C’è un accesso dibattito sulla possibilità che il cibo possa dare una vera e propria dipendenza, analoga a quella determinata dalle droghe. L’esperienza comune indica che certi cibi, in certe persone, possono determinare un comportamento di reale assuefazione, una situazione che potrebbe contribuire in maniera non trascurabile al rilevante aumento di soggetti sovrappeso ed obesi registrato negli ultimi anni.
Una delle possibili cause dell’epidemia di obesità che sta investendo il mondo occidentale è la larghissima disponibilità di cibi fortemente appetibili, tanto gustosi da poter, secondo alcuni ricercatori, creare una reale dipendenza nel soggetto che si troverebbe così quasi costretto a consumarne quantità sempre crescenti, con sempre maggiore frequenza, finendo per rovinarsi forma, salute ed equilibrio mentale, in una spirale incontrollabile e autodistruttiva. Diversi studi hanno posto in relazione dipendenza da cibo, sovrappeso ed obesità, evidenziando come fenomeni di dipendenza siano decisamente più diffusi nei soggetti con peso superiore alla norma. [1]
Lo Yale Food Addiction Scale (YFAS) è uno strumento ideato da Gearhardt e Brownell per identificare quelle abitudini alimentari con profilo simile al comportamento di soggetti dipendenti da droghe. Si tratta di un semplice questionario che, sulla base dei criteri diagnostici utilizzati nella valutazione degli altri tipi di dipendenza, definiti nel DSM-IV, si propone di identificare quei soggetti maggiormente predisposti a sviluppare dipendenza da cibo i cui sintomi classici sono l’incapacità di controllare il consumo dell’alimento, l’abuso continuo nonostante possibili conseguenze negative, l’impossibilità di bloccare il comportamento anomalo nonostante il desiderio di farlo, e un aumento dell’impulsività e dell’emotività legate a questi comportamenti. [2]
Quali alimenti causano dipendenza?
L’esperienza e l’osservazione indicano chiaramente che non tutti gli alimenti hanno la medesima capacità di dare dipendenza: fagiolini o avena molto raramente creano problemi, mentre alimenti come pizza, cioccolato o patatine fritte sono spesso eccezionali attrattori. Identificare i cibi in grado di sviluppare questa condizione è quindi determinante per poter creare un sistema di riferimento utile nell’affrontare il problema.
Un tratto comune a molte delle droghe note è quello di essere prodotti trasformati, con un’alta concentrazione ed un’elevata disponibilità dell’agente in grado di produrre dipendenza: pensiamo al lavoro di trasformazione necessario per ottenere vino o altri alcolici a partire da uva o cereali. Un parallelo analogo può esser tracciato con molti cibi. In natura sono molto pochi gli alimenti che abbiano un alto contenuto di zuccheri e grassi contemporaneamente ma sugli scaffali dei moderni supermercati ne troviamo una amplissima disponibilità: prodotti industriali, fortemente trasformati e resi artificialmente ricchi sia di grassi che di zuccheri. Studi su modelli animali hanno mostrato come sia soprattutto un elevato contenuto di zuccheri a sviluppare comportamenti di dipendenza, probabilmente attraverso meccanismi legati al neurotrasmettitore dopamina, e come la dipendenza non si sviluppi quando siano rese disponibili quantità anche rilevante di normale mangime; pare che i topi trovino irresistibili i biscottini tipo Ringo e siano disposti anche a prendere la scossa pur di poterne consumare. [3, 4]
Partendo da queste osservazioni Gearhardt e Brownell hanno ideato uno studio volto a creare una classifica dei cibi in grado di dare assuefazione: ad un elevato numero di soggetti divisi in gruppi diversi è stato proposto un questionario attraverso il quale ordinare, per capacità di creare dipendenza, trentacinque cibi diversi, scelti in modo da avere un ampio spettro che andasse da alimenti poco trasformati, ricchi di nutrienti e poveri di calorie fino a prodotti industriali, grassi, zuccherati, ipercalorici. [5]
I risultati confermano la tesi di partenza, la forte appetibilità dei cibi trasformati
1.Pizza
2.Cioccolato
3.Gelato
4.Patatine fritte
5.Biscotti
6.Torte
7.Popcorn
8.Cheeseburger
9.Bevande gassate dolci
10.Formaggio
Le ultime posizioni sono invece occupate da pesce, frutta e verdura:
28.Mele
29.Salmone
30.Banane
31.Carote
32.Riso integrale
33.Cetrioli
34.Broccoli
35.Fagioli
Pur considerando il ristretto campione di alimenti proposti è evidente che quelli considerati maggiormente desiderabili, al punto da creare dipendenza, hanno in comune l’essere alimenti fortemente manipolati, densi di calorie, ricchi di grassi, di zuccheri e, in diversi casi, anche di sale.
Si tratta di cibi che, attraverso un complesso sistema di rilevazione nell’apparato digerente, sono in grado di stimolare il rilascio di dopamina, spingendo il soggetto all’ulteriore ricerca di gratificazione. Un meccanismo ancestrale, residuo di tempi in cui la spinta prepotente a cercare cibi ricchi di nutrienti rappresentava un fattore determinante per la sopravvivenza. Ma nei moderni cibi industriali la concentrazione delle sostanze in grado di creare questi segnali è talmente elevata da creare, nei soggetti più suscettibili, uno stato anormale di motivazione che sfocia in vera e propria dipendenza. [6]
Una dieta ricca di cibi semplici, minimamente manipolati, non sembra essere in grado di scatenare comportamenti anormali.
Sfuggire alle sirene del cibo
Il messaggio che proviene da queste ricerche, ancora allo stadio iniziale, è inequivocabile. Se vogliamo evitare di rimanere schiavi di cibi che sul lungo periodo possono provocarci importanti problemi di salute dobbiamo allontanare dalla nostra tavola alimenti trasformati, ricchi di grassi, di sale e soprattutto di zuccheri.
Evitiamo di fare scelte autodistruttive di fronte a cibi enormemente gratificanti ma poco sani, in grado di indurci nostro malgrado a un consumo esagerato, potenziale causa di sovrappeso ed obesità, condizioni che pongono a rischio la nostra salute. Scegliamo prodotti poco o per nulla trasformati, con abbondanza di verdure, frutta e pesce per mantenerci in pieno e consapevole controllo del nostro comportamento alimentare.
E riflettiamo sul un dato di fondo molto disturbante: di fatto viviamo in un ambiente che incoraggia la dipendenza da cibo senza però riconoscerla ancora come vero e proprio disturbo del comportamento. Un’ipocrisia che ci costerà cara.