L’utilizzo di una dieta senza glutine e caseina per trattare bambini con autismo — o come più correttamente si dovrebbe dire Disturbi dello Spettro Autistico (DSA), visto la varietà dei sintomi con cui si manifesta — ha destato un interesse crescente a partire dai primi studi degli anni settanta, fino a diventare un trattamento molto popolare nel campo delle terapie alternative, con oltre il 35% delle famiglie con bambini autistici che afferma di averla utilizzata, riportando in maniera aneddotica miglioramenti nel comportamento del piccolo paziente.
Autismo e dieta: la teoria dell’eccesso di oppioidi
Il supposto legame tra alcune componenti della dieta e l’autismo si basa sulla Teoria dell’eccesso di oppioidi proposta da Panksepp e ripresa e ampliata da Reichelt. Secondo questi autori le cause dell’autismo sarebbero di natura metabolica, in particolar modo sarebbero proprio glutine e caseina a scatenare i disturbi in soggetti sensibili.
Le proteine che costituiscono il glutine si trovano in alcuni cerali come grano, orzo e segale mentre le caseine sono proteine tipiche del latte. Per azione degli enzimi digestivi da queste molecole si formano dei peptidi, brevi catene di aminoacidi, come gluteomorfine e β-casomorfine, che in soggetti con una alterata permeabilità della barriera intestinale potrebbero essere assorbiti e passare in circolo.
Secondo la teoria, se i peptidi sono presenti in quantità elevata possono passare la barriera emato-encefalica, andando ad interferire con lo sviluppo e le funzioni del sistema nervoso centrale, causando i disturbi dell’attenzione, dell’apprendimento e delle funzioni cognitive e di relazione che sono caratteristiche dell’autismo.
La teoria è suggestiva ma presenta diversi punti deboli: in primo luogo non tutti i soggetti autistici soffrono di un aumento della permeabilità intestinale, presente soltanto in un numero limitato di casi; inoltre non sono state registrate tracce di oppioidi nelle urine di pazienti con DSA, anche utilizzando metodi di rilevazione estremamente sensibili, mentre ci aspetterebbe di trovarne se la loro concentrazione ematica, dovuta al maggior assorbimento intestinale, fosse più elevata, come previsto dalla teoria. Tutto questo non ha fermato il cialtrone Wakefield dall’utilizzarla come base per il suo famigerato studio che postulava un legame tra vaccini e autismo, studio ritrattato e screditato quando si sono scoperti gli interessi economici che guidavano il disonesto ricercatore.
Al di là della validità o meno della teoria, è interessante valutare cosa dicono gli studi scientifici riguardo agli effetti di una dieta priva di glutine e caseina nel trattamento dell’autismo, anche a fronte della gran massa di miglioramenti o addirittura remissioni che sono riportate da famiglie o, molto più spesso, da praticoni di pseudoscienza e medicina alternativa. [1, 2, 3, 4 , 5]
Autismo e dieta: cosa dicono gli studi scientifici
Sul legame tra autismo e dieta esiste un discreto numero di studi. Molti di questi presentano però problemi di metodo non trascurabili: un numero limitato di soggetti, mancanza di gruppi di controllo, durata ridotta e rilevamento degli effetti della dieta non standardizzato, spesso indicato dai genitori. Sono tutti fattori che espongono questi lavori ad un gran numero di fattori confondenti che possono alterarne il risultato in maniera importante.
Inoltre, quando la rilevazione degli effetti della dieta è lasciata ai genitori lo studio potrebbe soffrire del bias di conferma: se i genitori sanno che il loro figlio sta seguendo una dieta senza glutine e caseina e pensano, o sperano, che questa dieta possa essere efficace, allora aumenterà la probabilità che possano riferire di miglioramenti apprezzabili, anche quando in realtà questi non siano presenti.
Esiste tuttavia un piccolo numero di studi clinici molto rigorosi che ha testato la bontà di diete senza glutine e caseina nel trattamento dell’autismo. Si tratta di studi in doppio cieco, in cui cioè né i pazienti né i ricercatori sono al corrente di che tipo di alimento stiano consumando i soggetti, randomizzati, in cui i pazienti sono stati assegnati in maniera casuale al gruppo di controllo o a quello soggetto a dieta senza glutine e caseina, e in cross-over, in cui cioè i vari gruppi sono stati sottoposti a fasi alterne a diete di controllo o a diete senza glutine e caseina.
Alcuni di questi studi hanno avuto anche una durata rilevante, sette mesi e mezzo, e hanno previsto una rigida fase di eliminazione di tutti gli alimenti contenenti glutine e caseina, seguita dal reinserimento in stadi successivi di alimenti contenenti glutine, alimenti contenenti caseina e alimenti contenenti glutine e caseina insieme.
Le famiglie e i pazienti sono stati seguiti da dietisti e nutrizionisti esperti, in modo da garantire un adeguato apporto di macro e micronutrienti. Una particolare cura è stata posta nella preparazione dei cibi, in modo da rendere del tutto indistinguibili quelle contenenti glutine e caseina da quelli che ne erano privi.
La valutazione dei pazienti è stata fatta sia dai genitori che dai ricercatori utilizzando la Scala di Conner, un questionario standardizzato che si concentra soprattutto su iperattività, impulsività e disturbi dell’attenzione, in modo da rilevare nella maniera più precisa possibile variazioni del comportamento in seguito al consumo di alimenti specifici.
Le conclusioni di questi studi sono abbastanza simili: una dieta senza glutine o caseina non sembra in grado di modificare “funzioni fisiologiche, disturbi del comportamento o altre manifestazioni legate a Disturbi dello Spettro Autistico“. Pur se privi di valore statistico alcuni risultati paiono addirittura controcorrente: nei giorni in cui glutine e caseina venivano somministrati assieme si assisteva ad una leggera riduzione dei sintomi negativi associati al comportamento sociale. Anche un esame accurato per verificare se ci fossero sottogruppi o soggetti con risposte particolari, positive o negative, non ha prodotto risultati diversi rispetto a quelli complessivi. [6, 7, 8]
Esiste davvero un legame tra autismo e dieta?
Negli ultimi venti anni le diagnosi di autismo sono aumentate in misura rilevante. La stima è che un bambino su 66 riceva una diagnosi di DSA entro gli 8 anni di età, con netta prevalenza tra i maschi. Una crescita che ha spaventato molti ma che ad un’analisi più attenta è dovuta ad un insieme di fattori, molti dei quali legati ai criteri e alle modalità di diagnosi oltre che ad una maggiore attenzione al problema piuttosto che ad un reale aumento dei casi che sembra esserci comunque stato, anche se in misura meno rilevante rispetto a quanto potrebbe apparire dalle semplici statistiche.
L’autismo è un disturbo molto complesso, con cause molteplici e difficili da individuare: si ritiene vi sia una forte base genetica e in alcuni casi è associato a malattie genetiche come la sindrome dell’X fragile o la sclerosi tuberosa, ma accanto a questa sono in gioco altri cofattori che potrebbero essere ambientali, legati all’uso di alcuni farmaci durante la gravidanza o legati all’età dei genitori al momento del concepimento. Assolutamente inesistente invece il legame con i vaccini che tanto preoccupa alcuni nonostante l’enorme mole di dati che non mostra alcuna correlazione tra vaccinazione e insorgenza dei disturbi.
Sin dagli anni settanta si è cercato di intervenire anche attraverso la dieta, con abbondanza di miglioramenti o remissioni riferite da genitori che avevano utilizzato diete senza glutine e caseina. Come abbiamo visto, studi rigorosi non mostrano invece miglioramenti apprezzabili a seguito dell’eliminazione di questi componenti, e anche diverse associazioni mediche e scientifiche hanno sottolineato come non esistano dati che possano supportare l’utilizzo di queste diete come trattamento primario per soggetti affetti da Disturbi dello Spettro Autistico.
Va considerato che in molti casi aneddotici i genitori hanno impostato diete molto rigide ed esclusive per i loro figli: in molti casi si potrebbe essere andati a rimuovere una quantità di alimenti poco salutari aumentando l’apporto di verdura, frutta e altri alimenti che potrebbero aver contribuito ai cambiamenti osservati nel mondo reale. I miglioramenti non sarebbero dovuti all’eliminazione di glutine e caseina ma, molto più semplicemente, al miglioramento della qualità della dieta del paziente.
Inoltre va sottolineato che fattori quali la genetica, la salute dell’intestino e del microbiota intestinale e anche l’ambiente possono influire sulla risposta del soggetto alla dieta, determinando il larga misura l’eterogeneità dei dati riportati a livello di esperienza quotidiana, eterogeneità che si riduce quando la dieta venga seguita e monitorata con criteri stringenti e ben delineati. È possibile che esista un ristretto numero di individui in cui sia presente alterazione della permeabilità intestinale e che questa situazione possa contribuire in qualche modo allo sviluppo dei disturbi: resta da vedere come identificare questi soggetti particolari.
La dieta senza glutine e caseina è ampiamente utilizzata da genitori che, comprensibilmente, cercano di migliorare la situazione del bambino affetto da disturbi. Spesso la dieta è impostata senza l’ausilio di personale specializzato e senza una preventiva valutazione delle condizioni del piccolo. In molti casi l’eliminazione è molto rigida e potenzialmente potrebbe aumentare il rischio di deficienze nutrizionali, particolarmente di vitamina D, calcio, fibre e vitamine del gruppo B.
I dati della ricerca, a differenza degli episodi riferiti da alcuni genitori, non supportano il ricorso a diete di questo tipo e l’attenzione dovrebbe spostarsi su interventi di tipo diverso, curando magari l’alimentazione del piccolo paziente che spesso tende ad essere monotona e limitata e potrebbe contribuire, a causa del limitato numero di cibi consumati che espone a potenziali carenze, al quadro complessivo dei disturbi riportati. I parametri in gioco sono davvero tanti, spesso molto difficili da controllare e sicuramente saranno necessari studi più accurati e approfonditi prima di poter chiarire con un ragionevole grado di sicurezza il legame tra dieta e autismo.
In attesa di studi nuovi e più approfonditi è bene ricordare che interventi di eliminazione, specie quando si parla di bambini, non vanno fatti seguendo le indicazioni del praticone di turno ma vanno invece valutati con attenzione, assieme a personale medico specializzato e, nel caso si decidesse di intervenire rimuovendo glutine e caseina, con professionisti della nutrizione che elaborino un piano alimentare equilibrato, che riduca il rischio di carenze e permetta di raccogliere senza rischi gli eventuali frutti, se effettivamente ce ne sono. [9, 10, 11, 12]