La creatina è una sostanza che il nostro corpo produce naturalmente, ma è anche uno degli integratori più utilizzati nel mondo dello sport e trova sempre più spazio nel trattamento di alcune patologie. Cerchiamo di capire cosa è, a cosa serve e se e quando l’integrazione risulti necessaria.
La creatina è un composto organico contenente azoto la cui funzione principale, nei vertebrati, è quella di riserva di gruppi fosfato da utilizzare durante sforzi brevi ed intensi. Si tratta di un piccolo peptide prodotto nei reni, nel pancreas e nel fegato, a partire da tre aminoacidi: arginina, glicina e metionina.
Scoperta dallo scienziato francese Michel Eugène Chevreul, fu battezzata creatina dal greco kreas, carne, proprio perchè estratta da tessuto muscolare. La creatina è stata uno dei primi integratori ad essere prodotto industrialmente, già agli inizi del secolo scorso, ma è balzata agli onori delle cronache durante i giochi olimpici di Barcellona, nel 1992, quando molti atleti ammisero di averne fatto uso. Da allora il suo utilizzo si è ampiamente diffuso tra gli sportivi, tanto da renderlo l’integratore più ampiamente utilizzato in questo ambito, tra polemiche, dubbi, paure e fraintendimenti.
Contemporaneamente si è accumulata una mole di studi e dati relativa all’uso della creatina nel trattamento di diverse patologie, con risultati contrastanti, accompagnati da un sempre maggior interesse nei confronti dei potenziali benefici legati a protocolli di integrazione per patologie neurodegenerative e, negli ultimi anni, per rallentare i processi di invecchiamento.
L’uso di integratori è sempre argomento controverso, da una parte i fermi sostenitori dell’assoluto primato di una dieta equilibrata, dagli altri gli entusiasti che integrerebbero con decine e decine di sostanze ogni giorno. La situazione è molto più sfumata e il caso della creatina ci permette di apprezzare meglio i tanti fattori che vanno considerati quando si valuti l’assunzione di un qualunque integratore. (Per maggiori informazioni sugli integratori leggetevi questo articolo)
Creatina: sintesi e funzione
La creatina è una sostanza essenziale, in primo luogo per garantire energia durante la contrazione muscolare. Nella cellula l’ossidazione di carboidrati e grassi produce ATP, adenosintrifosfato, molecola che viene utilizzata per fornire l’energia necassaria allo svolgimento dei vari processi cellulari con formazione di ADP, adenosindifosfato, e AMP, adenosinmonofosfato. Il ruolo primario della creatina, in forma di fosfocreatina, è quello di donare un gruppo fosfato ad ADP convertendolo nuovamente in ATP, utilizzabile in un nuovo ciclo di reazioni.
La quantità di ATP presente nella cellula è molto bassa e viene esaurita in pochi istanti. L’intervento della creatina permette di mantenere una vigorosa contrazione muscolare per un periodo di tempo maggiore, senza che la cellula debba utilizzare ossigeno: si parla di sistema anaerobico alattacido o sistema dei fosfageni, protagonista di sforzi brevi ad elevatissima intensità.
La sintesi della creatina inzia nel rene: arginina e glicina reagiscono tra loro grazie all’enzima glicina amidinotransferasi (AGAT), con formazione di ornitina e guanidinoacetato. Il guanidinoacetato è quindi trasportato al fegato dove riceve un gruppo metile da S-adenosil metionina, coenzima donatore di gruppi metilici, in una reazione catalizzata da guanidinoacetato N-metiltransferasi (GAMT), con formazione di S-adenosil-L-omocisteina e creatina. I due enzimi chiave del processo AGAT e GAMT possono essere carenti in soggetti con rare malattie genetiche, caratterizzate da debolezza muscolare e ritardo mentale, in alcuni casi accompagnato da sintomi tipici dell’autismo.
La sintesi di creatina è un processo molto oneroso per l’organismo e impegna oltre il 50% della quantità disponibile di S-adenodil metionina, con formazione di rilevanti quantità di omocisteina, sostanza che in concentrazione elevata può rappresentare un fattore di rischio cardiovascolare. La supplementazione pare inibire reversibilmente i processi di sintesi endogena e diminuire sia il carico di lavoro a livello di reni e fegato, sia la quantità di omocisteina prodotta nel processo.
Oltre il 95% della creatina prodotta è accumulata nel muscolo scheletrico mentre il restante 5% viene distribuito tra cuore, cervello, rene, fegato e testicoli. Circa i due terzi della creatina presente nel muscolo sono in forma di fosfocreatina grazie all’azione della creatinchinasi, enzima che che catalizza il trasferimento di un gruppo fosfato dall’ATP alla creatina. La reazione è reversibile e in caso di aumentato fabbisogno energetico la creatinkinasi permette di trasferire il gruppo fosfato dalla creatina all’ADP, rigenerando rapidamente l’ATP utilizzato per ricavare l’energia necessaria alla contrazione muscolare.
ATP + creatina ⇔ ADP + fosfocreatina + H+
A riposo la concentrazione di fosfocreatina è 30μM (30micromoli). La capacità della creatinchinasi di rigenerare creatina o ATP è molto elevata e non rappresenta un fattore limitante e l’attività delle diverse forme dell’enzima aumenta in seguito all’integrazione con creatina. La reazione catalizzata dalla creatinchinasi è molto rapida e permette di fornire energia alla cellula molto velocemente, anche in situazioni critiche e in carenza di ossigeno. Nei maschi l’attività della creatinchinasi è maggiore rispetto alle femmine. L’attività della creatinchinasi pare essere maggiore anche in soggetti di colore rispetto a soggetti bianchi e in soggetti sottoposti a costante esercizio fisico rispetto a soggetti sedentari.
Un uomo di 70kg ha una riserva muscolare di creatina tra i 120 e i 140-160g, valori che dipendono diversi fattori: massa grassa, tessuto muscolare, tipo di fibra muscolare, condizione di allenamento. Il fabbisogno giornaliero si aggira intorno ai 4 g, con una produzione endogena di 1-2 g. Una quota di creatina deve quindi essere assunta con la dieta, circa 1-2 g die, con la produzione interna che viene modulata, in maniera reversibile, dalla quantità di creatina ingerita: tanto maggiore è la quantità che arriva con la dieta, tanto minore è la quantità prodotta dall’organismo.
La creatina è presente esclusivamente in cibi di origine animali, carne e pesce soprattutto, in quantità variabili:
- 5 g/kg per la carne bovina
- 5 g/kg per la carne suina
- 4-5 g per il salmone e l’aringa
- 3,5 g/kg per pollo e coniglio
- 0,2 g/kg per latte e latticini
Si tratta di quantitativi relativamente ridotti che rendono problematico aumentare l’apporto giornaliero di creatina senza aumentare in maniera irragionevole l’apporto calorico e quindi quello di proteine e di grassi. Circa il 30% della creatina presente nei cibi viene perduta durante la cottura, attraverso i liquidi essudati dal cibo o per degradazione a creatinina. Da sottolineare che la cottura del cibo, oltre a ridurre il contenuto di creatina, può anche portare alla formazione di particolari derivati, amino-imidazo-azaareni (AIA) e composti azotati, che potrebbero avere un debole effetto carcinogenico e rappresentare quindi un fattore di rischio minore per tumori dell’apparato digerente. Il consumo contemporaneo di vitamina C e verdure, uniti a cotture meno aggressive, potrebbe ridurre in maniera significativa la formazione di questi composti.
Per vegetariani e vegani — vista la completa assenza di creatina in prodotti di origine vegetale — in condizioni di forte impegno fisico è possibile che si verifichino situazioni di carenza. Una integrazione con creatina permette di aumentare le scorte muscolari fino al 20% in soggetti con normali riserve di base, e risulta essere l’unica via efficace per aumentare le riserve in soggetti vegani e vegetariani.
La creatina presente nei cibi o consumata come integratore piuò essere degradata nello stomaco per azione delle pepsine, tuttavia la percentuale perduta a causa di questi processi è bassa, inferiore al 10%. L’assorbimento intestinale è mediato da trasportatori specifici, la cui capacità di lavoro pare essere saturata da dosi pari a 10 g. La concentrazione di creatina nel siero è compresa tra 100 e 200 μM e può aumentare fino a 800 μM in seguito ad ingestione della tipica dose da 5 g.
La creatina entra nelle cellule grazie a trasportatori dedicati la cui espressione è diversa in fibre muscolare di tipo diverso, è funzione della disponibilità di creatina nel muscolo ed è regolata da un gran numero di fattori. Tra i regolatori che favoriscono l’ingresso di creatina nella cellulaci sono mTOR, elemento chiave nella regolazione dello stato energetico della cellula, e alcune proteine indotte da condizioni di stress cellulare. Anche l’ormone della crescita (GH) pare favorire l’espressione dei trasportatori della creatina, così come condizioni di privazione calorica prolungata. Alcuni studi indicano tra i regolatori positivi anche l’esercizio fisico.
Tra i regolatori negativi che riducono l’espressione dei trasportatori e quindi l’ingresso di creatina nella cellula abbiamo in maniera indiretta AMPK, inibitore dell’attività di mTOR, con effetti molto variabili nei diversi tessuti, elevate concentrazioni extracellulari della stessa creatina e JAK2, una proteina implicata nella regolazione dello stress osmotico.
Ogni giorno, in assenza di integrazione, il nostro organismo elimina circa 2 g di creatina, valore più basso in donne e anziani, soggetti con masse muscolari ridotte, mentre soggetti con masse muscolari importanti ne perderanno una quantità maggiore. La creatina si converte in creatinina atrraverso una reazione spontanea non catalizzata da enzimi e questa, attraverso il flusso sanguigno, giunge al rene dove viene escreta con l’urina. Sono possibili anche altre vie di degradazione per creatina e creatinina, vie che sono tuttavia poco rilevanti in soggetti sani, dove la creatinina può svolgere attività di antiossidante nel siero. In soggetti con patologie renali si ha un notevole aumento di creatinina nel siero con formazione di composti tossici che possono contribuire al progredire della malattia. [1]
Creatina e sport: l’integratore che funziona
Dai primi anni 90 ad oggi la creatina si è ritagliata il ruolo di regina degli integratori. Un composto apparentemente sicuro ed efficace, in grado di migliorare le prestazioni di atleti impegnati in molti sport diversi. L’entusiamo è grande e l’utilizzo estremamente diffuso, ma cosa dicono realmente i dati?
Durante esercizi ad alta intensità l’ATP utilizzato per ricavare l’energia necessaria alla contrazione muscolare è rigenerato a spese della fosfocreatina in una reazione catalizzata da creatinchinasi. La riserva di fosfocreatina nel muscolo è rilevante e istantaneamente accessibile mentre la glicolisi muscolare è indotta con un ritardo di diversi secondi, ritardo ancora più rilevante per l’induzione dei processi di fosforilazione ossidativa. La disponibilità di creatina diviene quindi cruciale per sostenere uno muscolare intenso di breve durata, permette di ridurre il consumo di glicogeno nel muscolo e riduce l’accumulo di acido lattico, processi che sono di notevole importanza quando il glucosio è utilizzato per produrre energia nel muscolo.
Un aumento della riserva di creatina nel muscolo dovrebbe quindi permettere una aumento della forza generata in esercizi intensi e di breve durata, attività essenzialmente anaerobiche, con un sensibile aumento della performance associata a protocolli di integrazione.
La letteratura sul tema è molto vasta, diverse centinania di studi, con almeno il 70% dei che hanno rilevato un effetto positivo legato all’integrazione contro un 30% che non ha evidenziato miglioramenti apprezzabili. Gli studi riguardano prestazioni di diverso tipo sia quelle utilizzate in ambito di ricerca — cicloergomentro, panca piana, squat — sia tipiche prestazioni sportive come sprint, nuoto, ciclismo, canottaggio o calcio. Gli adattamenti indotti da allenamento e integrazione sono molteplici: aumento della riserva muscolare di creatina e fosfocreatina, accompagnate da un aumento della massa magra, da diminuzione della massa grassa, da aumento della sezione muscolare, da un miglioramento dei parametri relativi a potenza, forza, capacità di sprint e velocità di produzione della forza.
I miglioramenti osservati, oltre che ad una maggior efficienza del sistema dei fosfageni, possono esseri imputati ad una maggior capacità di lavoro che permette un miglioramento degli adattamenti indotti dall’allenamento. L’aumento di massa magra osservato potrebbe essere dovuto anche ad una riduzione dei livelli serici di miostatina, una proteina regolatrice che inibisce la crescita muscolare, con aumento di fattori che invece la favoriscono, in particolare miogenina, MRF-4 e IGF-1. Gli effetti positivi oltre che per tipiche attività di forza risultano rilevanti anche in sport caratterizzati da attività intermittenti ad elevata intensità: anche in questo caso la maggior disponibilità di creatina nel muscolo permette un recupero più rapido tra sforzi successivi, riduce la quantità di acido lattico che si accumula nel muscolo e allevia la sensazione di fatica, con un netto allungamento dei tempi di esaurimento muscolare.
I risultati sono meno rilevanti quando si prendano in considerazione sport in cui predomina la componente aerobica, caratterizzati da sforzi a intensità medio-alta o media, protratta nel tempo. In queste attività il ruolo del sistema dei fosfageni non è più così determinante per la prestazione e infatti i lavori disponibili non mostrano miglioramenti apprezzabili per attività prevalentemente aerobiche. Alcuni lavori mostrano miglioramenti in attività come il canottaggio, dove forza e potenza sono componenti importanti della prestazione, e molto interessanti sono i lavori che evidenziano una maggior resistenza all’attività a temperature elevate, probabilmente grazie al maggior contenuto di acqua nel muscolo dovuto alla integrazione con creatina. Controversi gli studi su nuotatori, con lievi miglioramenti per sprint di 50 m, ma dati non significativi per distanze maggiori.
Diversi studi indicano che l’integrazione con creatina può essere utile nel ridurre le lesioni muscolari e favorire il recupero da allenamenti intensi., rendendo possibili regimi di allenamento molto duri e con elevati volumi di lavoro. I dati sono positivi anche per quanto riguarda la prevenzione di infortuni e lesioni e per il recupero e la riabilitazione, con riduzione dell’atrofia muscolare dovuta a periodi di immobilizzazione forzata.
Per l’atleta interessato nel miglioramento delle prestazioni è decisamente poco realistico pensare di poter assumere le quantità di creatina utilizzate negli studi attraverso l’alimentazione: sarebbe necessario consumare diversi kilogrammi di carne e pesce ogni giorno. In questo caso è necessario il ricorso a specifici integratori. Il mercato è ricchissimo di prodotti diversi, ognuno dei quali vanta miracolosi miglioramenti nell’assorbimento e nella ritenzione rispetto alla forma tipicamente utilizzata, creatina monoidrato. Le formulazioni disponibili sono davvero tantissime , con forme diverse di creatina e associazioni di vario tipo con altre sostanze, dalla β-alanina all’HMB. Per tutti questi prodotti mancano studi rigorosi che mostrino una loro superiorità rispetto alla forma base, per cui il consiglio è di fare un favore al vostro portafoglio scegliendo semplice creatina monoidrato, possibilmente pura ed esente da contaminazioni che possono essere presenti in prodotti di scarsa qualità. Al massimo acquistate creatina monoidrato micronizzata, più facilmente solubile in acqua.
Esistono diversi protocolli relativi all’integrazione con creatina. Il protocollo più ampiamente utilizzato prevede una fase di carico con una quantità di creatina pari a 0,3 g per kg peso corporeo al giorno. In un soggetto tipo di circa 70 kg si utilizzano di solito 20 g di creatina somministrati in quattro dosi da 5 g distribuite nel corso della giornata. La fase di carico dura in genere dai 5 ai 7 giorni e viene seguita da una fase di mantenimento durante la quale si consuma una singola dose da 3-5 g ogni giorno. Un altro protocollo ampiamente utilizzato non prevede fase di carico e si basa sulla somministrazione di una singola dose da 3-6 g/die, protocollo efficace ma che comporta tempi più lunghi per il raggiungimento degli effetti ergogenici desiderati. Esistono anche protocolli sperimentali in cui 20g di creatina vengono consumati durante la giornata in venti dosi da un grammo assunte ogni mezz’ora, ma per quanto efficaci si tratta di modalità di difficile implementazione nella vita reale. Esistono infine protocolli in cui si ciclizza l’assunzione di creatina con fasi di carico di circa 20 g per 3-5 giorni ogni 3-4 settimane. Una volta terminata la fase di integrazione il livello di creatina nel muscolo tornerà lentamente al livello iniziale, in circa 4-6 settimane.
Una parte della creatina assunta con gli integratori non viene assorbita o utilizzata e viene escreta a livello renale. L’escrezione è ridotta quando la creatina venga assunta assieme a una quota di carboidrati e di proteine, un fattore che in alcuni studi parrebbe anche rendere non necessaria la fase di carico. In definitiva quindi la creatina andrebbe assunta nel post-allenamento, preferibilmente dopo l’assunzione di una porzione di carboidrati e proteine.
Relativamente all’integrazione con creatina gli studi evidenziano come esistano soggetti che rispondono molto bene, con un aumento della concentrazione muscolare maggiore di 20 mmol/kg peso secco del muscolo,dei soggetti che non rispondono, con aumenti inferiori a 10 mmol/kg peso secco muscolo e soggetti che presentano una risposta compresa tra i due estremi. Nei soggetti con risposta elevata si rilevano i miglioramenti caratteristicamente associati all’integrazione, mentre nei soggetti con risposta ridotta i miglioramenti sono altrettanto ridotti. Nei soggetti con buona risposta si nota in partenza una ridotta riserva muscolare di creatina e una maggiore presenza di fibre muscolari di tipo II: questo sono condizioni che predispongono a un netto miglioramento della prestazione in seguito all’integrazione, miglioramento che nei soggetti con risposta ridotta non si osserva, forse a causa della presenza di una riserva muscoalre di creatina già prossima alla saturazione.
Un ben noto effetto collaterale legato all’integrazione di creatina è l’aumento di peso, da 1-2 fino a 5 kg, dovuto essenzialmente ad un aumento di liquidi nel tessuto muscolare. L’ingresso di creatina nel muscolo è accompagnato da quello di acqua con un aumento del volume cellulare che agendo su proteine regolatrici come MAPK stimola la sintesi proteica nel muscolo favorendone l’ipertrofia. Questo aumento di peso deve essere tenuto in conto quando si pianifichi una eventuale integrazione in atleti che praticano sport con categorie di peso, precisi requisiti estetici o per i quali il peso in più possa rappresentare un problema durante la pratica dell’attività. [2, 4, 5, 6, 7 , 8, 9, 10]
Creatina e salute
La creatina ha un ruolo molto importante nel metabolismo della cellula, per cui un gran numero di studi ha indagato i potenziali benefici derivanti da integrazione in condizioni particolari.
Esistono particolari malattie genetiche caratterizzate da una deficienza degli enzimi coinvolti nella sintesi della creatina. I soggetti affetti hanno livelli ridotti di creatina nel muscolo e nel crevello e presentano debolezza muscolare e ritardo mentale. Diversi studi clinici hanno mostrato che integrazione con dosi elevate di creatina, fino a 0,8g/kg/die, può ridurre o addirittura eliminare i sintomi rilevati, con efficacia tanto maggiore quanto più precocemente venga iniziato il trattamento. Altro dato positivo è l’assenza di effetti collaterali anche per somministrazioni prolungate, si parla di decine di anni.
La creatina è quindi essenziale per una corretta funzione cerebrale. Esistono meccanismi e trasportatori specifici che permettono il trasporto di creatina a livello del sistema nervoso centrale, meccanismi strettamente regolati che anche nel caso di integrazioni massicce impediscono un accumulo della sostanza a livello cellulare ma che, in caso di deficienza, rendono possibile il raggiungimento dei normali valori fisiologici.
Tra le varie azioni svolte dalla creatina a livello del sistema nervoso si rileva protezione dall’eccitossicità dovuta a eccessiva stimolazione da parte del glutammato, probabilmente per azione diretta sui recettori NMDA, e interazioni, ancora in parte da chiarire, con altri neurotrasmettitori come GABA e serotonina. Rilevante anche l’effetto neuroprotettivo, dovuto alla maggior quantità di energia che la creatina rende disponibile alla cellula nervosa rendondo quindi possibile un mantenimento più lungo dell’integrità delle membrane e delle molecole preposte alla produzione di energia.
Sulla base di questi dati molti studi hanno indagato gli effetti di un’integrazione di creatina in patologie neurodegenerative: Parkinson, Huntington, distrofie muscolarie e patologie mitocondriali. Recenti revisioni e meta-analisi degli studi condotti non hanno evidenziato effetti apprezzabili per questo tipo di trattamento e, considerando le notevoli variabilità individuali nella risposta, indicano la necessità di ulteriori studi per valutare l’opportunità o meno di integrazione con creatrina in questi pazienti.
Un settore di grande interesse è quello che indaga l’integrazione con creatina per ridurre o rallentare alcuni processi legati all’invecchiamento: ci sono dati che mostrano come la creatina possa contribuire a ridurre colesterolo o trigliceridi, ridurrei livelli serici di omocisteina, ridurre l’accumulo di lipidi nel fegato, migliorare il controllo glicemico, la massa muscolare e la densità ossea. Si tratta di ambiti di applicazione molto interessanti che comunque si basano su dati preliminari che richiedono ulteriore approfondimento.
Le cellule tumorali producono una grande quantità di una forma particolare di creatinchinasi, considerata un marker di sviluppo tumorale. Sia creatina che ciclocreatina, un composto derivato, in vitro sono in grado di interferire con i processi di sviluppo di cellule cancerose. La creatina si è anche mostrata in grado di ridurre il danno ossidativo a carico del DNA e di potenziare in maniera sinergica l’effetto di alcuni farmaci antitumorali. In alcuni studi la somministrazione di creatina ha mostrato di poter ridurre alcuni degli effetti collaterali legati a trattamenti chemioterapici, mentre non risultano apprezzabili miglioramenti legati all’utilizzo di creatina per il trattamento di anoressia e cachessia in soggetti affetti da forme avanzate di cancro.
Studi molto interessanti hanno indagato l’integrazione di creatina in gravidanza per promuovere lo sviluppo neuronale del feto e proteggerlo da asfissia durante il parto. Il feto dipende in larga misura dalla madre per quanto riguarda la riserva di creatina, che passa attraverso la placenta. Secondo alcuni autori la somministrazione di creatina poterbbe quindi essere utili per crescita, sviluppo e sicurezza del feto. [11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24]
Creatina: sicurezza ed effetti collaterali
Non esistono dei significativi effetti collaterali legati all’assunzione di creatina in acuto. Nella vasta mole di studi disponibili i problemi riportati si limitano a leggeri disturbi gastrici, dovuti al consumo di dosi troppo elevate, o a crampi, dovuti a disidratazione. Studi clinici con protocolli di integrazione con quantità di 10g/die e durata superiore ai 300 giorni non hanno fatto registrare effetti avversi significativi.
L’utilizzo di integrazione con dosi elevate di creatina in pazienti con patologie genetiche e neurodegenerative ha mostrato la sicurezza di trattamenti protratti per periodi di tempo molto lunghi, dai 5 ai 10 anni, senza alterazioni apprezzabili della funzionalità renale o epatica.
I pochi casi problematici sono spesso aneddotici e non riferibili a studi di qualità. Studi di qualità che hanno indagato potenziali danni renali e aumento dell’escrezione di creatinina non hanno dato risultati significativi. Numerosi anche i lavori su popolazioni di adolescenti sportivi per i quali non sono stati registrati apprezzabili effetti collaterali.
Molti dei dubbi sull’integrazione con creatina si basano su un singolo caso, ampiamente riportato dai media, di un soggetto affetto da patologie renali che aveva registrato un peggiormanto della velocità di filtrazione glomerulare in seguito a integrazione con creatina. Si tratta ovviamente di una situazione molto particolare e non applicabile alla popolazione generale.
Ovvio che prima di integrare con creatina è NECESSARIO valutare la funzionalità renale e quindi far riferimento al proprio medico. La presenza di patologie renali di qualsiasi tipo è controindicazione assoluta all’uso di creatina, l’unica supportata dai dati attualmente disponibili.
L’integrazione con creatina riduce la produzione endogena a carico di rene e fegato. Il processo è reversibile e l’interruzione dell’integrazione è accompagnata dal ritorno dell’attività di sintesi ai valori di partenza, senza perdita ella forza o della massa muscolare acquistata durante il periodo di integrazione.
L’utilizzo molto diffuso della creatina in ambito sportivo e la sua rilevante efficacia hanno fatto nascere interrogativi di carattere etico sull’opportunità del suo utilizzo in questo ambito. Inizialmente accomunata ad altre pratiche dopanti, spesso con discreta ignoranza e confusione da parte dei detrattori, la creatina nel tempo ha mostrato di non presentare effetti avversi apprezzabili, se non in situazioni patologiche, con effetti positivi non solo sulla prestazione ma anche sulle condizioni di salute dell’atleta.
La valutazione di temi etici è al di là delle mie competenze e dello scopo di questo blog, ma confondere l’integrazione di creatina con l’uso di sostanze dopanti è indice di una scarsa conoscenza del tema e, magari, anche di un pizzico di malafede. Il Comitato Olimpico Internazionale, dopo aver preso in considerazione gli studi disponibili, ha rilevato che non esiste nessun dato a sostegno della messa al bando di creatina, sostanza normalmente presente in carne e pesce, per la quale non esistono test che possano rilevare se l’atleta stia integrando o consumandola con del cibo. In definitiva il carico di creatina è molto simile al carico di carboidrati che viene spesso praticato nella preparazione alla gara per sport di endurance, considerato come pratica accettabile, se non incoraggiata.
Sulla base dei dati disponibili possiamo dire che l’utilizzo di creatina è sicuro non soltanto per gli adulti, ma anche per adolescenti e ragazzi che pratichino attività fisiche molto impegnative. Come sempre l’utilizzo dell’integratore va valutato con attenzione, confrontandosi con medico e nutrizionista – senza affidarsi a praticoni o protocolli pescati in rete — mentre l’uso per il trattamento di particolari patologie va ovviamente valutato in ambito medico.
Un’attenzione particolare va posta nella scelta di integratori di ottima qualità, che non presentino contaminazioni derivanti da processi industriali. Nella produzione di creatina è infatti possibile che si verifichi la formazione di sostanze indesiderate come diciandiammide, diidrotiazina e creatinina, la cui presenza dovrebbe non superare il valore di poche ppm e dovrebbe ovviamente essere la più ridotta possibile.
In conclusione, siamo di fronte a uno dei pochissimi integratori che, almeno in ambito sportivo, ha mostrato di poter dare dei miglioramenti reali nella prestazione, senza apprezzabili effetti collaterali. Più sfumati i potenziali benefici nel trattamento di particolari patologie. Per quanto un’alimentazione sia equilibrata e variata non è possibile aumentare l’introito di creatina senza introdurre un consumo eccessivo di carne e un apporto esagerato di grassi e proteine, quindi l’integrazione appare come una scelta obbligata quando risulti necessario incrementarne il consumo. La quota di ricambio giornaliero è di circa 2 g per un soggetto medio. L’utilizzo di quantitativi pari al ricambio, o comunque inferiori al triplo di questo valore, circa 6 g/die, possono essere considerati una corretta integrazione, soprattutto a scopi sportivi, mentre valori superiori ai 6 g/die devono essere considerati un vero e proprio intervento terapeutico. L’integrazione può anche essere estesa a popolazioni particolari come anziani, donne incinte e adolescenti, ovviamente sempre sotto la guida di un professionista preparato. [25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32]