Il microbioma intestinale è la somma del patrimonio genetico e delle interazioni totali tra il microbiota intestinale, i microrganismi precedentemente noti come flora batterica, e il nostro organismo. Una somma che sempre di più si profila come determinante per la nostra salute, per la genesi di numerose patologie e addirittura per la longevità! Non male, per dei microbi.
Noi simpatici esseri umani tendiamo a ritenerci il pinnacolo della creazione, gli esseri (quasi) perfetti frutto di un’evoluzione dipanatasi per milioni d’anni, signori della terra e di tutto quanto contiene, in un tripudio di teleologia mista ad arroganza. La realtà, probabilmente, è un poco meno esaltante: siamo esseri davvero rimarchevoli, complessi, affascinanti ma la nostra esistenza dipende in larga misura da un nugolo di microrganismi che vivono in stretta simbiosi con noi, componente integrale e determinante nel mantenere la nostra salute e la funzione immunitaria. Il microbiota — batteri e altri microrganismi, con il loro ricco corredo genetico — colonizza diverse aree del nostro corpo, dalle cavità nasali al colon, dalla pelle all’intestino, creando un insieme complesso definito microbioma, implicato in una quantità di funzioni che soltanto le più recenti tecniche di indagine hanno permesso di studiare.
Per chi si occupa di nutrizione riveste particolare interesse lo studio del microbioma intestinale (ne ho già parlato in questo articolo), la comunità di batteri, archaea, funghi e virus che vive nel nostro apparato digerente, quella che un tempo era definita flora batterica intestinale; un numero impressionante di microrganismi, pari o leggermente superiore al numero di cellule che costituiscono il nostro corpo, in pratica qualcosa come 3,7 x 1013 (3700 miliardi) cellule, secondo le ultime stime [1]. Ancora più rilevante la disparità relativa al genoma: il materiale genetico delle varie specie di microrganismi presenti è infatti cento volte maggiore rispetto a quello umano. Visti i numeri, qualcuno parla di “superorganismo” riferendosi all’insieme di ospite — il nostro corpo — e della schiera di batteri che lo popolano.
Fino a qualche anno fa studiare il microbioma intestinale era impresa ardua, quasi impossibile: soltanto l’avvento delle moderne tecniche di sequenziamento del genoma ha permesso di approfondire le nostre conoscenze sul tema. Lo studio di una particolare componente dell’RNA ribosomiale batterico (16S rRNA) — un gene presente in tutti i batteri ed archaea dell’intestino, caratterizzato da nove regioni variabili che permettono di riconoscere agevolmente specie diverse — ha permesso di identificare oltre 2000 specie, classificate in 12 phyla diversi, con circa il 93.5% appartenenti a Proteobacteria, Firmicutes, Actinobacteria e Bacteroidetes. Il totale dei geni presenti sfiora i dieci milioni, con una enorme potenzialità e una notevole ridondanza di possibili funzioni.
Al momento sono in corso differenti progetti per studiare e classificare il microbioma umano. Tra i più interessanti MetaHIT (Megenomics of the Intestinal Tract), finanziato dalla Comunità Europea, e l’Human Microbiome Project (HMP1), statunitense. Progetti importanti che stanno aprendo nuovi orizzonti di indagine e nuove prospettive su salute e malattia. [2, 3]
Vita, morte e miracoli del microbioma
La colonizzazione dell’intestino da parte del microbiota inizia alla nascita, anche se alcuni studi hanno evidenziato la presenza di batteri già in utero. La modalità del parto, naturale o cesareo, ne influenza la composizione: nei neonati nati con parto naturale predominano i lattobacilli, tipici della flora vaginale, e il microbioma presenta una somiglianza notevole a quello materno, mentre nei neonati nati con cesareo questa somiglianza si riduce notevolmente.
Nel primo anno di vita la diversità delle specie presenti è ridotta, con un aumento progressivo fino ai due-tre anni, fase in cui la composizione e la distribuzione del microbiota è ormai simile a quella dell’adulto. In età adulta, in assenza di perturbazioni, tale composizione tende a rimanere costante ma malattie, terapie antibiotiche e abitudini alimentari possono determinare variazioni notevoli. Una ulteriore variazione si osserva nella terza età, con una progressiva riduzione del numero di specie presenti.
Oltre che nel tempo la distribuzione e la natura del microbiota varia anche nello spazio con una presenza più ridotta nello stomaco e nell’intestino tenue e una comunità molto più ricca e variegata a livello del colon, dove predominano soprattutto specie anaerobie in grado di fermentare i carboidrati complessi non digeriti nel tenue. Le varie specie presentano una distribuzione diversa anche tra il lume intestinale, dove predominano i Bacteroidetes, e lasuperficie della mucosa dove invece sono più abbondanti i Firmicutes.
Qualche anno fa si era avanzata l’ipotesi che potessero esistere 3 diversi enterotipi umani, ognuno caratterizzato dalla prevalenza di batteri appartenenti ad uno specifico genere: Bacteroides per l’enterotipo 1, Prevotella per l’enterotipo 2 e Ruminococcus per l’enterotipo 3. Studi successivi hanno tuttavia mostrato che in realtà, tra individui diversi, esistono dei gradienti di distribuzione delle varie specie piuttosto che nette differenze e che le variazioni osservate sono funzione di una quantità rilevante di fattori.
Probabilmente, più che l’esatta compagine delle specie che costituiscono il microbioma intestinale di un soggetto, è di maggior interesse la valutazione del repertorio di geni microbici effettivamente presenti, per avere una definizione del microbioma a livello funzionale piuttosto che tassonomico. Una valutazione di questo tipo potrebbe fornire indicazioni molto interessanti sui processi metabolici di cui questa comunità microbica è capace.
I batteri presenti nell’intestino possono metabolizzare materiali presenti nei cibi ma sono anche in grado di utilizzare sostanze prodotte dalla mucosa intestinale. Ovviamente le sostanze prodotte dal metabolismo batterico possono diventare substrato del metabolismo dell’ospite: è il caso dell’acido butirrico prodotto dai batteri presenti a livello del colon a partire da fibre e carboidrati non digeriti, sostanza che è il principale nutrimento delle cellule della mucosa in questa parte dell’intestino.
Altri prodotti del metabolismo dei batteri intestinali sono preziosissimi per la nostra salute: si tratta di sostanze che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare, sostanze che svolgono un ruolo cruciale in molte funzioni diverse. I lattobacilli producono vitamina B12 mentre i Bifidobacteria producono folati; anche la vitamina K è prodotta dal microbiota intestinale, come riboflavina, biotina, acido pantotenico e tiamina.
Alla fine i metaboliti presenti nell’intestino sono la somma di quelli prodotti dai processi metabolici dell’ospite, di quelli del microbioma e del co-metabolismo ospite-microbioma, una rete di relazioni e scambi che è estremamente complessa e difficile da dipanare.
Un’altra intricata rete di rapporti è quella tra il nostro sistema immunitario e questo sterminato esercito di batteri che popola il nostro intestino. Si tratta anche qui di scambi a due vie con il nostro sistema immunitario che controlla, sorveglia e seleziona la compagine batterica presente che, a sua volta, ne modula l’azione, con un intenso e costante scambio di segnali che è di beneficio per entrambe gli attori coinvolti. Inoltre la presenza del microbioma è anche una barriera contro infezioni da microrganismi patogeni, sia grazie alla produzione di sostanze ad azione antimicrobica sia per l’agguerrita competizione a livello delle risorse presenti.
Molto più di quella semplice simbiosi che un tempo si credeva. Il microbiota è parte di noi, cresce, con noi, cambia con noi, in un continuo dialogo che ci cambia e che cambia la brulicante massa di batteri che popola le nostre viscere. [4, 5, 6, 7]
Microbioma, salute, longevità e dieta: l’intreccio!
La natura del microbiota varia in funzione di una grande quantità di fattori: genetica, età, luogo di nascita, dieta, malattie, terapie antibiotiche e uso di probiotici e prebiotici. Un dato importante che deriva dagli studi è che il microbiota si presenta decisamente alterato in un gran numero di situazioni. Si parla in questo caso di disbiosi, una condizione problematica caratteristica di alcune patologie, a partire dalla sempre più diffusa Sindrome del colon irritabile.
In realtà, ad oggi, manca ancora una definizione del microbiota sano, un microbiota di riferimento contro cui comparare quello di un soggetto per determinare la presenza effettiva di disbiosi. Se confrontiamo il microbioma di un qualunque abitante del mondo occidentale con quello di un soggetto proveniente da una delle residue popolazioni di cacciatori-raccoglitori, soggetti che probabilmente hanno una dieta più simile a quella ancestrale della nostra specie — e anche qui ci sarebbe da discutere — probabilmente troveremo che ogni singolo soggetto proveniente da società avanzate si trova in uno stato di disbiosi.
Evidentemente risulta difficile dare una definizione univoca di microbiota sano o di disbiosi: probabilmente più utile e produttivo — almeno al momento — valutare variazioni in situazioni specifiche e le conseguenze che ne scaturiscono, mantenendo sempre presente che è estremamente arduo determinare se queste variazioni che registriamo siano la causa o, semplicemente, una conseguenza della patologia che stiamo studiando.
Per dare un’idea della complessità del problema: studi recenti, su modello animale, hanno mostrato che in individui sani la compagine batterica intestinale varia addirittura durante la giornata, mentre in animali obesi, con diete ricche di grassi, queste variazioni non si osservano, con una presenza sempre molto elevata di Firmicutes. Soltanto quando i topi obesi sono messi a dieta le fluttuazioni giornaliere sono ripristinate. Queste fluttuazioni del microbiota possono avere un ruolo importante nel determinare analoghe fluttuazioni della concentrazione dei sali biliari, sostanze che a loro volta controllano l’assorbimento dei grassi, i livelli di colesterolo e il metabolismo nell’intero organismo. Lavori come questo implicano che alterazioni del microbioma possano avere un ruolo importante nella genesi dell’obesità e delle malattie metaboliche. [8]
Un altro studio interessante, sempre su modello animale, ha mostrato che un regime di digiuno intermittente è in grado di indurre variazioni significative nel microbiota intestinale, con aumento delle specie batteriche che producono acidi grassi a catena corta. Queste sostanze, in particolar modo acetato e lattato, vanno a stimolare la trasformazione di cellule del tessuto adiposo da bianche a brune, con un aumento deciso della spesa energetica e un miglioramento del profilo metabolico del soggetto. [9]
Non è soltanto la dieta a determinare variazioni del microbioma. Ricerche recenti, sempre su modello animale, hanno mostrato che anche lo stress può provocare cambiamenti importanti, simili a quelli determinati da una dieta molto ricca di grassi, accompagnati da un aumento dell’ansia. L’effetto è particolarmente marcato nelle femmine e i ricercatori fanno rilevare che questi dati potrebbero spiegare la maggior diffusione di ansia e depressione in seguito a stress osservato nella popolazione femminile, con un ruolo importante giocato dalle variazioni a livello del microbiota. Queste osservazioni sono in linea con recenti meta-analisi che indicano come la somministrazione di probiotici, ossia di batteri tipici del microbiota umano, possa contribuire a ridurre manifestazioni di ansia anche nell’uomo: una ulteriore prova a supporto della teoria che esista un asse di comunicazione tra intestino e cervello, coinvolto nella genesi di numerose malattie. [10, 11, 12]
Tra i fattori che possono drammaticamente alterare il microbiota intestinale ci sono ovviamente gli antibiotici, farmaci attivi proprio sui batteri, con l’entità dei danni collaterali legati alla terapia che può assumere contorni drammatici, con alterazione e riduzione del numero di specie presenti. L’utilizzo di probiotici in concomitanza con la terapia può aiutare, ma meglio sarebbe un uso più mirato di questi farmaci così potenti, cercando di selezionare antibiotici specifici per i patogeni che si intende eliminare, evitando farmaci ad ampio spettro, il cui effetto può essere devastante. [13, 14]
Conviene quindi mantenere in forma questa moltitudine di batteri a spasso nel nostro intestino. Una buona dieta, variata e ricca di fibre, poco stress, possibilmente terapie antibiotiche soltanto quando strettamente necessarie, e magari qualche porzione in più di alimenti fermentati, ricchi di batteri, come yogurt o kefir, possono essere un buon inizio. Diversi studi stanno confermando una stretta relazione tra un sano invecchiamento e un microbiota in forma. Come abbiamo visto, durante l’invecchiamento la compagine batterica intestinale subisce una riduzione importante delle specie presenti, ma in soggetti centenari in buona salute l’entità della riduzione è decisamente minore o addirittura trascurabile. Gli arzilli anziani hanno un microbiota degno di un trentenne, a differenza di ottuagenari meno fortunati. Rimane da stabilire se sia un microbiota sano a garantire un invecchiamento altrettanto sano o non sia invece il contrario. [15, 16]
Nel dubbio, trattate bene il vostro microbiota: il vostro microbiota tratterà bene voi.
Bonus: quello che sappiamo veramente sul microbiota
Una tabella riassuntiva relativa alle attuali conoscenze che abbiamo sul microbiota, una rapida ricapitolazione di quanto sappiamo in base ai dati disponibili.
Prove forti, ottenute da studi e lavori di elevata qualità su esseri umani
- Il microbiota colonizza ogni superficie del corpo a contatto con l’ambiente
- In malattie multifattoriali le influenze ambientali sono più importanti della genetica
- Il microbiota è in grado di influenzare lo sviluppo fisiologico dell’ospite
- Il microbiota presenta una rilevante variabilità tra individui diversi
- La composizione generale del microbiota di un singolo individuo si stabilizza intorno ai tre anni
- Patologie dell’apparato digerente sono associate con variazioni del microbiota
- Il microbiota intestinale protegge da infezioni causate da patogeni esterni
- Il trapianto di microbiota può essere utilizzato nella terapia di infezioni da Clostridium difficile
- I probiotici possono essere utilizzati per mitigare gli effetti collaterali di una terapia antibiotica;
- Il microbiota può influenzare l’azione del sistema nervoso;
- Il microbiota può modificare l’azione di diversi farmaci;
- Il microbiota può modificare lo sviluppo di tumori del colon e influenzarne la terapia;
- I batteri che costituiscono il microbiota interagiscono tra loro;
- Fattori ambientali, come dieta e stress, possono avere ripecussioni sulla salute mediate dal microbiota.
- Non esiste una correlazione stretta tra coomposizione e funzione del microbiota;
- Il microbiota si presenta organizzato in tre enterotipi principali;
- È decismanete difficoltoso dare una definizione universale di microbiota sano e di disbiosi;
- Non è chiaro se la disbiosi tipica di alcune patologie ne sia causa, conseguenza o semplicemente un fattore confondente;
- Non esiste una stretta correlazione tra il microbiota nel colon e quello nel tenue;
- Il ruolo del microbiota associato alla mucosa intestinale in diverse patologie è ancora da chiarire;
- Il microbiota potrebbe essere utilizzato come un marcatore per diagnosi non invasive e nella scelta di terapie adeguate;
- Anche la componente non batterica del microbiota, funghi, viruse parassiti, ha impatto sulla salute.
(Adattata da Kwerka M. e Tlaskalová-Hogenová H,, Intestinal Microbiota: fact and fiction, Digestive Disease 2017;35:139–147)