Per quanto possa sembrare strano il carciofo è un fiore, un’infiorescenza immatura dalle proprietà davvero interessanti, grazie all’elevato contenuto di polifenoli che lo hanno un caposaldo dell’antica medicina popolare oltre che della della cucina mediterranea.
Il carciofo, Cynara scolymus, è il fiore di una pianta erbacea perenne che appartiene alla famiglia delle Asteraceae. La domesticazione —a partire da un progenitore selvatico da cui deriva anche il cardo gobbo, Cynara altilis — è avvenuta nel bacino del Mediterraneo, probabilmente in Sicilia a partire dal I° secolo DC. Varianti selvatiche erano comunque molto apprezzate da greci e latini che attribuivano a questi vegetali poteri afrodisiaci. E come afrodisiaco fu molto ricercato durante tutto il medioevo, con una diffusione sempre maggiore nei paesi dell’Europa meridionale. Pare che sia stata Caterina de’ Medici a introdurre i carciofi, di cui si dice fosse molto ghiotta, in Francia, alla corte di Enrico II, suo regale consorte. Furono poi i colonizzatori spagnoli e francesi a portare il carciofo in America, soprattutto in California e Louisiana.
Attualmente ogni anno vengono raccolte circa 1,5 milioni di tonnellate di carciofi. L’Italia è il maggior produttore mondiale, seguita da Egitto e Spagna. Le zone di maggior produzione sono nel sud del nostro paese e nelle isole: Sicilia, Sardegna e Puglia.
Il nome carciofo deriva dall’arabo kharshuf, ma in alcune zone del nord si utilizza il termine articiocco o articioc, che proviene da l francese artichaut.
Coltivare il carciofo per divertimento e profitto
La pianta del carciofo può raggiungere un metro e mezzo d’altezza. Presenta un rizoma sotterraneo dalla cui gemme si sviluppano i getti, chiamati carducci. I fusti sono diritti e robusti, con evidenti striature longitudinali, con foglie grandi di colore verde grigiastro nella pagina superiore, mentre la pagina inferiore è più chiara e coperta di peluria. La forma delle foglie può variare anche nella singola pianta e dipende dalla varietà, così come la presenza di spine alle estremità dei segmenti foliari.
I fiori sono riuniti a formare un’infiorescenza, posta all’estremità del fusto, chiamata capolino e formata da una parte basale carnosa, il ricettacolo interno, su cui sono inseriti i fiori ermafroditi inframezzati da setole biancastre. L’insieme di fiori e setole è indicata comunemente con il termine di peluria, circondata dalle brattee, più tenere e carnose all’interno, più dure e fibrose all’esterno, strettamente embricate tra loro. La parte commestibile del carciofo è costituita dal ricettacolo, dalle brattee più interne e dalla porzione basale delle brattee esterne: praticamente del carciofo mangiamo una infiorescenza immatura.
Alla fioritura le brattee si aprono e lasciano emergere i fiori. Il frutto è un achenio, secco e con un unico seme, dotato di un’appendice piumosa, pappo, che ne favorisce la disseminazione.
La riproduzione via seme è possibile ma non consigliata per le specie italiane che, a causa della presenza di alleli diversi per numerosi geni, se ottenute dai semi potrebbero avere caratteristiche molto diverse rispetto alla varietà di partenza. Per evitare questi problemi la propagazione della pianta è realizzata utilizzando porzioni del rizoma, ovoli, o i polloni emessi dalle piante più vecchie all’inizio della fase vegetativa, carducci.
Il carciofo cresce bene in ambienti dal clima mite e umido. Il ciclo normale è autunnale-primaverile nelle aree del Mediterraneo, mentre in ambienti più freddi è primaverile-estivo. Il carciofo non ama temperature inferiore a 0°C e risente anche di temperature molto elevate per cui presenta una fase di riposo vegetativo durante l’estate.
L’irrigazione è determinante specie quando il carciofo è coltivato con tecniche di forzatura: a questo scopo si utilizzano varietà autunnali che vengono risvegliate con copiose innaffiatura al termine dell’estate per ottenere una prima raccolta in autunno, seguita da una seconda raccolta in primavera.
Le varietà primaverili, coltivate sopratutto nelle aree costiere dell’Italia centrale permettono invece una sola raccolta che va da febbraio-marzo fino a giugno.
Il carciofo è una pianta perenne e la vita di una carciofaia ben curata può arrivare fino ai dieci anni. La pianta preferisce terreni profondi, freschi, di buona struttura e pH neutro, ma può adattarsi a situazioni diverse. La concimazione è essenziale per garantire una buona produzione, con utilizzo di fertilizzanti a base di fosforo, potassio e azoto. Altrettanto importante è il controllo delle infestanti, graminacee e acetosella, e l’irrigazione, essenziale per l’anticipo della produzione nelle varietà autunnali, ma comunque necessaria per tutte le varietà durante il periodo estivo.
La raccolta delle varietà precoci inizi ad ottobre, mentre quella delle varietà primaverili tardive termina a giugno. Il numero di raccolte varia da 3-4 a 15-20; il numero di capolini prodotti da una singola pianta va da 5 a 15. La resa tipica è di 60-120 quintali per ettaro.
I capolini vengono selezionati in base a pezzatura, freschezza e sanità e possono essere destinati al mercato fresco, per il consumo diretto, o all’industria conserviera per la produzione di carciofini sottolio, al naturale o surgelati.
Il carciofo è una pianta resistente ma può essere danneggiata dal gelo, dal caldo eccessivo che determina malformazioni del capolino, dall’attacco di numerose specie di insetti, da roditori e da alcuni funghi.
Alcune delle varietà più diffuse coltivate in Italia sono il carciofo romano o”mammola”, grande e tenero, specie se si scelgono i capi che crescono al centro della pianta, i cimaroli, il carciofo spinoso sardo, il carciofo violetto di Sant’Erasmo, isola della laguna veneta, il carciofo catanese, il carciofo spinoso di Palermo e il carciofo violetto di Toscana.
Le proprietà nutritive del carciofo
Un carciofo piccolo, dal peso di circa 100 grammi, dà un apporto calorico ridotto, poco più di 20 kcal. Il contenuto di carboidrati disponibili è modesto, appena 2 g, mentre è molto elevato quello di fibre, superiore ai 5 g. I grassi sono praticamente assenti, l’apporto proteico è di circa 3,3 g.
Discreto il contenuto di vitamine, sono presenti soprattutto folati, vitamina C e vitamina K, con un discreto apporto complessivo di vitamine del gruppo B. Per quello che riguarda i minerali, i carciofi sono ricchi di magnesio, potassio, rame, fosforo e ferro.
Il carciofo è particolarmente ricco di polifenoli, la cui presenza è immediatamente evidente una volta che il capolino fresco viene tagliato: questi composti reagiscono infatti con l’ossigeno formando composti dal colore scuro. La cottura o l’utilizzo di limone riducono questo effetto.
I polifenoli sono anche responsabili del gusto astringente del carciofo, causato dalla reazione di questi composti con le proteine presenti nella saliva. Ad uno dei polifenoli presenti, la cinarina, è dovuto un curioso effetto legato al consumo di carciofi, soprattutto freschi: quello di rendere il gusto dei cibi consumati dopo aver assaggiato il carciofo decisamente più dolce. La cinarina lega infatti in maniera selettiv i recettori del dolce presenti sulla lingua: quando viene rimossa dal boccone successivo, la riattivazione dei recettori causa un forte contrasto che fa apparire il cibo gustato più dolce. [1, 2]
Carciofo: i benefici per la salute
L’utilizzo del carciofo come pianta medicinale risale all’antichità, soprattutto per il trattamento di patologie epatiche e per stimolare la produzione di bile. Le proprietà attribuite al carciofo dalla medicina popolare sono tantissime, aperitivo, antitossico, depuratore del sangue e diuretico, con l’utilizzo di infusi di varie parti della pianta.
La fama popolare del carciofo trova conferma nei dati che arrivano dalla ricerca: in effetti una rilevante mole di studi mostra tutta una serie di effetti benefici sia in vitro, sia in vivo e anche in studi clinici. In questi lavori sono stati utilizzati estratti delle foglie e estratti della parte commestibile. L’azione epatoprotettiva è stata confermata nel modello animale, unitamente ad una rilevante capacità di aumentare l’attività dei principali enzimi ad azione antiossidante. In diversi studi clinici l’integrazione con estratti di carciofo ha fatto registrare una riduzione dei trigliceridi, del colesterolo totale e di quello LDL. Estratti di carciofo mostrano una potente azione antinfiammatoria a livello dei vasi e della pelle, con un interessante effetto anti-età registrato in lavori che hanno fatto uso di creme dall’apposita formulazione. Infine, studi in vitro hanno evidenziato una significativa attività anticarcinogenica per estratti di foglie e di infiorescenze di carciofo.
Questa importante messe di effetti è dovuta all’elevatissimo contenuto di polifenoli e flavonoidi delle varie parti della pianta. La presenza di queste sostanze dipende da molti fattori: la genetica è importante — con alcune varietà decisamente più ricche di altre — le condizioni ambientali hanno un’influenza notevole — natura del terreno, stress idrico — e anche lo stato di maturazione ha un impatto significativo.
Un ruolo importante lo giocano i derivati dell’acido caffeico, tra cui l’acido clorogenico, l’acido neo-clorogenico e la cinarina. Tra i flavonoidi sono abbondanti soprattutto derivati della luteolina, una sostanza dalla potente azione antiossidante, in grado di condizionare l’attività di numerosi enzimi coinvolti in diverse vie metaboliche.
Al di là delle variazioni dovute a genetica, condizioni ambientali e stato di maturazione, la presenza di questi composti è sempre rilevante, e le varie sostanze appaiono resistere ai processi digestivi che anzi ne migliorano l’estrazione dalla matrice del cibo. Anche l’assorbimento e la disponibilità a livello plasmatico risultano interessanti, con concentrazioni plasmatiche significative a 30 e 90 minuti. In sostanza questi studi mostrano che le sostanze biologicamente attive presenti nei carciofi consumati con la dieta sono effettivamente biodisponibili ed assorbite in concentrazioni tali da poter dare concreti benefici. In primo luogo proprio a livello dell’intestino, dove la presenza di questi potenti antiossidanti potrebbe avere un significativo effetto protettivo nei confronti delle specie reattive che si formano durante i processi digestivi, contribuendo alla prevenzione dei tumori di tenue, colon e retto. [3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14]
Il carciofo è estremamente ricco di fibre e buona parte di queste sono in forma di inulina, un polimero del fruttosio che ha una importante azione prebiotica e può contribuire ad aumentare soprattutto la popolazione di bifidobatteri a livello del microbiota intestinale. L’inulina ha quindi un ruolo positivo nella nostra alimentazione, con la significativa eccezione di quei soggetti che presentano aumentata sensibilità ai FODMAP, per i quali il consumo di questa fibra alimentare potrebbe essere causa di gonfiori, dolori e alterazioni del transito intestinale: i carciofi sono infatti tra gli alimenti da evitare durante la fase di eliminazione di una dieta FODMAP.
Il carciofo in tavola
Le varietà di carciofo in commercio presentano dimensioni molto diverse, quindi le dimensioni del capo non sono indice di qualità. Cercate invece di scegliere capi compatti e pesanti, con brattee fresche e ben chiuse, scartando quelli con brattee scolorite o annerite, indice di poco freschezza. Evitate anche i carciofi con le brattee aperte, ormai prossimi a maturazioni e quindi legnosi.
I carciofi vanno ripuliti in acqua corrente e bagnati in acqua acidulata per impedirne l’annerimento dovuto alla elevata quantità di polifenoli presenti. L’estremità apicale va rimossa, specie nelle varietà dotate di spine, così come il gambo e le brattee più esterne e dure.
I carciofi puliti possono essere conservati in frigorifero per 4 o 5 giorni. I carciofi freschi, che altro non sono che infiorescenze immature, se conservano ancora il gambo possono essere conservati in un vaso con il gambo immerso nell’acqua, proprio come si fa con i fiori. Dopo la cottura i carciofi sono facilmente deperibili e possono essere conservati in frigorifero per due giorni al massimo. I carciofi , particolarmente i cuori,o i capi di varietà di piccole dimensioni, possono essere conservati in acqua salata o acidulata, sottolio o surgelati, in quest’ultimo caso fino a 6-8 mesi.
I carciofi sono buonissimi crudi, in pinzimonio, soprattutto se avete cura di scegliere le parti più tenere del capo. La peluria interna, il fieno, andrebbe eliminato perché è particolarmente allappante.
I carciofi possono essere cotti in tanti modi diversi: al vapore, bolliti, in padella o fritti. La cottura in acqua bollente richiede 20-30 minuti, a seconda delle dimensioni, ed è bene che i capi siano ben immersi e l’acqua sia salata. Da evitare l’uso del bicarbonato che conferisce al carciofo un allarmante colore blu-verdastro, e di tegami in ferro e alluminio che possono favorirne l’annerimento. I carciofi interi sono buonissimi se riempiti con pangrattato, erbe aromatiche, carne o altri ingredienti e cotti in umido o al forno.
I carciofi fritti sono una delle vere gioie del palato sia tagliati a spicchi, infarinati e passati nell’uovo, sia interi. Il carciofo alla Giudia, caposaldo della cucina di Roma, è un carciofo intero, rigorosamente della varietà “mammola”, fritto in olio di oliva o di semi a 170°C. Ai romani i carciofi devono piacere davvero molto, altra celebre ricetta capitolina è infatti quella dei carciofi alla romana: ancora una volta si utilizza la varietà mammola, con i carciofi che in questo caso sono stufati in olio d’oliva con aglio, prezzemolo e l’obbligatoria mentuccia. Il carciofo è una delle verdure caposaldo della cucina mediterranea e lo troviamo come importante ingrediente della torta di pasqua tipica della Liguria, mentre in Sicilia sono spesso serviti ripieni con pangrattato o mollica di pane raffermo.
Unica avvertenza: la presenza dei polifenoli, in particolare della cinarina , cambia in maniera drammatica la percezione del gusto degli alimenti e delle bevande che accompagnate al carciofo, per questo motivo è bene evitare di abbinare piatti che li contengono come ingredienti a vini di qualità.
Viste le interessanti proprietà nutritive e la copiosa produzione nazionale, sarebbe proprio il caso di consumare un poco più di frequente questa verdura che accompagna la nostra cultura da oltre due millenni. Mettere un fiore in tavola non è cosa di tutti i giorni.