Quando frequentavo l’Università, tanti, troppi anni fa, parlare di digiuno era quasi proibito: il pensiero comune era che astenersi dal cibo per più di qualche ora potesse provocare catastrofi metaboliche e ormonali dalla quali sarebbe stato molto difficile riprendersi. Il tutto senza un solido supporto scientifico, un altro di quei miti che sembrano fiorire e perpetuarsi nel campo della nutrizione. L’opinione oggi è cambiata, grazie ad una serie di interessanti lavori, e astenersi per qualche tempo dal cibo—seguire un protocollo di digiuno intermittente—non è più considerato un tabù.
Il digiuno intermittente non va confuso con le forme di digiuno estreme e scriteriate consigliate dai fanatici delle diete “detossificanti” o da sedicenti guru new age fanatici della idrocolonterapia. Quando si parla di digiuno intermittente si intende indicare una serie di protocolli basati su digiuni di breve durata, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di salute del soggetto.
I protocolli previsti possono essere diversi, a seconda della durata del digiuno e della finestra di alimentazione:
- I più semplici e di facile implementazione prevedono un digiuno di 16-20 ore e un periodo di accesso al cibo di 8-4 ore, da praticare, volendo, anche ogni giorno, protocolli definiti Time Restricted Eating (TRE, alimentazione a tempo ristretto).
- Altri sono basati su un digiuno che può arrivare alle 24-30 ore, che può essere praticato da due volte al mese fino ad un massimo di due volte a settimana.
- Infine un protocollo molto utilizzato nel campo della ricerca prevede alternanza: un giorni si mangia normalmente mentre il successivo si digiuna o, più spesso, ci si mantiene in condizioni di forte restrizione calorica, consumando meno di 600-800 kcal giornaliere.
Come vedete nulla a che fare con gli ascetici digiuni di dieci giorni a base di acqua e limone, quelli sì in grado di produrre problemi importanti, in primis una perdita di preziosa massa magra, una volta che si superino le 72 ore di astinenza dal cibo.
Chi ama interpretare il comportamento umano alla luce dell’evoluzione sostiene che trascorrere periodo prolungati senza assunzione di cibo, alternati a finestre in cui il cibo è consumato liberamente, possa mimare in maniera accurata le condizioni in cui la nostra specie si è evoluta e che quindi possa assecondare al meglio i meccanismi fisiologici sviluppatesi durante il percorso evolutivo. D’altronde fino a due o tre generazioni fa il cibo disponibile non era così abbondante e spesso gli individui, forzatamente, trascorrevano periodi relativamente prolungati senza mangiare. La recente disponibilità di cibo a basso prezzo, elevato contenuto calorico e mediocri proprietà nutritive ha creato una condizione per cui il nostro corpo risulta mal adattato, una situazione alla base dell’epidemia di obesità e diabete che si va diffondendo nel mondo industrializzato. Si tratta di ipotesi suggestive, che richiedono un approfondimento ulteriore, senza le semplificazioni entusiaste che alcuni seguaci di diete “ancestrali” usano fare.
I benefici del digiuno intermittente
Ovviamente uno degli immediati benefici del digiuno intermittente è la riduzione del peso, dal 2 al 9%, con rilevante diminuzione della massa grassa e un impatto trascurabile o molto ridotto sulla massa magra: infatti, quando il digiuno viene mantenuto per 16-24 ore, il combustibile d’elezione per i processi metabolici diviene il grasso, con un utilizzo importante dei trigliceridi che vengono recuperati tramite mobilizzazione delle scorte del tessuto adiposo, mentre l’utilizzo delle proteine come sorgente di energia non aumenta in modo significativo fino al terzo giorno di digiuno. Questo lo rende un approccio alimentare utilizzato tra sportivi e bodybuilders che vogliano aumentare la definizione muscolare senza sacrificare la tanto agognata massa magra. [1]
Molto interessanti sono studi su diversi modelli animali, dai topi alle scimmie, che mostrano come la restrizione calorica, oppure il digiuno intermittente senza riduzione complessiva dell’apporto calorico, possa avere un effetto protettivo nei confronti di tutta una serie di danni legati all’invecchiamento, tanto da arrivare ad aumentare la durata della vita in soggetti di specie diversa, con riduzione dei livelli ematici di glucosio e insulina e aumento della resistenza del tessuto nervoso a danni da stress. Un possibile elisir di lunga vita, come affermano alcuni autori entusiasti. [2, 3]
Diversi studi mostrano che il digiuno intermittente migliora in maniera sensibile il profilo lipidico del sangue.
Studi basati su di un protocollo a giorni alterni hanno mostrato:
- riduzione del colesterolo LDL, quello comunemente chiamato colesterolo “cattivo” visto il suo possibile ruolo nella genesi di malattie cardiovascolari;
- riduzione dei trigliceridi che, semplificando, possiamo definire forme di accumulo dell’energia in eccesso introdotta con la dieta e potenziale fattore di rischio oltre che per malattie cardiovascolari anche per insulinoresistenza e sindrome metabolica;
- un sostanziale mantenimento dei livelli di colesterolo HDL, il colesterolo “buono” che secondo alcuni autori avrebbe un effetto protettivo nei confronti di patologie cardiache e vascolari. [4, 5, 6, 7]
Studi recenti hanno dimostrato che il digiuno presenta azione positiva su alcuni marker caratteristici dei processi infiammatori e addirittura può portare alla riduzione dei sintomi in soggetti affetti da asma, tenuti per 8 settimane ad un regime con giorni alternati, con netto miglioramento degli indicatori di infiammazione e stress ossidativo. [8, 9, 10]
Altro possibile effetto positivo, evidenziato in studi su modelli animali, si esplica su stress ossidativo, plasticità sinaptica e riduzione del danno a carico del DNA in diverse aree cerebrali, tanto che studi di questo tipo sono in svolgimento per valutare un possibile utilizzo di queste pratiche in malattie neurodegenerative caratterizzate da infiammazione cronica dei tessuti interessati, come ad esempio il morbo di Alzheimer. Siamo ancora agli inizi ma i risultati ottenuti sul modello animale sono incoraggianti. [11, 12]
Molti studi sul digiuno intermittente sono stati eseguiti su individui che osservano il Ramadan, soggetti che per motivi religiosi si astenengo dal consumo di cibo dall’alba al tramonto per un intero mese. Risultato comune è stata una riduzione del peso corporeo, un aumento di adiponectina, un ormone prodotto dal tessuto adiposo che porta ad aumento della sensibilità all’insulina e quindi ad un miglior controllo dei processi metabolici che riguardano il glucosio: risultati che suggeriscono un possibile utilizzo di queste pratiche nella prevenzione della sindrome metabolica e del diabete di tipo II, soprattutto in soggetti obesi o in sovrappeso. [13, 14, 15]
Infine diversi studi sul modello animale hanno mostrato una minor incidenza di certi tipi di tumore, una maggior resistenza dopo l’inoculo di culture tumorali e una significativa riduzione della velocità di proliferazione di alcuni tipi di cellule tumorali. Ancora non esistono studi sull’uomo ma i risultati raccolti fanno pensare che il digiuno intermittente possa influenzare alcuni fattori di rischio per diverse patologie tumorali. [16, 17, 18]
Digiuno intermittente: le controindicazioni
Per quanto gli studi indichino tutta una serie di applicazioni positive per le varie modalità di digiuno intermittente, è importante sottolineare che non tutti possono praticare questo tipo di intervento. Si tratta di protocolli che vanno affrontati con l’assistenza di un professionista che verifichi che nonostante la restrizione calorica non si creino carenze o non si verifichino pericolosi squilibri elettrolitici.
Il digiuno intermittente è assolutamente controindicato durante la gravidanza e l’allattamento, in soggetti con problemi tiroidei, in soggetti con diabete di tipo I o di tipo II trattati con insulina e altri farmaci (in quest’ultimo caso è necessaria una supervisione medica per adattare le dosi del farmaco). E ovviamente è sconsigliato in tutti i soggetti che soffrano di disturbi del comportamento alimentare.
Si tratta di uno strumento dalle molte potenzialità, di sicuro non la panacea per ogni male come qualcuno vorrebbe far intendere, ma certamente una via da considerare, anche se ulteriori studi sono necessari prima di poterne indicare con sicurezza l’utilizzo a fini preventivi e terapeutici.
Per saperne di più su digiuno intermittente, restrizione calorica e possibili applicazioni terapeutiche leggete questi articoli: