Il calcio è il gioco con cui la maggior parte dei giovani di tutto il mondo si avvicinano allo sport. Doti fisiche e tecniche si intrecciano nel determinare il valore del giocatore impegnato in questa complessa attività e l’alimentazione è strumento essenziale per garantire la miglior prestazione possibile, partendo dai più giovani per arrivare ai professionisti.
Il calcio è lo sport di squadra più popolare nel mondo ed è anche quello che i più giovani praticano con maggior frequenza. Caratteristica di questi sport è l’alternarsi di momenti di intensa attività a intervalli di recupero. Gli scatti in genere sono brevi, dai 4 ai 6 secondi, in media su distanze che si aggirano tra i 10 e i 20 metri, seguiti da periodi di recupero altrettanto brevi. La distanza media percorsa da un giocatore durante i novanta minuti varia dai 9 ai 12 km e dipende in larga misura dal ruolo. Il calcio è uno sport di contatto e comporta un’ulteriore spesa energetica, difficilmente quantificabile, nei dribbling e nei frequenti scontri tra atleti. La spesa energetica complessiva è quindi spesso sottostimata, sia per calciatori professionisti, sia per ragazzi ed adolescenti, con un’alimentazione spesso inadeguata, causa di un potenziale calo delle prestazioni durante allenamenti e partite. Una corretta nutrizione per il calcio deve tenere conto di tutti questi fattori per assicurare la miglior prestazione possibile del calciatore. [1, 2]
Il metabolismo energetico nel calcio
Durante le fasi di sprint il calcio è essenzialmente un lavoro a elevata intensità: i processi che avvengono nel muscolo dipendono dalla capacità del sistema di fornire ATP in quantità rilevanti, essenziali per permetterne l’attività. Semplificando, il muscolo dispone essenzialmente di due sistemi per produrre ATP, uno anaerobico e l’altro aerobico: si tratta di due sistemi che lavorano in sincrono e non in maniera isolata come alcuni credono. Durante uno sprint l’ATP necessario alla vigorosa contrazione dei muscoli interessati è generato attraverso processi anaerobici, mentre l’ATP necessario a supportare le attività fisiologiche, di cuore e polmoni ad esempio, proviene da processi aerobici.
La produzione anaerobica di ATP avviene a spese della fosfocreatina e del glicogeno muscolare. Nel muscolo la fosfocreatina è circa cinque volte più abbondante dell’ATP e viene utilizzata per lavori di brevissima durata, senza richiesta di ossigeno (sistema anaerobico alattacido), per essere poi rigenerata grazie a processi aerobici. Il glicogeno è la forma in cui il glucosio è accumulato nel muscolo e un suo rapido utilizzo senza richiesta di ossigeno (sistema anaerobico lattacido) porta all’accumulo di acido lattico e di ioni idrogeno, sostanze che contrbuiscono alla sensazione di fatica. In un breve sprint di 5 secondi l’ATP presente nel muscolo fornisce all’incirca il 2% del fabbisogno, la fosfocreatina copre circa il 48% e l’utilizzo di glicogeno assicura il restante 50%.
Il metabolismo aerobico del glucosio (sistema aerobico ossidativo) è un processo decisamente più lento ma in grado di produrre molta più energia rispetto ai processi anaerobici, circa 12 volte di più. Una quantità ancora maggiore di energia si ricava dall’ossidazione degli acidi grassi, tuttavia entramebe i processi sono troppo lenti per poter sostenere l’elevata richiesta di ATP generata da uno sprint. Il metabolismo aerobico dei substrati è fondamentale nelle fasi di recupero, per rigenerare la fosfocreatina e per coprire la spesa energetica del lavoro muscolare a bassa intensità.
Diversi studi hanno mostrato che con il procedere dell’incontro i meccanismi aerobi divengono progressivamente più importanti assicurando produzione di energia a spese di glicogeno, glucosio e acidi grassi. Un buon allenamento della resistenza ed esercizi intervallari ad alta intensità possono aumentare la capacità dell’organismo di utilizzare i grassi come substrato. Alcuni studi paiono indicare che l’allenamento in condizioni di ridotta disponibilità di carboidrati stimoli l’espressione di geni che portano ad un aumento del metabolismo degli acidi grassi, permettendo così un recupero più rapido durante le fasi a minor intensità dell’incontro (maggiori dettagli in questo articolo).
Durante le fasi a maggior intensità, che in una partita possono arrivare a coprire il 30% del tempo giocato, i nutrienti decisamente più importanti, la cui disponibilità può essere un fattore limitante la prestazione, sono quindi i carboidrati. Una carenza di questi nutrienti compremette non soltanto le capacità atletiche del giocatore ma anche la lucidità mentale essenziale per mantenere visione del gioco e capacità tattica.
Il costo energetico sostenuto da un giocatore di calcio durante un incontro di 90 minuti si aggira intorno alle 1500 kcal, con notevole variabilità in funzione del ruolo, dell’età e del sesso (ricordiamo che in molti paesi il calcio femminile ha guadagnato una notevole popolarità negli ultimi anni). La spesa energetica giornaliera, valutata sia su atleti di élite sia su semiprofessionisti e adolescenti, si aggira tra 3500 e 4000 kcal/die, mentre per le donne i valori scendono intorno alle 2800-3200 kcal/die.
Purtroppo non sono disponibili lavori che quantifichino il costo energetico di allenamenti e partite per bambini e pre-adolescenti, una larga fetta della popolazione che pratica questo sport: la carenza è dovuta sia a difficoltà tecniche sia soprattutto a problemi di natura etica nel reclutare minori per studi scientifici. I pochi dati disponibili indicano che un bambino di 8 anni e di una trentina di kg di peso spenderà tra le 200 e le 300 kcal giocando a calcio per un’ora, un valore che per un maschio di 15 anni e 60 kg può arrivare intorno alle 500-600 kcal, mentre per una ragazza quindicenne di 50 kg avremo valori leggermente più bassi, tra le 400 e le 500 kcal.
La maggior parte degli studi compiuti sulle abitudini alimentari di calciatori, professionisti ed amatori, ha evidenziato che in genere l’assunzione di carboidrati è insuficiente a coprire le effettive necessità dell’atleta, mentre risulta adeguato il consumo di proteine e grassi. Anche l’idratazione spesso non è curata con l’attenzione che meriterebbe. È importante ricordare che un atleta ben idratato e ben nutrito è un atleta che si allena con maggior profitto e che durante la gara potrà rendere al massimo del proprio potenziale: vale quindi la pena per un calciatore, qualunque sia il livello cui si esprime, di prestare attenzione a questi temi fondamentali per una buona prestazione sul campo. [3, 4, 5, 6, 7, 8]
L’alimentazione del calciatore
Le raccomandazioni nutrizionali canoniche per uno sport come il calcio indicano come ottimale una dieta che consista, rispetto all’assunzione totale giornaliera di nutrienti, per il 55-65 % di carboidrati, per il 12-15 % di proteine e per il 30 % o meno di grassi. Si tratta di indicazioni troppo aleatorie, vista la notevole variabilità di consumi che si osserva sul campo. Per questo motivo, almeno per carboidrati e proteine, si preferisce indicare i grammi da consumare per kg di peso corporeo dell’atleta.
Fase di allenamento
Durante la fase di allenamento l’atleta dovrebbe consumare circa 5-7 g /kg di peso corporeo al giorno di carboidrati, un valore che potrebbe salire sino a 7-10 g/kg peso corporeo in caso di sessioni molto intense. Per un atleta di 70 kg siamo tra i 350 e i 700 g di carboidrati al giorno. Gli studi mostrano che il consumo medio è inferiore ai 6g/kg al giorno quindi, nella maggior parte dei casi, insufficiente. Da sottolineare che alcune ricerche hanno evidenziato la possibilità di sostenere un adeguato livello di lavoro con un apporto di carboidrati pari a 5g/kg peso corporeo, un valore che si reputa appena sufficiente a ricostituire le riserve di glicogeno entro 24 ore, tuttavia la maggioranza degli studi concorda con valori di assunzione decisamente più alti per ottimizzare la prestazione.
Pochissimi gli studi che hanno valutato il fabbisogno proteico del calciatore. Alcuni lavori su adolescenti hanno indicato valori leggermente superiori a quello di individui non impegnati in attività sportiva, intorno a 1,4-1,7 g/kg peso corporeo, valore in linea con quello di soggetti impegnati in altri sport. Il nostro solito atleta di 70 kg dovrebbe consumare circa 100-115 g di proteine al giorno. Le proteine dovrebbero provenire da pesce, carni bianche , carni rosse magre, formaggi magri e legumi, riducendo il consumo di carni grasse, carni rosse lavorate o conservate e formaggi grassi.
Per quello che riguarda i lipidi, valgono le raccomandazioni standard di un consumo giornaliero pari o inferiore al 30% dell’apporto calorico totale. Per un maschio adulto con una dieta da 3500 kcal stiamo parlando di 100-110g di grassi al giorno. In un bambino o in un adolescente i valori sono decisamente più modesti, intorno ai 60g per un’apporto calorico di 1800 kcal. Anche in questo caso è importante la qualità dei grassi consumati che dovrebbero provenire soprattutto da olio extravergine di oliva, pesce, frutta secca oleosa. Da ridurre i consumi di carne e formaggi grassi e prodotti industriali ricchi di grassi trans.
L’alimentazione pre-partita
Per il pre-partita si consiglia di consumare, almeno tre ore prima dell’incontro, un pasto ricco di carboidrati, circa 2-2,5 g/kg peso corporeo, evitando preparazioni troppo complesse o un eccesso di grassi e proteine che potrebbero rendere lenta la digestione. Fare anche attenzione al consumo di frutta, verdura e cibi ricchi di fibre, che potrebbero causare gonfiore e gas.
Diversi studi hanno valuto eventuali variazioni nella prestazione con pasti pre-gara preparati con alimenti con differente indice glicemico, una misura della velocità con cui i carboidrati sono assorbiti. Sono alimenti a indice glicemico elevato pasta e riso bianchi e patate, mentre hanno indice glicemico ridotto pane e pasta o altri cereali integrali. Non si sono notate differenze significative con pasti a diversa composizione, anche se vale la pena ricordare che i ripetuti sprint che l’atleta compie durante l’incontro dipendono in larga misura dal glicogeno, che aumenta in maniera rilevante consumando cibi ad alto indice glicemico. D’altro canto il consumo di alimenti a basso indice glicemico, almeno in teoria, determina una secrezione insulinica ridotta e permette di mantenere un efficinte metabolismo degli acidi grassi, con un effetto di risparmio del glicogeno muscolare e con maggior resistenza nel corso della gara: il metabolismo degli acidi grassi è comunque troppo lento per sostenere scatti ed accellerazioni e l’utilizzo del glicogeno rimane sempre determinante nel garantire la prestazione.
Importante anche mantenersi ben idratati con il consumo di almeno 400 ml di acqua nelle due ore che precedono l’incontro.
L’alimentazione durante la partita
Durante la partita l’atleta utilizza una miscela di diversi nutrienti per produrre l’energia necessaria a sostenere l’attività fisica. La membrana cellulare delle fibre muscolari sotto sforzo aumenta la propria permeabilità al glucosio quindi un rifornimento costante dello zucchero attraverso il flusso sanguigno si è mostrato efficace nel sostenere la prestazione. Pare essere particolarmente indicato il consumo di bevande contenenti carboidrati ed elettroliti: i migliori risultati si sono ottenuti con preparazioni contenenti il 6% circa di zuccheri — circa 60 grammi di zucchero per litro di bevanda, in grado di saturare la capacità di assorbimento e trasporto del glucosio a livello intestinale — e varie quantità dei principali elettroliti, sodio, potassio, magnesio e cloro.
L’utilizzo di bevande di questo tipo permette di mantenere l’atleta idratato, fornendo anche quantità apprezzabili di zuccheri da utilizzare durante l’attività. Il consumo di queste bevande rallenta leggermente lo svuotamento gastrico, ma non esistono prove che questo posso danneggiare l’attività sportiva.
Durante la partita il giocatore dovrebbe sfruttare ogni possibilità di recuperare liquidi, sia nelle frequenti interruzioni del gioco, sia durante l’intervallo tra i due tempi. L’idratazione diventa cruciale quando si giochi a temperature elevate, al di sopra dei 30°C, condizioni in cui la perdita di liquidi ed elettroliti può determinare un importante scadimento delle prestazioni quando questi non vengano prontamente reintegrati.
Per bambini e ragazzi sotto i 14 anni, dai piccoli amici ai giovanissimi, con allenamenti e partite di durata inferiore ai 60 minuti, NON è necessario utilizzare bevande di questo tipo. È sufficiente mantenere i piccoli atleti ben idratati facendo bere loro un sorso d’acqua ogni 10-15 minuti.
L’alimentazione per il recupero
Dopo la partita, per garantire un rapido ripristino delle scorte di glicogeno muscolare, sarebbe bene consumare un pasto contenente almeno 1,8 g/kg peso corporeo di carboidrati, magari accompagnati da una modesta quota proteica che secondo alcuni potrebbe velocizzare la sintesi di glicogeno e che, in ogni caso, è necessaria per garantire un adeguato recupero del tessuto muscolare. Per un ragazzo di 50kg — se la partita o l’allenamento non sono immediatamente seguiti da pranzo o cena — un panino da 80 g con una ventina di grammi di prosciutto o bresaola oppure una quarantina di grammi di ricotta, seguito da un frutto potrebbero essere una soluzione efficace e di semplice preparazione.
Anche la cura dell’idratazione, al fine di rimpiazzare i liquidi perduti, è fondamentale. Il consiglio è quello di bere, nelle 4 ore successive al termine dell’incontro, circa un litro e mezzo di acqua per ogni kg di peso perduto durante la partita.
L’assunzione di cibo e liquidi adeguati dopo l’incontro è essenziale durante tornei in cui gli atleti siano chiamati a scendere in campo a breve distanza tra una partita e l’altra. In questo caso un recupero incompleto delle scorte di glicogeno può determinare una significativa riduzione della prestazione nel corso dei successivi impegni. [9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16]
Integrazione per il calcio
La necessità di integrazione nello sport è tema intensamente dibattuto. Nelle categorie giovanili una alimentazione sana e variata e una buona idratazione sono più che sufficienti a garantire il benessere dell’atleta e una buona prestazione. Diverso è il discorso quando si considerano atleti professionisti o semiprofessionisti, con un impegno a livello di allenamenti e partite che può diventare importante e giustificare quindi l’utilizzo di integratori specifici.
Tra le sostanze più comunemente utilizzate e ritenute sicure, quando si segua un meditato piano di integrazione, troviamo caffeina, creatina, bicarbonato e, di recente, nitrati.
Dosi di caffeina pari a 3 mg/kg peso corporeo hanno permesso un miglioramento della capacità di sprint, un aumento della distanza percorsa durante l’incontro e sopratutto sono risultate efficaci nel mantenere le capacità tecniche e la lucidità mentale dell’atleta. [17, 18, 19]
La creatina, al centro di drammatiche polemiche qualche anno fa, ha dato risultati controversi: alcuni studi paiono indicarne l’efficacia nel mantenere una buona capacità di sprint , di salto verticale, e di altri parametri connessi alla potenza muscolare. Altri studi non hanno invece mostrato variazioni apprezzabili. Da sottolineare che l’integrazione con creatina può determinare un aumento del peso corporeo rilevante, per aumento del contenuto di acqua del muscolo, non sempre ben accolto dall’atleta. [20, 21, 22]
Il bicarbonato è utilizzato per contrastare la progressiva riduzione del pH sanguigno dovuta alla produzione di acido lattico nel muscolo. Alcuni studi hanno mostrato un debole effetto positivo, altri non hanno invece registrato risultati significativi. Diversi studi hanno mostrato che l’apprezzabile calo di pH che si verifica durante la partita e la corrispondente riduzione della capacità tampone del plasma sono rapidamente recuperate durante l’intervallo. Manca quindi un solido razionale scientifico che giustifichi questo tipo di integrazione. [18, 19, 20]
Recentemente è stato proposto l’utilizzo di nitrati, in genere sotto forma di succo di rapa rossa, convertiti nell’organismo in ossido nitrico,in grado di migliorare l’efficienza del metabolismo aerobico, ridurre la sensazione di fatica e contrastare lo stress ossidativo determinato dall’attività sostenuta. I risultati dei pochi lavori disponibili sono incoraggianti. [23, 24]
Conclusioni
L’alimentazione è estremamente importante per il calciatore, di ogni livello e di ogni età. Raccomandazioni generali sottolineano la necessità di un adeguato consumo di carboidrati, troppo spesso carenti nella dieta dell’atleta, e di una buona idratazione.
Molti sono i fattori che possono e devono essere considerati nell’estensione di un piano alimentare per lo sportivo. Ovviamente età e sesso sono fattori determinanti, ma è opportuna anche un’attenta valutazione legata alle caratteristiche fisiche ed antropometriche del soggetto, alle abilità tecniche, al ruolo coperto — che può influenzare in misura notevolissima il dispendio energetico durante la partita — alle abitudini alimentari, abitudini dipendenti da molti fattori tra cui conoscenze personali, disponibilità ed etnia: quest’ultimo fattore sta diventando rilevante nei vivai, in cui sempre più spesso si trovano giovani provenienti da paesi diversi, con diverse tradizioni alimentari e culturali. Altri fattori da tenere in considerazioni sono la temperatura di gioco e i tempi di recupero disponibili tra partite successive, fattore importantissimo nel garantire la tenuta del giocatore durante tornei.
Gli studi mostrano che, a tutti i livelli, i calciatori tendono ad avere un consumo inadeguato rispetto a quello effettivamente necessario per sostenere le attività di allenamento e di gioco. Appare quindi importante prestare attenzione anche a questo aspetto, assolutamente non secondario e necessario per mettere l’atleta nelle condizioni di esprimere al massimo il suo potenziale fisico e tecnico. I campionati si vincono anche a tavola.