C’è chi li chiama cardi, c’è chi li chiama gobbi. Sono piante antiche, dalle grandi coste e dai fiori vistosi. Hanno interessanti proprietà nutritive e sono alla base di molte ricette della tradizione, tipiche dei mesi invernali.
Il cardo, Cynara cardunculus var. altilis, è un pianta nativa dell’area del Mediterraneo, parente stretta del carciofo, che ricorda un poco nel sapore, decisamente amaro.
Il cardo appartiene alla famiglia delle Asteracee, è una pianta erbacea perenne, quiescente nella stagione secca, attiva durante i mesi invernali quando l’apporto idrico è maggiore. Rispetto al cardo selvatico, da cui discende, è più grande, con coste lunghe e tenere e steli esterni più duri e robusti, talvolta ricoperti da spine. In genere le parti esterne e le foglie sono eliminate e si mantiene la parte interna più tenera e gustosa, rimuovendo se necessario le nervature più grandi. Spesso il cardo viene coltivato ricoprendolo parzialmente con terriccio: crescendo alla ricerca della luce la pianta si incurva e per questo motivo in molte zone d’Italia i cardi vengono chiamati gobbi. Ricoprendo lo stelo con carta si ottiene invece una pianta diritta, dalle coste bianche e tenere.
L’origine è antica ma non del tutto chiara. Forse già greci e romani coltivavano carciofi e cardi, ma le prime tracce storiche sicure risalgono al 1600, quando esemplari di cardo compaiono in nature morte di illustri pittori italiani e spagnoli. [1] Tuttora si tratta di un vegetale la cui coltivazione è diffusa sopratutto in Italia, Spagna e Francia. Meno diffuso e noto in altre parti del mondo, con coltivazioni apprezzabili in Argentina ed Australia. Particolarmente rinomato il cardo gobbo di Nizza Monferrato, dalla tipica forma ricurva e dalle coste bianche e tenere.
Le proprietà nutritive dei cardi
100 grammi di coste di cardo apportano appena una ventina di kcal. I carboidrati sono intorno ai 4g, le fibre 2g, le proteine appena un grammo con un contenuto di grassi praticamente trascurabile. Discreto il contenuto di folati, vitamina B6 e vitamina C. Buono l’apporto di manganese, rame, potassio, magnesio e sodio. Il caratteristico sapore amaro è dovuto all’elevato contenuto di composti astringenti, soprattutto fenoli, responsabili anche del rapidissimo imbrunimento delle coste quando queste vengono tagliate. I composti fenolici contribuiscono anche alla rigidezza delle pareti cellulari e infatti le fibre del cardo sono molto dure e resistenti, tanto da dover essere rimosse manualmente o da richiedere una o più bolliture per rendere le coste via via più tenere; i composti fenolici passano infatti nell’acqua di bollitura. Le costa divengono più morbide ma perdono anche gusto. [2]
Nell’estratto dei fiori di cardo, in genere selvatico, sono presenti anche particolari enzimi, principalmente proteasi, che vengono usati come caglio vegetale per la produzione di formaggi in Portogallo, Serra de Estrela e Serpa, e in Spagna, Torta del casar.
Attualmente per il cardo e per le sostanze presenti non esiste un corpus rilevante di ricerca scientifica. L’abbondante componente fenolica presente negli estratti li rende comunque un interessante soggetto di studio relativo alla loro attività antiossidante. Altro composto indagato è la cinarina, che in diversi studi ha mostrato di poter determinare una riduzione significativa dell’ipercolesterolemia. Altro gruppo di sostanze presenti nel cardo e attualmente studiate per la loro potenziale attività antinfiammatoria e citotossica sono i sequiterpeni lattonici. [3, 4, 5]
Il cardo in cucina ovvero “metti un gobbo nel tuo piatto”
C’è chi del cardo mangia i teneri, seppur spinosi, fiori giovani, chi quei fiori li usa per fare il latte, ma nella maggior parte dei casi del cardo si consumano le coste. Al momento dell’acquisto è bene scegliere cardi con coste sode, ampie, mai molli, bianche e incurvate nel caso si acquistino gobbi. Da evitare coste verdi perché dure, fibrose ed amare. I cardi possono essere conservati una o due settimane in frigorifero, meglio se avvolti nella carta. Evitare il congelamento perché rovina completamente le caratteristiche del prodotto.
I cardi vanno puliti prima di essere cucinati, eliminando le coste esterne più dure e asportando le fibre più grandi e tenaci dalle coste più tenere. Una volta pulite le coste vanno spuntate e tagliate in pezzi di una decina di centimetri; per evitare che scuriscano, a causa dell’interazione tra l’aria e i composti fenolici presenti, è sufficiente immergerle in acqua a cui sia stato aggiunto un po’ di succo di limone. I pezzi così ottenuti in genere vengono scottati in acqua bollente per eliminare parte dei composti che danno sapore amaro e per renderli ancora più teneri. I cardi così preparati possono essere utilizzati direttamente in cucina o possono essere conservati per qualche giorno in frigorifero.
Sembra che i cardi siano apprezzati soltanto da portoghesi, spagnoli, francesi e italiani, che ne hanno fatto un elemento importante in tavola durante i mesi invernali. In Spagna per esempio li mangiano lessi con un’ottima salsa alle mandorle. E infatti i cardi sono spesso serviti con salse, oppure gratinati, in padella o lavorati in purea con altri vegetali. Vista la tenacia delle fibre ben si prestano ad essere fritti con pastelle più o meno ricche o a essere aggiunti a minestre o piatti in umido.
La cucina italiana è ricca di ricette che prevedono l’utilizzo di cardi, dai primi, ai secondi, ai contorni, e praticamente ogni regione ha un suo piatto tipico che prevede l’utilizzo di questo coriaceo vegetale. In Molise, questa terra mitica, i cardi si usano per preparare zuppe, mentre in Romagna si fanno in umido, facendoli soffriggere con del lardo. In Toscana si mangiano gratinati o alla parmigiana mentre in Campania sono addirittura protagonisti di primi piatti natalizi come il Cardone Beneventano, una ricca minestra con carne ed uova. Probabilmente tutti li hanno mangiati accompagnati da una salsa di acciughe, una delle tante varianti della bagna cauda piemontese, squisita preparazione a base di acciughe, aglio, olio e latte o burro, da servire calda accompagnata da un misto di verdure, tra le quali dovrebbe sempre essere presente il gobbo di Nizza Monferrato. Da provare, assolutamente.
La ricetta: gobbi alla parmigiana
E chiudiamo con una ricetta gentilmente concessa dalla moglie del nutrizionista: una versione leggera dei gobbi alla parmigiana, come impone la coscienza del professionista della nutrizione. Una delle più classiche maniere di presentare i cardi in tavola, ottima sia come contorno che come secondo piatto.
Ingredienti per 4 persone
- 1 gobbo
- 200 g. Pomodorini datterini
- Parmigiano Reggiano grattugiato (1 cucchiaio testa)
- 2 spicchi d’aglio
- Olio d’oliva (1 cucchiaio a testa)
- ½ bicchiere d’acqua
- Sale q.b.
Procedimento
Togliete i filamenti alle coste e tagliate a pezzetti il gobbo dopo averlo lavato.
Lessatelo in acqua leggermente salata e scolatelo ancora al dente.
Nel frattempo saltare in padella i pomodorini, tagliati a metà, con olio e aglio intero per 7/8 minuti.
Aggiungere al sughetto, da cui avrete tolto l’aglio, i pezzi di gobbo; fate cuocere per almeno 5 minuti.
Spolverare i gobbi con il parmigiano, aggiungere mezzo bicchiere d’acqua calda e girare con un mestolo. Una volta che il parmigiano si sia sciolto, ma non fuso, spegnere la fiamma. Servire in tavola ben caldi.