Per dimagrire non è sufficiente tagliare selvaggiamente le calorie e muoversi di più. Anzi, una strategia di questo tipo può essere controproducente, per gli sconvolgimenti che causa al delicato equilibrio ormonale dell’organismo, soprattutto a carico del cortisolo.
Una buona parte delle persone che intraprendono una dieta non lo fa per motivi di salute: l’obiettivo è quello di recuperare la linea, la forma fisica, spesso idealizzata, magari in tempi ridotti e con massima efficacia. Spesso quindi si assiste a una volontaria restrizione calorica, si mangia di meno, molto di meno. Magari si aumenta anche l’attività fisica, in particolare l’esercizio di tipo aerobico, “cardio” per quelli più alla moda, trascorrendo ore e ore tra tapis roulant, elittiche, lezioni di spinning e altre amenità del genere. E poi, dopo i primi esaltanti successi iniziali, il dramma: la perdita di peso si arresta, la condizione generale peggiora e addirittura il temuto grasso può tornare a salire.
Il quadro descritto è ben conosciuto da molte donne ed è fonte di grande frustrazione e sconforto. Spesso nel tentativo di superare l’impasse si punta ad una dieta ancor più rigida aumentando ancora l’attività fisica, senza alcun risultato se non quello di peggiorare la situazione.
Perché avviene questo? Quali sono i meccanismi che si inceppano e che rendono il dimagrimento sempre più difficile nonostante il pochissimo cibo consumato e la grande mole di attività fisica?
La risposta non è certo semplice ma una serie di studi sul tema possono darci importanti indicazioni. Si tratta di una serie di lavori che vanno ad esaminare la produzione di cortisolo in donne, sia giovani sia in post-menopausa, soggette a restrizione calorica volontaria, quella che in linguaggio di tutti i giorni si definisce dieta. [1, 2, 3]
Il ruolo del cortisolo
Il cortisolo è un ormone che da anni gode di una pessima stampa, al pari della collega insulina, tanto che molti di quegli ameni divulgatori che amano semplificare gli hanno appiccicato addosso l’etichetta di ormone “cattivo”. Niente di più sbagliato: il ruolo del cortisolo è cruciale nel regolare tutta una serie di risposte dell’organismo a variazioni nell’ambiente circostante ed interno.
Il cortisolo è un glucocorticoide secreto dalle ghiandole surrenali, rilasciato in risposta a stress e riduzione dei livelli di glucosio nel sangue. Il suo ruolo è quello di rendere disponibile energia, mobilizzando le scorte di zuccheri, proteine e grassi, e nel contempo di ridurre le attività che potrebbero contribuire al dispendio energetico.
Le attività su cuiil cortisolo ha azione inibitoria sono risposta immunitaria, sintesi proteica, sintesi di DNA, produzione di ormone della crescita e testosterone. In pratica il cortisolo, in situazioni di stress, viene rilasciato al fine di rendere facilmente disponibile una grande quantità di energia, necessaria a far fronte allo stimolo che ne ha determinata la secrezione, dirottando gran parte delle risorse dell’organismo a questo scopo. Fin qui nulla di male, anzi, il cortisolo è elemento chiave del meccanismo “lotta o fuggi” così essenziale alla nostra sopravvivenza. [4, 5, 6]
Quando il rilascio di cortisolo segue il normale pattern giornaliero, con massimo al mattino, coincidente con il risveglio, e minimo nelle prime ore del sonno, momento di riposo e recupero, nessun problema. E nessun problema anche quando il cortisolo viene rilasciato in maniera rapida in risposta ad uno stimolo, per tornare poi, altrettanto rapidamente, una volta superato il pericolo, ai livelli di base.
I problemi nascono quando i livelli di cortisolo divengono cronicamente elevati: in queste condizioni si assiste a un marcato effetto catabolico, con riduzione progressiva della massa magra, un aumento della massa grassa, una glicemia costantemente elevata, una perdita di massa ossea e un aumento della ritenzione di liquidi dovuta alle interazioni del cortisolo con i meccanismi di eliminazione e riassorbimento di sodio e potassio. Anche la memoria a breve termine e il sonno ne soffrono in maniera importante. È in queste condizioni che il cortisolo diventa “cattivo”, determinando una serie di effetti spiacevoli legati alla sua continua secrezione. Se questa situazione si protrae per tempi molto lunghi le conseguenze possono essere decisamente gravi: non si parla soltanto di un aumento di peso, ma di maggior suscettibilità alla sindrome metabolica e al diabete di tipo 2: tutto sommato vale proprio la pena cercare di controllare al meglio la produzione di questo ormone. [7, 8]
Cortisolo e dieta
Due importanti fattori di stess che possono determinare un aumento della secrezione di cortisolo sono restrizione calorica ed esercizio fisico. Proprio così: stare a dieta, specie quando la dieta è molto rigida e restrittiva può determinare un innalzamento del cortisolo.
Il rapporto tra dieta è cortisolo è ben illustrato negli studi che ho menzionato nella parte iniziale dell’articolo. In tutti e tre i lavori la dieta dei soggetti, donne giovani nei primi due, donne in post-menopausa nel terzo, è stata valutata utilizzando il Three Factor Eating Questionary [9], un test che valuta il comportamento alimentare di un soggetto utilizzando tre parametri:
- restrizione calorica volontaria, ossia la riduzione dell’introito di cibo al fine di perdere peso;
- disinibizione, la tendenza a consumare liberamente cibo in risposta a stimoli specifici, come particolari stati emotivi;
- appetito, la tendenza a consumare cibo in risposta a segnali fisiologici.
Negli studi i soggetti erano ripartiti in due gruppi a seconda del loro comportamento alimentare: un gruppo con forte restrizione calorica volontaria, in pratica soggetti a dieta, e un gruppo con ridotta restrizione calorica, soggetti con una dieta normale. Per valutare la secrezione giornaliera di cortisolo è stata fatta una raccolta delle urine nelle 24 ore, in una giornata in cui l’apporto calorico è stato misurato, badando a mantenere costante la ripartizione in macronutrienti dei pasti consumati, senza alcun esercizio fisico e, rigorosamente nei primi dieci giorni successivi al ciclo per le donne giovani, al fine di minimizzare eventuali fattori confondenti.
I risultati delle analisi hanno mostrato un netto aumento dell’escrezione urinaria di cortisolo, corrispondente ad una maggior produzione, per i soggetti con maggior restrizione calorica; un risultato che va a supportare l’ipotesi che la dieta sia un importante fattore di stress in grado di determinare un aumento della secrezione di cortisolo nelle 24 ore.
Da rilevare che attraverso i questionari è stato possibile evidenziare come una dieta rigida fosse spesso associata ad una aumento, anche importante, dell’esercizio fisico, spesso anche molto intenso. Esistono numerosi studi che hanno mostrato come l’esercizio fisico intenso può causare aumento del cortisolo. [10, 11, 12, 13, 14, 15]
Una ulteriore fattore che può contribuire a peggiorare il problema è dovuta alla progressiva riduzione di leptina che si osserva durante una dieta. La leptina è un ormone prodotto dal tessuto adiposo, in grado di modulare la secrezione di cortisolo. Durante una dieta la produzione di leptina si riduce, diminuisce quindi il suo effetto regolatore sul rilascio di cortisolo con ulteriore aumento del’ormone, che va a sommarsi a quello causato da altri fattori. [16]
Alla fine i dati mostrano in maniera evidente che una dieta severa, specie quando accompagnata da un esercizio fisico troppo intenso, può contribuire ad una elevazione cronica del cortisolo, creando una situazione che non soltanto rende vani i sacrifici fatti, ma aumenta anche il rischio di potenziali problemi futuri, dall’osteoporosi alla sindrome metabolica.
Allora che faccio: mangio e dormo?
La conclusione da trarre, sulla base di questi studi, non è certo che dieta e movimento siano un problema. Qui si parla di diete drammaticamente restrittive, spesso con contenuto ridottissimo di carboidrati o proteine, e di esercizio fisico esasperato: un tipo di comportamento che si osserva soprattutto in donne giovani, magari particolarmente preoccupate della propria forma fisica. Un atteggiamento da evitare assolutamente. Purtroppo soggetti con un certo profilo al contrario, nel momento in cui il dimagrimento cala al di sotto delle loro esagerate aspettative, tendono a esasperare ulteriormente restrizione calorica e attività fisica, andando alla fine a turbare il proprio equilibrio ormonale, con il risultato finale di rallentare fino all’arresto la perdita di peso.
La soluzione al problema è tanto semplice quanto controintuitiva: allentare un poco la morsa della dieta, cercando di aumentare la quota riservata ai carboidrati — ovviamente di qualità, non si parla di biscotti, dolci e gelati, ma di cereali integrali, pseudocereali come quinoa e grano saraceno, legumi come ceci e lenticchie — e di prendersi un poco di riposo dall’attività fisica: spesso sono necessari diversi giorni per migliorare in misura apprezzabile la situazione. Ridurre il carico di stress derivante da stili di vita così controllati può contribuire in maniera significativa a rimettere in asse l’equilibrio turbato, riportando il cortisolo sui valori normali.
Non sempre di più è meglio e il nostro organismo non risponde in maniera lineare ai nostri interventi, come spesso ci piacerebbe credere.