Non passa giorno senza che sui media questa o quella sostanza, ovviamente” chimica”, di sintesi, sia descritta come mortale pericolo, causa di cancro e di infinite e luttuose patologie. La situazione è molto più complessa di quanto riportato nei titoli roboanti e acchiappaclick che vanno per la maggiore. Non necessariamente sostanze risultate cancerogene in laboratorio lo sono nel mondo reale, in vivo. E non tutte le sostanze cancerogene sono “chimiche”, anzi. Ce lo spiega Bruce Ames, l’uomo che ha ideato il test con cui si valuta la capacità di una sostanza di causare mutazioni e, quindi, il cancro.
Bruce Ames è uno scienziato americano, uno di quelli vecchio stampo, che ha speso la sua carriera a studiare il cancro e i fattori che ne sono causa. Nello foto che lo ritraggono indossa il farfallino d’ordinanza e un’espressione sicura, testimonianze di una lunga carriera iniziata negli anni 50 del secolo scorso e costellata di lavori importanti, in primo luogo la messa a punto di un efficace test per determinare la capacità di una sostanza di causare mutazioni.
Racconta Ames che l’idea nacque leggendo la lista degli ingredienti sulla confezione delle patatine che stava mangiando. In quel periodo Ames stava studiando alcuni ceppi di Salmonella: fu quasi spontaneo chiedersi se quelle sostanze dal nome complicato potessero causare mutazioni nei suoi batteri. Così Ames mise a punto un test per valutare la mutagenicità di una determinata sostanza, utilizzando ceppi mutanti dei batteri oggetto dei suoi studi.
Il test ideato da Ames è molto rapido ed economico rispetto ai test su animali, lunghi e dispendiosi: utilizzando dei topi in genere i primi risultati sono disponibili dopo circa tre anni. Ames e colleghi, nei primi anni 70, hanno utilizzato il loro test per valutare una serie di sostanze di uso comune, e ne hanno individuate alcune — come il Tris BP (Tris [2,3-dibromopropil] fosfato), un ritardante di fiamma utilizzato nella produzione di abiti per bambini, e l’AF 2 (Furilfuramide), un additivo alimentare molto utilizzato come conservante in Giappone — decisamente pericolose e prontamente eliminate dall’uso. Ames è diventato così uno dei primi eroi del movimento ambientalista.
La patente di eroe è stata prontamente ritirata qualche anno dopo, quando nuovi lavori e dichiarazioni dello scienziato hanno scatenato feroci controversie. Dichiarazioni di certo poco popolari e addirittura incendiarie, nell’attuale clima di sospetto e paura che circonda tutto ciò che non è naturale e quindi buono per definizione. Un piccolo campionario del pensiero di Ames:
“Penso che i pesticidi permettano di diminuire l’incidenza del cancro”
“L’inquinamento è probabilmente una falsa pista nelle studio delle cause del cancro”
“Gli ambientalisti producono un flusso costante di studi mirati a suscitare paura basati su premesse scientifiche superficiali”
“I test standard su animali, eseguiti con dosi elevate, sono praticamente inutili nel predire il rischio che una sostanza presenta per l’uomo”
“Il 99.9% delle sostanze mutagene cui siamo esposti ogni giorno è di origine naturale. Consumiamo oltre 50 composti tossici ogni volta che mangiamo dei vegetali”
“È impossibile debellare completamente il cancro, anche se eliminiamo tutti i fattori di rischio”
“Circa la metà di tutte le sostanze naturali esaminate, così come la metà dei prodotti di sintesi, risulta cancerogena quando viene testata su batteri o topi ad alte dosi”
Forse che il buon Ames è impazzito, come capita talvolta a qualche luminare che magari si mette a negare l’utilità dei vaccini? Non è il caso. Le posizioni dello scienziato sono ben argomentate e presentano spunti di riflessione molto importanti. Sicuramente un aiuto, per valutare in maniera più critica e cosciente molti degli allarmistici proclami che tanta presa hanno su un pubblico frastornato da allarmi continui e, spesso, ingiustificati. [1, 2]
Ma partiamo dall’inizio, e vediamo di capire come funziona il test, le radici della controversia e anche le interessanti ipotesi che Ames fa sulla genesi del cancro e sui fattori che possono favorirla.
Come funziona il test di Ames
La struttura del DNA è la stessa per tutti gli esseri viventi, quindi i batteri possono essere utilizzati per identificare dei mutageni in maniera rapida, senza dover aspettare mesi o anni, come avviene quando si utilizzano come cavie dei mammiferi, il cui ciclo vitale è molto, molto più lungo di quello di un microrganismo: due o tre anni per un topo contro una ventina di minuti per un batterio. Il test di Ames utilizza diversi ceppi di Salmonella typhimurium, portatori di mutazioni in un gene che codifica per una proteina coinvolta nella sintesi di istidina, un aminoacido. A causa di queste mutazioni i batteri non sono in grado di crescere in terreni di coltura privi di questo composto: sono auxotrofi per l’istidina, come si dice in gergo scientifico.
Questi batteri vengono fatti crescere in terreni contenenti dosi progressivamente crescenti della sostanza da testare e una piccola quantità di istidina, che permette la crescita iniziale delle colonie e quindi l’opportunità di generare mutanti. Alcuni di questi mutanti saranno dei revertanti: a causa di mutazioni acquisiranno di nuovo la capacità di sintetizzare istidina e potranno crescere comunque, nonostante l’assenza dell’aminoacido nel mezzo di coltura. In pratica avremo una crescita batterica ridotta o assente se la sostanza testata non è un mutageno, mentre la crescita sarà rilevante, con formazione di numerose colonie, quando la sostanza in esame è in grado di indurre mutazioni.
Messo alla prova su mutageni noti il test è riuscito a individuarne il 70-90%: si tratta quindi di uno strumento utile a individuarne di nuovi. Per meglio simulare le condizioni che si osservano in vivo, nei mammiferi, al terreno di cultura si aggiunge anche un estratto di enzimi epatici di ratto: alcune sostanze infatti non sono mutagene di per sé, ma possono diventarlo per azione degli enzimi di detossificazione presenti nell’organismo.
Nella maggior parte dei test l’effetto dose/risposta è quasi sempre lineare: un risultato che suggerisce che non esista una soglia di sicurezza, una concentrazione della sostanza al di sotto della quale non si ha mutagenesi. Ames ha però fatto notare che a concentrazioni molto basse del mutageno, quelle che si hanno effettivamente in vivo, diviene importante il ruolo dei meccanismi di riparazione del DNA, in grado di eliminare le mutazioni man mano che si formano; inoltre parte degli effetti osservati alle elevate concentrazioni utilizzate nel test possono in realtà non essere dovuti all’azione mutagena dei composti, ma alla loro azione mitogenetica, cioè alla loro capacità di stimolare la divisione batterica.
Va sottolineato che i mutageni identificati con questo test non devono necessariamente essere considerati cancerogeni: si tratta di un primo passo che richiede accurate valutazioni successive con test su cellule eucariotiche e studi in vivo su animali. Esiste comunque una forte correlazione tra gli effetti mutageni rilevati attraverso il test di Ames e l’effettiva cancerogenicità nell’uomo. [3, 4, 5, 6]
Ames e la controversia sul cancro
Il test di Ames è una pietra miliare della ricerca ma il buon dottore non ha certo riposato sugli allori e, dopo aver introdotto e perfezionato il test, ha lavorato ancora a lungo sul tema. Molto interessanti i suoi studi sul ruolo che i radicali liberi hanno nel causare mutazioni, nella genesi di numerose malattie degenerative e nell’invecchiamento. E ancor più interessante il suo studio dei primi anni ’90 in cui ha esaminato natura e quantità di un gran numero di sostanze presenti in frutta e verdura, non limitandosi a prodotti di sintesi ma indagando anche le sostanze naturalmente presenti nei vegetali. Le conclusioni a cui è arrivato possono essere, per molti, sconcertanti:
Circa il 99,9% delle sostanze chimiche che consumiamo sono naturali. La quantità di pesticidi di sintesi presenti nei vegetali sono insignificanti se paragonate alla quantità di pesticidi naturali prodotti dalle piante stesse. Il 99,9% dei pesticidi che ingeriamo sono assolutamente naturali: si tratta dei composti che le piante producono per difendersi da funghi, insetti e predatori.
Abbiamo stimato che un soggetto tipo ingerisca in media dai 5.000 ai 10.000 differenti pesticidi naturali ogni giorno: ogni persona consuma circa 1.500 mg di pesticidi naturali al giorno, una quantità 10.000 volte maggiore degli 0,09 mg di pesticidi di sintesi ingeriti contemporaneamente.
Nello studio Ames fa notare che soltanto una piccola parte di questi pesticidi naturali presenti nelle piante è stata sottoposta al test di Ames, poco più di una cinquantina, e che di questi oltre il 50% è risultato mutageno ad alte concentrazioni, una percentuale molto simile a quelle delle sostanze di sintesi testate.
In definitiva secondo Ames la quantità di pesticidi ed inquinanti che consumiamo con la dieta è decisamente molto ridotta rispetto alla quantità enorme di sostanze naturalmente presenti negli alimenti. E una quota addizionale di sostanze potenzialmente pericolose si forma durante la cottura, altri 2 grammi circa di composti, alcuni dei quali risultati cancerogeni al test di Ames o sui topi: idrocarburi policiclici, ammine eterocicliche e nitrosammine. [Per avere un’idea degli ordini di grandezza di cui si parla leggete questo articolo]
Ames porta come esempio il caffè, una delle bevande più consumate nel mondo. Una singola tazza — presumibilmente americana, quindi abbondante — contiene circa 10 mg di composti mutageni al test di Ames e identificati come cancerogeni in test su animali: una quantità pari ad un terzo dell’intera somma di pesticidi di sintesi assunti in un anno attraverso gli alimenti.
Ames sottolinea che il nostro organismo possiede strumenti che sono in grado di contrastare gli effetti di queste sostanze. Questi strumenti non sono specifici ma generali, vista l’enorme mole di composti tossici con cui l’uomo ha avuto a che fare durante l’evoluzione: le cellule di quelle parti del corpo che vengono a contatto con queste sostanze sono continuamente eliminate e sostituite, dalla pelle alle mucose dell’apparato digerente e respiratorio; le cellule esposte all’azione di mutageni e ossidanti sviluppano robuste difese nei confronti di questi; il fegato lavora attivamente per la detossificazione e l’escrezione di questi composti; infine a livello del DNA sono attivi meccanismi di riparazione in grado di eliminare gli errori dovuti all’azione dei mutageni. Si tratta quindi di meccanismi efficaci sia nei confronti delle tossine presenti nelle piante, sia nei confronti di composti di sintesi.
Ovviamente Ames non intende certo dire che consumare caffè o verdure sia cancerogeno o che si possa irrorare di diserbanti con allegria il nostro orticello. La conclusione di Ames è che l’esposizione a questi composti di sintesi — anche quando queste sostanze siano risultate positive al test di Ames o a studi su animali — sia un fattore di trascurabile importanza nella genesi del cancro, quando paragonata all’esposizione ben più importante a sostanze mutagene naturalmente presenti negli alimenti, a quelle che si formano durante la cottura o a quelle inalate da fumatori.
E così Ames è passato da eroe degli ambientalisti a servo delle multinazionali nel giro di un singolo studio — e senza aver mai lavorato per la Monsanto, aggiungiamo noi. [7, 8, 9, 10, 11, 12]
Ames e le cause del cancro
Secondo Ames le principali cause del cancro sono mutagenesi, danni al DNA, e mitogenesi ossia stimolazione della divisione cellulare. Le sostanze mutagene producono appunto danni al DNA che portano le cellule a dividersi senza più alcun controllo. Ovviamente è necessario un certo numero di mutazioni prima che una cellula normale si trasformi in cellula tumorale e cominci a proliferare incontrollata. Viene spontaneo pensare che tutti i mutageni siano sostanze esterne — prodotti chimici, come molti amano chiamarli — ma in realtà una buona parte di questi mutageni vengono prodotti nel nostro corpo, durante i normali processi metabolici, particolarmente a livello dei mitocondri, le centrali energetiche della cellula: è proprio in questi organelli che si forma una rilevante quota di radicali liberi, sostanze aggressive in grado di produrre significativi danni a livello del DNA. Sono quindi i processi respiratori che avvengono nella cellula a produrre la maggior parte dei problemi: Ames calcola che in un giorno possano verificarsi circa 10.000 danni di tipo ossidativo al DNA di ogni singola cellula. Ovviamente questi danni vengono prontamente riparati da meccanismi molto efficienti, ma non perfetti: nel tempo, i danni tendono ad accumularsi e vanno a sommarsi a quelli a carico di proteine e lipidi, ancora dovuti all’azione dei radicali liberi.
La presenza di questi danni a livello del DNA si traduce in mutazioni quando la cellula si divide. Le cellule con un elevato ritmo di divisione rischiano di trasformarsi in cellule cancerose con maggior facilità rispetto a quelle che si dividono con minor frequenza. Tutti gli agenti che stimolano la divisione cellulare devono quindi essere considerati fattori di rischio: gli estrogeni, che causano proliferazione nelle cellule del seno; i virus di epatite B e C e l’alcol, che provocano lesioni nel fegato e quindi proliferazione delle cellule epatiche per ridurre il danno; un consumo elevato di sale o infezioni da Helicobacter responsabili dell’infiammazione della mucosa dello stomaco; il papilloma virus che induce proliferazione delle cellule della cervice; amianto o fumo di tabacco che irritano le vie aree e i tessuti del polmone. Per molte delle sostanze chimiche individuate come cancerogene l’esposizione abituale deve essere molto vicina alla dose tossica, perché l’effetto possa essere significativo: una condizione che si osserva in genere in chi ogni giorno maneggia per lavoro grandi quantità di questi composti. A queste concentrazioni però, più che l’effetto mutageno prevale un vero e proprio effetto citotossico, con lesioni estese a carico di diverse componenti cellulari.
Ames fa notare che l’incidenza del cancro aumenta decisamente con l’età: si tratta quindi di una malattia degenerativa legata all’invecchiamento. Fattori esterni possono aumentare il rischio, come il fumo nell’uomo, oppure ridurlo, ad esempio la restrizione calorica nei roditori, oggi così studiata. Sicuramente un fattore di rilievo nel determinare il rischio è il metabolismo basale: tanto più questo si presenta elevato tanto maggiore risulta la produzione dei radicali liberi, così importanti nel determinare lesioni a livello del DNA.
Ames ritiene che tra le cause del cancro possa esserci una carenza di vitamine e minerali. Questi micronutrienti sono indispensabili per mantenere un’elevata efficienza dei mitocondri e dei processi di riparazione cellulare, con una rilevante riduzione del rischio di mutagenesi. A questo proposito Ames ha proposto la teoria del triage, secondo la quale, in caso di carenza di questi micronutrienti — evento molto frequente nella nostra storia evolutiva — l’organismo tende a utilizzarne le ridotte quantità disponibili per quei processi critici necessari per la sopravvivenza a breve termine. In queste condizioni vengono penalizzate tutte quelle attività che sono invece responsabili della sopravvivenza a lungo termine, tra le quali quei meccanismi di riparazione del DNA, essenziali nel prevenire mutazioni, e delle lesioni di tipo ossidativo a carico di proteine e lipidi. [13, 14]
Tra i micronutrienti studiati da Ames abbiamo il magnesio, la vitamina D, la vitamina K, il selenio, lo zinco, la vitamina B12, i folati, il ferro. La carenza di ognuna di queste sostanze costringe l’organismo a scelte difficili, dirottando le minime quantità disponibili del nutriente alle attività necessarie per l’immediata sopravvivenza, a scapito di quei processi che sono invece essenziali per mantenere l’integrità di mitocondri e DNA.
Ames conclude quindi che la carenza di questi micronutrienti, un problema probabilmente più diffuso di quanto non si ritenga, possa essere pericolosa per la nostra salute, un fattore di rischio per il cancro molto più importante della piccola quantità di pesticidi che possono essere presenti in frutta e verdura. Anzi, arriva alla paradossale conclusione che una riduzione dell’uso degli agrofarmaci possa essere un danno per la salute, specie dei soggetti più poveri: rinunciare ai pesticidi comporta infatti una riduzione della produzione di verdure e frutta, un aumento dei prezzi sul mercato e quindi una riduzione del consumo da parte di chi non ha soldi sufficienti per permettersi i costosi alimenti.
“Penso che il futuro della prevenzione di cancro e malattie degenerative non stia in nuovi farmaci, ma in una maggior cura per nutrizione e metabolismo. Domani magari avremo un sistema semplice ed economico per analizzare campioni di sangue, magari un semplice congegno casalingo. La macchina valuterà che hai un carenza di magnesio e ti invierà un messaggio sullo smartphone ricordandoti di mangiare un bel piatto di spinaci ogni tanto. Oggi tutti conoscono il valore del loro colesterolo ma in futuro conosceremo anche quello di magnesio, zinco, vitamina D e tutti gli altri micronutrienti.”
Perché quello che dice Ames è importante
Bruce Ames è un biochimico. Un ricercatore con una splendida carriera, ma comunque una singola voce. Il parere di un esperto è soltanto un’opinione personale, certo si tratta dell’opinione di chi studia il tema da una vita ma, come ho scritto in un altro articolo, non ha valore scientifico se non supportata da dati. E sul tema Ames porta dati interessanti, con i suoi lavori scientifici.
Certo la sua posizione su pesticidi e inquinanti può apparire stonata rispetto al coro prevalente nei media, ma è importante spunto di riflessione. In sostanza Ames afferma che concentrare in maniera maniacale l’attenzione su sostanze presenti in quantità ridottissime negli alimenti — soprattutto quelle di sintesi, immediatamente bollate dall’aggettivo chimiche, utilizzato in senso dispregiativo — e nell’ambiente può essere controproducente perché distoglie da quelli che dovrebbero essere gli interventi prioritari su alimentazione e stile di vita:
“Non voglio dire che non esistano dei problemi reali con alcuni prodotti chimici, ma in certi casi se ne amplifica in maniera esagerata la pericolosità. Se le nostre limitate risorse sono dirottate dalla risoluzione di problemi importanti ad interventi su temi di scarsa o nulla importanza non facciamo certo un favore alla popolazione”
Purtroppo sono in genere i temi di scarso rilievo ma di sicura presa mediatica a catturare l’attenzione del pubblico. Si mangia troppo, si mangia male, ma ci si preoccupa di tracce infinitesimali di un qualche composto chimico nel nostro vino. Tracce migliaia di volte inferiori alla soglia di rischio. Mentre di alcol, un cancerogeno di classe 1, se ne buttano giù ogni giorno decine di grammi.
Ames non ha mai lavorato per l’industria, non ha fatto né consulenze né perizie per aziende. Non pubblica libri, non va in televisione, non vende diete dell’immortalità, detossificanti o rigeneranti. È uno scienziato che fa il suo lavoro. Osserva, avanza ipotesi, testa sperimentalmente, verifica se i dati supportano le ipotesi. E dai numeri e dai dati trae delle conclusioni.
Il suo consiglio, alla fine, è banale: consumate più verdura e più frutta, mantenetevi in forma e siate attivi. Mettete il vostro organismo in condizione di lavorare al meglio delle proprie possibilità, fornite qui micronutrienti, vitamine e sali minerali, così importanti per l’efficienza dei nostri meccanismi di riparazione e difesa dalle ingiurie del tempo, della respirazione, di contaminanti e altre sostanze estranee. Concentratevi sul migliorare il complesso della vostra alimentazione e del vostro stile di vita e prestate minor attenzione a particolari che, tutto sommato, sono irrilevanti.
Vi lascio con un’altra citazione di Ames, una che mi sento di condividere in pieno:
Sarà l’inarrestabile progresso della moderna tecnologia e della ricerca scientifica che più probabilmente ci condurrà a un calo della mortalità per cancro, ad una riduzione dei difetti alla nascita, alla diminuzione dell’inquinamento e ad un aumento della durata della nostra vita.
Un lavoro di Ames sul tema Inquinamento, pesticidi e cancro, in cui spiega con chiarezza le proprie idee sul tema.