è un momento davvero delicato che ne può modificarne in maniera rilevante il profilo nutrizionale. Le cotture al vapore o in acqua, specie se non si rimuove la buccia, sono ideali: i tuberi mantengono intatte le loro caratteristiche, senza variazioni apprezzabili del contenuto calorico. Per rendere la polpa della patate più densa e resistente allo sfarinamento è opportuno conservarle a temperature molto basse per qualche tempo prima della cottura. Le patate lessate possono formare, nella parte interna, aree dal colorito bluastro dovuto a reazioni tra il ferro, l’acido clorogenico e l’ossigeno: il problema si può evitare aggiungendo qualche goccia di limone all’acqua di cottura dei tuberi.
Le patate fritte sono uno degli alimenti più consumati al mondo e di certo uno dei preferiti dai più piccoli. La frittura può esser fatta riducendo le patate in bastoncini che vanno ben lavati, asciugati e quindi immerse nell’olio bollente. La frittura è quasi un’arte: i migliori risultati si ottengono con un primo passaggio in olio relativamente freddo, tra 120 e 160°C, per 5-6 minuti, in modo da avere una tessitura ferma e compatta. A questo punto le patate possono essere scolate e raffreddate e quindi fritte nuovamente dopo aver portato l’olio a 180-190 °C: due o tre minuti saranno sufficienti per avere una patatina dorata e croccante, con un interno soffice e vaporoso se si usano varietà amidacee, più cremoso e compatto con patate cerose.
Le tipiche chips sono invece delle sfoglie sottilissime, in genere un millimetro e mezzo, in pratica una ventina di cellule, che possono essere cotte in una sola passata a temperature elevate, 175 °C per due o tre minuti, oppure in due passate successive, la prima a 120°C e quindi 175°C, per una decina di minuti. Nel primo caso si ottiene una tessitura croccante ma morbida, mentre nel secondo caso le chips diventano più dure e fragili.
La quantità di olio assorbita durante la frittura dipende dalla superficie esposta ed è del 10% circa per le patatine, arrivando fino al 35% per le chips che sono essenzialmente tutta superficie e poco volume. Se friggete in casa aggiungete poche patate alla volta, per evitare di far calare eccessivamente la temperatura dell’olio. La temperatura è ottimale quando l’olio soffrigge formando bollicine attorno alla patata. Evitate temperature troppo elevate per non rovinare le patate e ridurre la formazione di composti indesiderati.
Se proprio insistete le patate le potete friggere anche in forno, irrorandole con una spruzzata di olio e facendole cuocere a 220°C per 8-10 minuti: a questo punto abbassate la temperatura intorno ai 180°C e fatele dorare con il grill.
Ottima la cottura con il forno a microonde che non altera le proprietà del tubero: punzecchiate la buccia in modo che il vapore che si forma in cottura possa fuoriuscire liberamente e cuocete a temperature elevate per almeno 4-5 minuti. Lasciate riposare per qualche minuto prima di servire.
La patata è molto versatile in cucina e non deve essere considerata un semplice contorno, lo testimoniano piatti ricchi e gustosi della cucina tradizionale come il gattò napoletano o il rösti svizzero o i sempre validi gnocchi, ottimi ogni giorno, non soltanto il giovedì. Ovviamente le patate si sposano molto bene con la carne, con il pollo e con ogni tipo di pesce. Il sapore, relativamente neutro, si presta ad essere esaltato con l’aggiunta di spezie, erbe, verdure e formaggi. Ogni parte del mondo ha i suoi piatti a base di patate: la cultura culinaria dei paesi del’Europa settentrionale ruota attorno al tubero, con un’infinità di ricette e di variazioni su tema. In Russia la patata è diventato uno degli ingrediente principali per la produzione della bevanda nazionale, l’amatissima vodka.
Secondo solo alle patate fritte per popolarità, il purè è un piatto in cui le patate bollite vengono lavorate con burro, latte e, nelle versioni più ricche, panna e uova. Il tempo di lavorazione e gli ingredienti aggiunti sono importanti per la consistenza finale del piatto ma un ruolo determinante lo gioca la varietà delle patate utilizzate: tuberi amidacei formano particelle sottili che permettono di ottenere una tessitura fine e cremosa, mentre varietà cerose assorbono meno grassi e richiedono una lavorazione molto lunga: il purées francese utilizza varietà cerose che sono setacciate e lavorate a lungo con burro, per incorporare aria e formare una sorta di panna morbidissima e leggera.
Insomma, le patate non sono certo quel cibo terribile carico di zuccheri e grassi che molti credono. Il loro profilo nutrizionale dipende in larga misura dalla cottura: si tratta di un cibo che assorbe facilmente i grassi e quindi può effettivamente diventare eccessivamente ricco, specie se fritto. L’amido della patata si assorbe e si digerisce abbastanza rapidamente, ma anche qui varietà, cottura e eventuale raffreddamento possono modificare in maniera decisa la situazione. Insomma una bella insalata fredda di polipo e patate non vi renderà diabetici in maniera immantinente e se siete degli sportivi magari potrebbe anche facilitare un buon recupero. Ovvio che ci vogliono misura e giudizio: misura nelle quantità e nella frequenza con cui si consumano piatti a base del tubero, giudizio per scegliere le migliori combinazioni possibili, evitando di considerarle un semplice contorno.