In un’epoca in cui domina il concetto “grande è bello” il pomelo dovrebbe essere il frutto più popolare e consumato. Invece è quasi totalmente sconosciuto dalle nostre parti e soltanto negli ultimi anni ha fatto le sue primi timide apparizioni sui banchi dei mercati più forniti.
Il pomelo, un gigante tra i frutti, è probabilmente una delle tre/quattro specie da cui derivano tutti i frutti del genere Citrus e si ritiene sia uno degli antenati del pompelmo, insieme all’arancio. Il suo nome scientifico è Citrus maxima ed è originario del sud-est asiatico: dalla Malaysia, dove è coltivato da migliaia di anni, è stato poi importato in Cina, paese che attualmente ne è uno tra i maggiori produttori mondiali, insieme a USA e Sudafrica. A metà settecento arrivò in Giamaica dove fu portato da tal Capitano Shaddock: e infatti Shaddock è uno dei nomi con cui il pomelo è chiamato nel mondo, e Sciaddocco è il termine con cui viene indicato a Genova. Altri fantasiosi nomi con cui è noto sono cedrangolo, jaffa, pampaleone e pummelo.
La pianta cresce bene in climi caldi e piovosi, soprattutto nelle fasce subtropicali. Soltanto in Cina se ne contano oltre 200 cultivar, di cui soltanto una decina utilizzate per la produzione commerciale. Se avete il pollice verde potete provare a coltivarlo a partire dai semi freschi ma, generalmente, la propagazione del pomelo avviene soprattutto per innesto.
Il frutto è grande, può arrivare d un diametro di una trentina di centimetri con un peso massimo di una decina di kg. La forma è tipicamente allungata, simile a quella di una pera veramente troppo cresciuta. La buccia è liscia e può essere verde, gialla o rosata. Sotto la buccia c’è uno spesso strato di sostanza bianca e spugnosa, l’albedo, che non è commestibile. Per arrivare alla polpa bisogna lavorare, ma il gusto ripaga ampiamente dello sforzo: un aroma intenso e profumato e un sapore che ricorda quello del pompelmo o dell’arancia amara, ma senza alcuna asprezza, nota amara o acidula. Gli spicchi sono separati da una robusta membrana che può essere facilmente eliminata, e sono composti da un gran numero di perle allungate e succose, con i semi disposti lungo il vertice interno.
Il pomelo è molto buono consumato al naturale, un frutto medio corrisponde in genere ad almeno quattro porzioni, ma spesso viene utilizzato come ingrediente in insalate oppure per accompagnare legumi. In Cina si consuma anche la buccia, che può essere cucinata, stufata o brasata, oppure candita.
Io lo consumo molto spesso a colazione, al posto del pompelmo, di cui condivide le proprietà senza il retrogusto amaro o acidulo che certe volte accompagna il discendente.
Il pomelo si conserva fino ad una settimana in frigorifero ma regge solo qualche giorno a temperatura ambiente. All’acquisto è bene preferire frutti, grandi, pesanti e dalla scorza dura, evitando quelli molli, ammaccati o disidratati.
Le proprietà nutritive del pomelo
Uno o due spicchi di pomelo, all’incirca un centinaio di grammi a seconda delle dimensioni, contengono circa 8 g di zuccheri, meno di un grammo di proteine e un contenuto trascurabile di grassi per un totale di circa 38 kcal. Notevole invece il contenuto di vitamina C, attormo ai 60mg, con un buon contenuto di vitamina A e una presenza non trascurabile di vitamine B1, B2, B3 e B6 mentre tra i minerali abbonda il potassio. Il pomelo è ovviamente un’ottima fonte di fibra alimentare e ha un buon potere saziante.
È un frutto consigliato durante una dieta ipocalorica: i nutrienti presenti non sono molti, ma sono presenti in quantità rilevanti. C’è chi lo consiglia come rimedio per l’ipertensione ma non esistono studi al riguardo.
La ricerca sul Pomelo, o meglio sui flavonoidi estratti dalla buccia, è ancora molto limitata. Pochi gli studi effettuati con risultati promettenti che mostrano un possibile effetto sulla regolazione di disordini metabolici e sull’utilizzo dei grassi, probabilmente tramite l’attivazione della proteina PPARα, un fattore di trascrizione nucleare coinvolto nella regolazione del metabolismo dei lipidi nel fegato, e la traslocazione di GLUT4, trasportatore di glucosio all’interno delle cellule muscolari e del tessuto nervoso: dati interessanti ma che richiedono ancora ulteriore approfondimento e verifica.
Una particolare attenzione al consumo di pomelo devono porla quei soggetti che assumono farmaci che vengono metabolizzati dal citocromo P450 3A4 (CYP3A4): il pomelo, come il pompelmo, contiene infatti furanocumarine che possono ridurre in misura importante l’attività dell’enzima alterando significativamente l’attività di numerosi farmaci tra i quali alcune statine, ormoni, immunosoppressori, ansiolitici e financo Viagra e Cialis. Se si assumono farmaci di questo tipo è sempre bene fare grande attenzione al consumo concomitante di succhi o del frutto, verificando se siano descritte interazioni (leggeteli quei bugiardini che sono avvincenti e terrificanti allo stesso tempo: qui un articolo sulle interazioni tra cibo e farmaci).
In conclusione se vi capita di scorgere sul bancone della frutta il pomelo avvolto nella tipica retina, e date le dimensioni è difficile che possa sfuggirvi, compratelo e provatelo: è buone e fa bene. Che cosa si può desiderare di più? [1, 2]