L’invecchiamento comporta una serie di modifiche a tutti i processi fisiologici, con cambiamenti evidenti a carico della muscolatura, della massa grassa e dello scheletro: una dieta mirata e un’adeguata attività fisica possono ridurre i problemi che derivano da questi inevitabili mutamenti.
La percentuale di popolazione al di sopra dei sessantacinque anni è in costante aumento in tutto il mondo, in particolar modo nei paesi occidentali, ed è destinata ad aumentare ancora nei prossimi anni, particolarmente in Italia, dove si ritiene che nel 2045-50 gli ultrasessasantacinquenni saranno addirittura il 34% della popolazione. [1] L’invecchiamento della popolazione comporterà un contemporaneo aumento delle patologie legate all’età avanzata: osteoporosi, diabete, malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro.
L’invecchiamento è un processo complesso, dovuto a fattori ambientali, genetici e d epigenetici, caratterizzato da numerosi cambiamenti in un gran numero di processi fisiologici, con generale declino della funzione cardiaca, polmonare e renale, riduzione della velocità di conduzione nervosa, disidratazione e aumento progressivo di uno stato di infiammazione cronica sistemica di basso grado che cresce nel tempo anche in assenza di altre patologie. [2, 3, 4]
Una dieta eccessivamente ricca, sovrappeso e sedentarietà possono contribuire in maniera significativa a questi processi, favorendo il peggioramento dello stato infiammatorio cronico che a sua volta determina l’accelerazione dei cambiamenti legati all’invecchiamento, in una spirale negativa che si autoalimenta e porta ad un decadimento sempre più rapido, con la comparsa di patologie tanto temibili quanto diffuse.
Invecchiamento e cambiamenti nella composizione corporea
Ci sono dei cambiamenti determinati dall’invecchiamento che sono assolutamente evidenti: perdita di massa massa muscolare, aumento del grasso corporeo e riduzione della densità ossea accompagnati da una riduzione del metabolismo basale, la spesa energetica legata ai processi fisiologici, che può andare dal 5 al 25%.
La massa grassa comincia ad aumentare già intorno ai 25 anni e continua a crescere fino ai 65, con una progressiva redistribuzione a favore della zona addominale e viscerale accompagnata da infiltrazione di grasso nel tessuto muscolare e nelle ossa. Se la massa grassa presente supera certi valori — pari al 32-35% del peso totale — si parla di obesità.
La massa muscolare, dopo il picco raggiunto ai 30 anni, comincia invece a calare, con una riduzione del 20-40% ai settanta anni, un declino che è più pronunciato tra le donne che tra gli uomini. Questa riduzione della massa muscolare è detta sarcopenia.
La diminuzione della densità ossea diviene rilevante verso i 50 anni, con le donne che possono perdere fino al 20% di massa ossea nella decade successiva alla menopausa. Dopo questa prima fase si ha una perdita progressiva, dallo 0,5 all’1% annuale, un andamento che si riscontra anche tra gli uomini e che può essere decisamente peggiorato quando si registri una significativa riduzione dell’attività fisica. Osteopenia, la riduzione della massa ossea dovuta a una sintesi insufficiente, e osteoporosi son fenomeni ben noti che riguardano purtroppo buona parte della popolazione femminile oltre i cinquanta anni di età.
Alcuni autori parlano di Sindrome da obesità osteosarcopenica (OSO), una condizione caratterizzata dalla presenza concomitante di osteopenia/osteoporosi, sarcopenia e obesità. La condizione è stata descritta inizialmente proprio in soggetti anziani, soprattutto donne, ma studi recenti hanno mostrato che può riguardare anche individui giovani, intorno ai 20 anni, in forte sovrappeso.
Ovviamente i tre aspetti sono legati tra di loro e sono dovuti in parte a cambiamenti fisiologici, in primo luogo il calo del livello di estrogeni e più in generale di ormoni sessuali che si registra con l’invecchiamento, calo che comporta riduzione della massa muscolare e ossea. Un ruolo importante lo gioca però anche il tessuto adiposo: la crescita costante di grasso viscerale — un vero e proprio organo endocrino, produttore di citochine proinfiammatorie come il fattore di necrosi tumorale (TNF-α), interleuchina 1 (IL-1) e interleuchina 6 (IL-6) — sostiene e amplifica l’ infiammazione cronica sistemica di basso grado, con ulteriore aumento della massa grassa, diminuzione della componente muscolare e accelerazione dei progressi che causano perdita della densità ossea.
Nei soggetti anziani il muscolo può presentarsi infarcito di grasso, miosteatosi, c’è una perdita di forza e funzionalità e un aumento del rischio di cadute e fratture, oltre che di patologie metaboliche, in particolare il diabete.
Tutto questo può rendere il soggetto anziano decisamente fragile, mettendone a rischio l’indipendenza, costringendolo a ricorrere a cure mediche e all’utilizzo di molteplici farmaci, con un costo, sia in termini di sofferenza e disagi sia in termini economici, non trascurabile visto il progressivo invecchiamento della popolazione. [5, 6, 7, 8]
Invecchiamento e cambiamenti nei fabbisogni nutrizionali
La riduzione della massa magra determina in primo luogo una riduzione del metabolismo basale che può diventare rilevante e che può ovviamente favorire l’accumulo di grasso corporeo se non si interviene sull’apporto calorico quotidiano del soggetto: in altre parole, si brucia di meno e non si può continuare a mangiare come si era abituati a fare a venti anni.
In realtà con l’invecchiamento cambiano anche le abitudini alimentari, l’appetito spesso si riduce, gusto e olfatto cambiano rendendo poco appetibili certi alimenti, ci possono essere problemi di masticazione e deglutizione legati alla dentizione.
Cambia inoltre la capacità di digerire i cibi e la capacità di assorbimento dei nutrienti, che cala con l’età e può essere ulteriormente diminuita dall’utilizzo di alcuni farmaci, come gli inibitori di pompa protonica, gli antagonisti dei recettori H2 o la metformina, aumentando il rischio di carenze nutrizionali, soprattutto vitamina B12, vitamina C, calcio, ferro e magnesio.
La riduzione del metabolismo basale può rendere opportuno il consumo di una minor quantità di cibo, ma il ridotto assorbimento suggerisce che gli alimenti da preferire siano quelli più densi di nutrienti — proteine, carboidrati complessi, vitamine e sali — e con minor apporto energetico per unità di peso.
Per i soggetti sopra i 60 anni le proteine sono importanti, con un fabbisogno che probabilmente andrebbe aumentato dagli 0,8 g/kg di peso corporeo previsti dai LARN fino a 1,2-1,5 g /kg di peso corporeo. Un apporto proteico maggiore permette di ridurre la perdita di massa magra e favorisce la sintesi di proteine muscolari. Inoltre un apporto proteico ridotto, tutt’altro che infrequente in età avanzata, è associato con un’aumentata fragilità ossea.
Troppi carboidrati semplici — zuccheri essenzialmente, quelli che trovate nei dolci o aggiungete ai cibi — favoriscono l’aumento di peso e aumentano il rischio di diabete, specie se sono accompagnati da un elevato consumo di acidi grassi omega-6 — che trovate soprattutto in prodotti preconfezionati — e da un ridotto consumo di acidi grassi omega-3. Questi ultimi hanno un potenziale effetto antinfiammatorio e i buoni consumatori di pesce azzurro, alimento che ne è ricco, presentano una maggiore densità ossea rispetto a chi lo consuma di rado.
Anche per vitamine e sali minerali possono esserci problemi: grandi studi epidemiologici hanno mostrato che tra gli anziani è frequente un ridotto apporto di vitamina D, E e K, vitamina C e B6.
Non sempre adeguato l’apporto di calcio, anche se gli studi sull’efficacia dell’integrazione per la prevenzione dell’osteoporosi hanno dato risultati controversi: secondo alcuni autori parrebbe esserci un effetto soglia, per cui una volta raggiunto un certo apporto, il valore soglia appunto, assorbimento e ritenzione non paiono aumentare ulteriormente incrementando la dose fornita.
Alcuni studi hanno mostrato una correlazione positiva tra consumo ed escrezione urinaria di sodio ed escrezione urinaria di calcio, tuttavia studi recenti hanno mostrato come un apporto di sodio pari a 3 g/die non sia in grado di determinare effetti negativi sulla densità ossea purché sia presente un apporto adeguato di vitamina D e calcio. [9, 10, 11, 12]
Invecchiare in salute con la dieta e l’attività fisica
L’invecchiamento è un processo fisiologico. In larga misura dipende dalla nostra genetica, ma possiamo comunque fare molto per limitare quei cambiamenti in negativo che, come abbiamo visto, iniziano in realtà già verso i trent’anni. Il nostro stile di vita, soprattutto per quello che riguarda l’alimentazione e l’attività fisica, ha un impatto determinante sul modo in cui invecchiamo, mantenendoci in salute e autonomi o lasciandoci appassire, malati e bisognosi di assistenza costante.
Mantenere un buon peso corporeo, con una massa grassa sotto controllo, è la prima linea di difesa, visto il ruolo che un eccesso di tessuto adiposo gioca nell’esacerbare i cambiamenti legati all’invecchiamento. Mantenere una buona composizione corporea non è un vezzo estetico, segno di vanità ed egocentrismo, ma è una vera e propria misura preventiva nei confronti di tutte le patologie non trasmissibili. Consigliabile una massa grassa sotto il 20% per gli uomini, inferiore al 26% per le donne.
Un buon peso lo si mantiene con una buona dieta, fatta di alimenti ricchi di nutrienti ma con un apporto calorico controllato. Le verdure dovrebbero essere sempre presenti nel piatto, ruotandole con la stagione, cercando la massima varietà. A seguire la giusta quantità di cereali integrali e legumi, da stabilire sulla base del nostro impegno fisico, accompagnati da pesce, meglio se ricco di omega-3, carne di buona qualità, semi oleosi secchi, latte e latticini e frutta di stagione, mentre tra i condimenti è da preferire l’olio extravergine di oliva. Poco spazio per alcolici, dolci, alimenti ricchi di calorie, dolci, biscotti e compagnia.
Mantenersi ben idrati è importante, ma per quello c’è l’acqua, anche se un consumo mirato di tè o caffè non presenta problemi particolari.
Se ci sono problemi di digestione, se si fa fatica a consumare certi cibi, è bene rivolgersi ad un professionista che saprà aiutarvi a ridurre queste difficoltà garantendo nel contempo un adeguato apporto di energia e nutrienti.
L’attività fisica è essenziale ad ogni età, ma lo diventa ancor di più dopo i cinquant’anni. Muoversi permette di mantenere il nostro corpo efficiente, riducendo al minimo la perdita di massa muscolare, evitando l’aumento di massa grassa e conservando ossa dense e robuste. L’allenamento aerobico, molto efficiente nel mantenere una buona capacità cardiovascolare e polmonare, dovrebbe essere accompagnato da attività contro resistenza — smuovere pesi, che siano esterni, come si fa in palestra, o che sia il proprio corpo, come si fa con gli esercizi a corpo libero — attività che molti tendono ad evitare ma che sono invece efficacissime nell’incrementare i processi di sintesi proteica muscolare e nel conservare o addirittura incrementare la densità ossea, anche in età avanzata: ovviamente con la supervisione di personale qualificato che sia in grado di guidare il soggetto, selezionando modalità di lavoro adeguate e non dannose. Per l’attività fisica è importante la costanza, mantenersi attivi nel tempo, con almeno tre ore settimanali dedicati ad una qualche forma di movimento. [13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24]