Invecchiare non piace e soprattutto non piace invecchiare male. Più che una vita lunga con una vecchiaia piena di acciacchi cerchiamo una maggior longevità accompagnata da buone condizioni di salute. Un obiettivo non da poco vista la complessità dei processi coinvolti nell’invecchiamento che comunque è un processo plastico che può essere gestito anche attraverso interventi sullo stile di vita, in particolar modo sull’alimentazione, come hanno dimostrato diversi studi sul rapporto tra restrizione calorica e longevità i cui risultatiti potrebbero essere sinteticamente racchiusi in una sola frase: mangia meno, vivi meglio.
L’invecchiamento è un processo complesso, imputabile a molti fattori diverso e comune a tutti gli organismi viventi, con un declino strutturale e funzionale più o meno veloce.
Quello che spaventa particolarmente è la crescita dei disagi legati ad un invecchiamento problematico, con una perdita più o meno rilevante delle capacità fisiche e cognitive e un progressivo aumento della dipendenza da farmaci e da aiuti esterni. Una situazione che oltre al costo emotivo ed umano presenta anche dei costi sociali che diverranno sempre più difficili da sostenere in una società che, nel prossimo futuro, vedrà aumentare in maniera rilevante il numero degli anziani.
Non basta quindi vivere più a lungo: l’obiettivo è vivere più a lungo e in salute, liberi dagli affanni e dagli acciacchi che ancora adesso percepiamo come un inevitabile conseguenza dell’invecchiamento. Una corretta alimentazione potrebbe essere d’aiuto.
Invecchiamento e dieta
Secondo l’attuale consenso scientifico, a livello cellulare l’invecchiamento è caratterizzato da alcuni marcatori specifici:
- erosione dei telomeri;
- alterazioni epigenetiche;
- riduzione delle cellule staminali;
- disfunzioni mitocondriali;
- instabilità genetica;
- alterazioni del ricambio proteico;
- riduzione della capacità cellulare di rilevare la concentrazione dei nutrienti;
- anomalie nei processi di comunicazione cellulare.
Una costellazione di indicatori che può essere manipolata in maniera positiva con la restrizione calorica, una riduzione del 20-40% del normale introito calorico realizzata ovviamente con una dieta mirata, ricca di vitamine e minerali ma povera di calorie.
La restrizione calorica si è dimostrata molto efficace nell’estendere la longevità su svariati modelli animali, da organismi unicellulari come alcune specie di lieviti a Caenorhabditis elegans, un verme nematode utilizzato come organismo modello in un gran numero di studi, per arrivare a diverse specie di vertebrati come topi, ratti, alcune razze canine e scimmie Rhesus.
Anche nell’uomo la restrizione calorica sembra avere un effetto positivo. Studi di breve durata hanno mostrato che una riduzione dell’apporto calorici del 25-30% può determinare un miglioramento di diversi importanti marcatori: colesterolo totale, LDL e HDL, trigliceridi, proteina C-reattiva, Fattore di Necrosi Tumorale α, sensibilità all’insulina, leptina e adiponectina. Anche nei pochi studi di lunga durata i cambiamenti osservati sono in linea con quelli ricavati da studi sul modello animale, con netta riduzione dei marcatori e dei fattori di rischio per diabete di tipo 2, patologie cardiovascolari, ictus, cancro e alcune forme di demenza, mentre non sono ancora disponibili dati su longevità e mortalità.
La dieta utilizzata in questi lavori soddisfa tutte le indicazioni relative ad una assunzione corretta di vitamine e minerali ed è ricca di alimenti con abbondante contenuto di fibre e fitocomposti.
Accanto agli effetti positivi si sono registrati tempi più lunghi per la guarigione di ferite e una riduzione della densità ossea compensata tuttavia da una analoga riduzione della velocità di ricambio del tessuto osseo che permette quindi mantenerne qualità e forza. [1, 2]
Mangia meno! Come funziona la restrizione calorica
La riduzione dell’apporto calorico agisce su molti dei marcatori caratteristici dell’invecchiamento.
La restrizione calorica mantiene efficienti i meccanismi di riparazione del DNA e riduce l’accorciamento dei telomeri, le estremità terminali dei cromosomi la cui riduzione progressiva sembra essere legata ai processi di senescenza cellulare. Inoltre sembra avere effetti positivi sui meccanismi epigenetici che modulano l’espressione dei geni in risposta a stimoli e variazioni ambientali , senza modificarne però la sequenza del DNA, con meccanismi che devono ancora essere chiariti.
L’invecchiamento è legato ad un progressivo decadimento delle strutture proteiche della cellula, strutture che sono al centro di una rete di processi in delicato equilibrio tra loro: sintesi, attività di alcune particolari proteine con funzione di regolazione come chaperonine e ubiquitina, processi di autofagia contribuiscono a mantenere un costante ricambio delle proteine cellulari con la costante rimozione di molecole disfunzionali o danneggiate che sono tra le prime cause del decadimento della cellula e dei suoi organelli, in particolar modo i mitocondri.
I mitocondri sono gli organelli cellulari nei quali viene prodotta energia. La loro efficienza si riduce nel tempo con l’aumentare di disfunzioni che portano ad una maggior produzione di radicali liberi accompagnata da una riduzione delle difese antiossidanti: il risultato netto è il danneggiamento del DNA mitocondriale, delle proteine e dei lipidi che costituiscono queste strutture, danni che sono caratteristici dell’invecchiamento e possono portare alla distruzione del mitocondrio.
La restrizione calorica agisce su tutta una serie di vie cellulari in grado di modulare il metabolismo cellulare, in particolar modo inibisce i processi di proliferazione mediati da IGF-1 e mTOR, riduce la produzione mitocondriale di radicali liberi e promuove la biogenesi di nuovi mitocondri agendo su AMPK, sirtuine e altri mediatori. Inoltre determina l’attivazione di FoxOs che a sua volta stimola a autofagia e mitofagia, processi che permettono di eliminare strutture danneggiate o dalla funzionalità ridotta, e l’aumento della produzione di antiossidanti.
L’effetto complessivo è quello di mantenere una popolazione di mitocondri numerosa ed efficiente, particolarmente nelle cellule di quei tessuti, muscoli, cervello e cuore, che dipendono dal metabolismo ossidativo per soddisfare le loro imponenti richieste di energia.
In definitiva la restrizione calorica, riducendo la disponibilità energetica a livello cellulare, determina una risposta a situazioni di stress che è altamente conservata in tutti gli organismi animali, contribuendo così ad aumentare la capacità di sopravvivenza dell’organismo con l’attivazione di quei meccanismi che portano ad una migliore e più efficiente utilizzazione della poca energia disponibile. [3, 4, 5, 6]
Dieta, benessere e invecchiamento, in pratica
Combattere l’invecchiamento non è soltanto una questione di vanità, come superficialmente si potrebbe pensare, ma è invece una questione di benessere fisico, mentale e anche sociale, se pensiamo ai costi associati ad una vecchiaia piena di problemi.
La restrizione calorica utilizzata negli studi su animali e nei pochi studi sull’uomo non è certo un intervento semplice: ridurre l’introito calorico del 30-40% mantenendo un apporto adeguato di nutrienti non è una passeggiata e nel lungo periodo, oltre che a essere difficile da seguire, può esporre ad altri problemi, ad esempio ad un a riduzione della densità ossea. [7, 8, 9]
Si cercano quindi dei metodi che possano mimare gli effetti della restrizione calorica utilizzando protocolli più o meno severi. Due tra i più diffusi protocolli utilizzati in vari studi sono il digiuno a giorni alterni e il digiuno intermittente: nel primo caso si alternano una giornata in cui l’apporto calorico è estremamente ridotto ad una giornata con un apporto normale, mentre nel secondo caso ogni giorno il cibo viene assunto in una finestra oraria ben delimitata, in genere otto ore, mentre le altre 16 vengono trascorse completamente a digiuno.
I risultati di molti lavori che utilizzano questi protocolli mostrano effetti positivi nei confronti di diverse patologie e non mancano anche le applicazioni in campo sportivo.
Accanto alla restrizione calorica sono stati indagati anche gli effetti della restrizione proteica o della restrizione di specifici aminoacidi, in particolar modo la metionina. Nel modello animale infatti gli effetti positivi della restrizione calorica possono essere ottenuti anche riducendo l’apporto proteico totale o quello di particolari aminoacidi. Sembra che sia soprattutto il rapporto tra i vari macronutrienti a determinare l’aumento della longevità, anche qui grazie alla modulazione di quelle vie metaboliche che registrano lo stato energetico della cellula modulando di conseguenza i processi di sintesi o “ristrutturazione”.
Negli studi su umani la restrizione dell’apporto proteico o di specifici aminoacidi, senza restrizione dell’apporto calorico complessivo, ha permesso di ottenere risultati comparabili con quelli ottenuti tramite la restrizione calorica. La restrizione proteica pare però essere efficace soltanto nei soggetti più giovani, sotto i 60 anni, mentre la situazione si inverte superati i 65 anni, quando un più elevato apporto proteico porta ad una riduzione della mortalità.
Come trasferire nella vita di ogni giorno le indicazioni che arrivano da questi studi? Una restrizione calorica severa è in genere impraticabile e fortemente sconsigliata a soggetti che assumano farmaci, in particolar modo insulina. Le varie forme di digiuno sono comunque molto impegnative e richiedono un controllo severo dell’assunzione di cibo, tanto che in certi casi si rischia di sfociare nell’ortoressia.
In realtà si potrebbe iniziare a lavorare sul tema in maniera molto facile, cominciando semplicemente a mangiare meno, prediligendo alimenti freschi, ricchi di nutrienti ma con un contenuto calorico modesto.
Abbiamo visto che, a grandi linee, la restrizione calorica, o la restrizione di specifici nutrienti, agisce sulle vie che “sentono” la disponibilità di energia della cellula, con l’attivazione di quelle che consentono massima efficienza metabolica, stimolano la sintesi di nuovi mitocondri, portano ad una riduzione della produzione di radicali liberi e all’eliminazione di strutture invecchiate o poco funzionali.
Una dieta un poco più frugale potrebbe già contribuire all’attivazione di queste vie, andando a spegnere quell’eccessiva attività che si ha in condizioni di grande disponibilità energetica, con produzione di grandi quantità di radicali liberi che nessun integratore a base di antiossidanti è in grado di combattere efficacemente.
E se alla frugalità unite anche una buona quota di movimento vi trovate a seguire senza sforzo una vera dieta mediterranea, i cui veri ingredienti, purtroppo dimenticati, sono proprio frugalità e fatica.
Tutto questo non significa certo vivere di rinunce o fare la fame. Si tratta di trovare la giusta misura per i propri bisogni, consumare porzioni adeguate al proprio livello di attività, limitare il consumo degli alimenti più ricchi e gustosi a occasioni speciali, cercando di mantenere un buon peso corporeo e un buon livello di attività fisica.
So che tutto questo è poco sexy e che magari si preferirebbe avere sottomano il supercibo mima-digiuno, ma penso che quando si parla di salute e del proprio futuro sia meglio essere concreti e lavorare con semplicità concentrati sugli elementi davvero importanti, piuttosto che seguire, pieni di speranze e, purtroppo, di illusioni, la moda alimentare del momento.
Come dicevo all’inizio, una linea di azione molto chiara, racchiusa in una sola, semplice frase: mangia meno, vivi meglio.