C’è chi corre e c’è chi nuota, chi macina centinaia di chilometri in bici e chi si affida a esercizi ad altissima intensità, una legione di speranzosi atleti in cerca della forma perfetta. Per tutti il legame tra attività fisica e dimagrimento è evidente, ma i dati che ci arrivano dalla ricerca dipingono uno scenario diverso: il movimento è essenziale per la salute e la prevenzione ma l’impatto sul peso corporeo è molto più modesto di quanto non ci si aspetti: se si vuole dimagrire è essenziale focalizzare l’attenzione anche e soprattutto sulla dieta.
Una parte sempre crescente della popolazione dei ricchi paesi occidentali, a anche di molti paesi in via di sviluppo, è sovrappeso o addirittura obesa, spesso vittima di patologie metaboliche o cardiovascolari. Allo stesso tempo i canoni estetici per una buona forma fisica, maschile o femminile, si fanno sempre più rigidi e difficili, se non impossibili da ottenere.
Un uno-due letale che spinge un gran numero di persone a rispondere affidandosi a diete più o meno rigide e programmi di attività fisica spesso al di là delle capacità del soggetto. E se l’efficacia di vari tipi di dieta, e più in generale della restrizione calorica, per la perdita di peso è ben documentata, le prove a favore dell’utilità dell’esercizio fisico non sono altrettanto solide, anzi pare proprio che il solo movimento non incida sul peso corporeo in maniera così importante come siamo portati a credere.
Uno sguardo al passato
Lo stile di vita occidentale è caratterizzato da una notevole disponibilità di cibo e, contemporaneamente, da una riduzione progressiva dell’attività fisica, in particolar modo del carico di lavoro necessario per svolgere le normali attività giornaliere. Ovvio che il maggior apporto di cibo, spesso molto denso dal punto di vista nutrizionale, abbia un ruolo importante nel determinare peso corporeo e percentuale di grasso presente, ma secondo alcuni autori anche la riduzione progressiva dell’attività fisica potrebbe contribuire in maniera significativa, con un vero e proprio crollo delle calorie bruciate ogni giorno, specie in confronto al dispendio energetico necessario alla sopravvivenza dei nostri progenitori, cacciatori-raccoglitori obbligati ad una quotidiana e faticosa ricerca del cibo necessario alla sussistenza. [1, 2]
Ci sono però degli studi molto interessanti che hanno esaminato la spesa energetica delle ultime popolazioni di cacciatori-raccoglitori ancora esistenti, come gli Hadza della Tanzania, una tribù in cui gli uomini si occupano della caccia e le donne della raccolta, senza alcun utilizzo di strumenti moderni: quanto di più simile ancora esista alle condizioni in cui si ritiene si sia evoluta la nostra specie.
Gli Hadza sono tipicamente più magri delle controparti occidentali, tuttavia la loro spesa energetica giornaliera, una volta considerate variabili importanti come quantità di massa magra presente ed età, non è risultata molto diversa da quella di un occidentale medio, la cui attività giornaliera è decisamente meno importante. La conclusione degli autori è che la prevalenza di sovrappeso e obesità nelle popolazioni dei paesi industrializzati sia soprattutto dovuta ad un aumento significativo delle calorie assunte, mentre la spesa energetica ha un impatto molto minore.
La spesa energetica non è dovuta soltanto al movimento, come molti pensano, ma è soprattutto legata ai processi fisiologici a carico di sistemi ed organi, e come tale non è così pesantemente influenzata dallo stile di vita. Tipicamente i cacciatori-raccoglitori lavorano molto per procurarsi il cibo, ma riposano anche molto e tendono a ridurre la spesa energetica non necessaria durante la giornata. Semplicemente, mangiano meno e quindi non ingrassano. [3]
La teoria che lo stile di vita occidentale comporti un crollo del metabolismo appare quindi troppo semplicistica — e anche un poco consolatoria — e non tiene conto della complessa fisiologia umana, frutto di una lunga evoluzione e di un costante adattamento costante alla scarsità di cibo. [4, 5, 6]
L’attività fisica non fa bruciare molte calorie in più
Non è raro che dopo una dura sessione in palestra o una bella corsa ad intensità-medio alta il prode atleta, convinto di aver bruciato quantità industriali di calorie, si voglia premiare con un pasto un poco più sostanzioso o magari, d’estate, con un bel gelato. E in questo modo, inconsapevolmente, va ad annullare l’effetto dimagrante del lavoro svolto, avvitandosi in una di quelle situazioni frustranti che spesso capitano a chi voglia perder peso.
Questo perché la spesa legata all’attività fisica è soltanto una componente della spesa energetica totale, e la spesa specificamente legata ad attività sportive è una frazione di questa.
Una buona fetta della spesa energetica giornaliera, in media dal 60 al 75%, è dovuta al metabolismo basale, la quantità di energia utilizzata dall’organismo per compiere i lavori interni necessari al mantenimento di tessuti ed organi; una fetta più piccola è imputabile all’effetto termogenico del cibo, l’incremento del dispendio energetico dovuto all’assunzione di alimenti; infine, una parte molto variabile è legata all’attività fisica, che può andare dal 15% di un sedentario a valori decisamente più elevati per chi compie attività fisiche pesanti: dove per pesanti si intendono lavori molto impegnativi dal punto di vista fisico, come spaccare pietre o spostare balle di cemento per una decina di ore al giorno. O magari allenarsi per le Olimpiadi.
In pratica un uomo di un’ottantina di chili, mantenendo costante la sua assunzione di cibo calcolata su un fabbisogno energetico medio di circa 2600 kcal [7], correndo per un’ora a media intensità, quattro volte a settimana, potrebbe perdere circa due chili di grasso in un mese. Senza sgarrare mai e senza saltare un allenamento. Non si tratta ovviamente di valori trascurabili ma sicuramente molto inferiori alle aspettative di chi cerca un buon dimagrimento. [Qui una tabella con la spesa energetica oraria legata alle attività e agli sport più diffusi. Non disperatevi per i valori davvero modesti che troverete]
E questo se tutto fila perfettamente liscio, perché diversi studi mostrano che chi pratica attività fisica tende ad aumentare un poco l’assunzione di calorie, specialmente dopo il lavoro fisico, e allo stesso tempo tende anche a ridurre ulteriore attività fisica, in una sorta di comportamento di compensazione probabilmente accompagnato anche da sottili aggiustamenti metabolici che alcuni studiosi ipotizzano possano intervenire. Interessante il modello definito di Spesa energetica totale vincolata, che prevede che all’aumentare del livello di attività fisica non si registri un aumento lineare della spesa energetica ma si tenda invece a raggiungere un valore massimo in cui la maggior spesa dovuta al lavoro fisico viene compensata da una riduzione della spesa imputabile in altre attività, soprattutto non-muscolari.
Un aspetto positivo di questo modello è che in soggetti sovrappeso, che praticano attività fisica abituale, è previsto un contributo maggiore del lavoro muscolare alla spesa energetica totale, proprio perché il grasso in eccesso potrebbe segnalare una buona disponibilità energetica. Meno fortunati i soggetti più magri e abituati a elevati livelli di lavoro muscolare, per i quali invece scatterebbero adattamenti che portano a ridurre la spesa energetica complessiva in modo da non superare una certa quota giornaliera. [8]
In definitiva si conferma il fatto che siamo dei sistemi complessi, con risposte non lineari alle sollecitazioni interne ed esterne, il tutto grazie ad una serie di adattamenti costanti in risposta a stimoli e cambiamenti, mirati al mantenimento di una condizione di omeostasi che, come dicevamo, è il frutto di una lunga evoluzione in condizioni di scarsità di cibo.
L’attività fisica è indispensabile per la salute
Il fatto che aumentando il lavoro muscolare non si consumino quantità industriali di calorie non significa che l’esercizio fisico sia inutile.
L’attività fisica è invece assolutamente indispensabile per la nostra salute e la sedentarietà è uno dei fattori di rischio più importanti per un gran numero di patologie.
Una mole enorme di studi indica che un buon livello di attività fisica, anche senza cambiamenti apprezzabili nella dieta, pur non portando a una perdita di peso significativa, determina una riduzione importante del rischio di sviluppare patologie cardiovascolari — la prima causa di morte nel mondo — e può inoltre ridurre il rischio di malattie degenerative e contribuire decisamente al tono dell’umore. Al contrario la sedentarietà è associata a malattie cardiache e metaboliche, diversi tipi di cancro e problemi di ansia e depressione. [8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17]
E parlando di peso corporeo l’attività fisica è essenziale per conservare nel tempo il peso raggiunto tramite una dieta, accanto, ovviamente, ad una alimentazione corretta. Il movimento non è quindi un’arma finale contro i chili in eccesso, ma è fondamentale, indispensabile e necessario per mantenersi in salute, efficienti e sereni: ci siamo evoluti per muoverci e non possiamo farne a meno. Ma è ingenuo pensare che due ore di attività fisica alla settimana possano mantenerci in forma senza fare attenzione alla dieta, a quanto e cosa mangiamo.
Al netto di ogni considerazione è importante che ognuno di noi lavori per raggiungere quelli che l’OMS ha indicato come i livelli minimi di attività fisica [18] per le varie classi di età:
- Bambini e adolescenti dovrebbero spendere ogni giorno almeno un’ora impegnati in attività a intensità medio-elevata. Un’attività di durata maggiore potrebbe aumentare i benefici in maniera significativa. Almeno tre ore a settimana dovrebbero essere dedicate ad attività per rinforzare ossa e muscoli.
- Adulti da 18 a 65 anni dovrebbero impegnarsi per un minimo 150 minuti a settimana in attività di moderata intensità o per 75 minuti a settimana in attività ad elevata intensità. È possibile e auspicabile praticare un misto dei due tipi di attività per un tempo congruo. Un aumento dell’attività fino a 300 minuti settimanali porta ulteriori benefici per la salute. Sarebbe opportuno praticare lavori di potenziamento muscolare almeno due volte a settimana.
- Adulti oltre i 65 anni dovrebbero avere un impegno analogo a quello degli under 65, cercando di curare fitness cardiorespiratoria e forza muscolare, flessibilità, equilibrio e stabilità, in modo da ridurre il rischio legato ad eventuali cadute.
Una buona dieta è essenziale per il dimagrimento
Chi intende dimagrire deve certamente pensare di aumentare la propria spesa energetica grazie al movimento, un passaggio importante nella messa a punto di uno stile di vita sano.
Tuttavia ho avuto molti pazienti che praticavano sport, anche a buon livello, e che presentavano comunque una composizione corporea non ottimale, con una massa grassa superiore rispetto a quella che ci si sarebbe attesi in quella situazione ed esami ematochimici con valori decisamente alterati. Una prova evidente di come l’attività fisica da sola non possa compensare un’alimentazione sbagliata.
Una dieta ritagliata sulle esigenze del soggetto, che privilegi cibi freschi, verdure e frutta, con alimenti ricchi di fibre, dai cereali ai legumi, e fonti proteiche di qualità, pesce, uova, latticini e carne nella giusta quantità e frequenza, è assolutamente essenziale per il dimagrimento.
A meno che non possiate — e vogliate — dedicare quattro o cinque ore al giorno all’attività fisica, intensa e durissima, non potete sperare di dimagrire senza fare attenzione a quanto e cosa mangiate, primo e più importante passo verso una buona forma fisica, verso la prevenzione delle più diffuse e temibili patologie, verso uno stile di vita sano, produttivo e, si spera, felice.
Lavorare sul cibo è essenziale, irrinunciabile, e dovrebbe essere anche il primo obiettivo delle politiche volte a ridurre il dilagare di obesità e patologie metaboliche. Senza dimenticare il ruolo importante ricoperto dall’attività fisica, che da sola non può garantire il dimagrimento, ma che assieme ad una buona dieta è l’arma migliore per assicurarsi un futuro in salute.