Nel caotico mondo dell’informazione moderna gli antiossidanti sono gli eroi del giorno, sostanze meravigliose che possono salvarci da invecchiamento e malattie la cui causa prima, non c’è bisogno di dirlo, sono i terribili radicali liberi. Come sempre, la realtà è un po’ più complessa.
Antiossidanti e radicali liberi giocano una partita difficile e raffinata nel nostro organismo, un sottile gioco di equilibri la cui rottura può avere conseguenze davvero gravi. Radicali liberi e ossidanti possono avere un ruolo positivo in alcune situazioni, ma un loro accumulo progressivo determina stress ossidativo, una condizione che gioca un ruolo importante nello sviluppo di un gran numero di patologie: cancro, aterosclerosi, malattie neurodegenerative, invecchiamento.
Per combattere lo stress ossidativo l’organismo umano utilizza antiossidanti. Questi possono essere prodotti dall’organismo stesso o possono provenire dal cibo consumato o, molto più frequentemente ormai, dalla sterminata vartietà di integratori e supplementi disponibili sul mercato.
Una giusta proporzione tra radicali liberi e antiossidanti è necessaria per un corretto equilibrio fisiologico. Un eccesso degli uni o degli altri può provocare problemi e riempirsi di antiossidanti nella speranza di fermare la corsa del tempo potrebbe dare risultati ben diversi da quelli attesi.
Cosa sono i radicali liberi
I radicali liberi sono delle molecole irrequiete: posseggono infatti un singolo elettrone in un orbitale atomico, una situazione che li rende molto reattivi. L’elettrone non vuole proprio saperne di restarsene solo ed è pronto a fare le valigie e trasferirsi su un’altra molecola oppure a condividere il suo orbitale con un altro elettrone, strappato ovviamente all’ennesima malcapitata molecola. In termini tecnici si dice che i radicali liberi possono comportarsi sia come riducenti, cedendo l’elettrone spaiato, sia come ossidanti, accettando un singolo elettrone per formare un doppietto elettronico felice ed appagato.
I più importanti radicali liberi all’interno della cellula sono derivati dell’ossigeno (ROS Reactive Oxigen Species) o dell’azoto (RNS Reactive Nitrogen Species) e la loro formazione dipende sia da processi interni alla cellula, sia da fattori ambientali.
L’anione Superossido (O2−) si forma aggiungendo un singolo elettrone ad una molecola d’ossigeno. Nella cellula sono molti i processi che possono portarne alla formazione. Diverse molecole come adrenalina, alcuni nucleotidi e glucosio possono essere ossidate a formare superossido, in reazioni che sono accellerate dalla presenza di ferro e di rame; la fonte maggiore la troviamo a livello dei mitocondri, gli organelli che nella cellula sono responsabili della respirazione e della produzione di ATP. La membrana interna del mitocondrio ospita una serie di complessi che trasportano gli elettroni necessari a ridurre l’ossigeno ad acqua. Durante questo processo si formano radicali liberi che sono legati ai complessi di membrana, ma una piccola parte può essere perduta nel citoplasma interno del mitocondrio con formazione dell’anione superossido.
Una volta che si è formato l’anione superossido può partecipare alla formazione di altre ROS come il perossido di idrogeno (H2O2) — noto ai più come acqua ossigenata —che non è un radicale libero ma che è comunque assai reattivo e ha la capacità di attraversare le membrane cellulari, diffondendo a grande distanza dal punto di formazione.
Il perossido di idrogeno, a sua volta, puo reagire con ferro Fe2+ e rame Cu1+ — Reazione di Fenton — con produzione del radicale ossidrile (·OH), probabilmente il principale responsabile del danno ai tessuti determinato dai radicali liberi, in grado di reagire con estrema facilità con zuccheri, aminoacidi, grassi e nucleotidi, praticamente tutti i costituenti della cellula.
Dal perossido di idrogeno, per azione dell’enzima mieloperossidasi, viene prodotto acido ipocloroso (HOCl). La reazione avviene nei fagociti e ha un ruolo importante nella distruzione dei batteri inglobati da queste cellule, che svolgono un ruolo importante nella difesa immunitaria.
Tra i radicali derivanti dall’azoto i più importanti sono l’ossido nitrico (NO), una molecola dalle molteplici funzioni, e il perossinitrito (ONOO–).
Anche alcuni fattori ambientali possono portare alla formazione di radicali liberi. La componente ultravioletta della luce solare può portare alla formazione di ROS nella pelle, alcuni inquinanti atmosferici come ozono e ossido di diazoto possono portare alla formazione di radicali liberi nei polmoni, mentre il fumo di sigaretta contiene concentrazioni apprezzabili di queste sostanze. Anche alcuni fitofarmaci e medicinali, come paraquat e antracicline, possono portare alla formazione di molecole reattive. Altri fattori esterni che possono aumentare la presenza di radicali liberi nell’organismo sono consumo di alcol, metalli pesanti, solventi, radiazioni e certi processi di cottura. [1, 2, 3, 4, 5]
Il ruolo positivo di radicali liberi e ossidanti
In quantità ridotte i radicali liberi hanno funzioni importanti nei processi di maturazione delle strutture cellulari e sono utilizzati come vere e proprie armi dai fagociti, cellule del sistema immunitario la cui funzione è di distruggere fisicamente i patogeni che riescono ad entrare nel nostro organismo. ROS e RNS partecipano anche a numerosi sistemi di segnalazione cellulare: ad esempio l’ossido nitrico è un importante messaggero nei processi di regolazione del flusso sanguigno e in certe condizioni partecipa alla distruzione di patogeni e cellule tumorali.
Non si tratta quindi di sostanze superflue, prodotti di scarto o “tossine”, come piace dire a d alcuni, ma di elementi essenziali a crescita, sviluppo e difesa della cellula e dell’organismo. È il loro eccesso che può diventare un serio problema, vediamo come. [6]
Il problema con i radicali liberi
Alle giuste concentrazioni e nelle giuste condizioni i radicali liberi sono essenziali per i normali problemi fisiologi dell’organismo. I problemi nascono quando si rompe l’equilibrio tra la produzione di radicali liberi e le difese antiossidanti della cellula. In presenza di un accumulo di radicali liberi si parla di stress ossidativo. Questo accumo provoca danni ad un gran numero di molecole, in particolar modo lipidi, proteine e acidi nucleici, con formazione di composti che possono portare a disfunzioni gravi della cellula, disfunzioni che a loro volta possono contribuire a genesi e sviluppo di un gran numero di malattie.
Lo stress ossidativo ha un ruolo importante nella genesi di numerose patologie del sistema cardiovascolare. Un ruolo determinante sembra averlo l’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi presenti nelle LDL (Low Density Lipoprotein). La perossidazione di questi grassi da parte di radicali liberi, formati dalla cellule della parete del vaso, porta a infiammazione e lesione della parete stessa, con conseguente formazione e crescita della placca aterosclerotica.
ROS e RNS hanno anche un ruolo nello sviluppo del cancro. I radicali liberi determinano lesioni al DNA e causano mutazioni nella cellula: particolarmente rilevante pare essere l’azione del radicale ossidrile, in grado di attaccare in più punti la molecola di DNA.
Si ritiene che i radicali liberi possano avere un ruolo nella genesi di diverse malattie neurodegenerative: nell’Alzhaeimer la produzione di β-amiloide pare essere dovuta allo stress ossidativo e gioca un ruolo chiave nel processo neurodegenerativo.
Anche asma e broncopatia cronica ostruttiva paiono essere legate allo stress ossidativo, così come alcune patologie renali: la nefrotossicità di alcuni farmaci come ciclosporine e gentamicina sembra essere dovuta allo stress ossidativo determinato da queste sostanze.
Tra le malattie legate allo stress ossidativo ricordiamo infine l’artrite reumatoide, caratterizzata da una elevata produzione di ROS e RNS ai siti di infiammazione, e alcune patologie dell’occhio come la degenerazione maculare e la cataratta, quest’ultima dovuta all’aggregazione delle proteine del cristallino legata all’azione dei radicali liberi. [7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14]
Cosa sono gli antiossidanti
I radicali liberi possono esere utili, ma hanno il potenziale di creare danni enormi all’interno della cellula che dispone quindi di un vero e proprio esercito pronto a contrastare i nefasti effetti dovuti ad un eccesso di specie reattive. Le sostanze che fanno parte di questo sistema di difesa sono sia enzimi e particolari sostanze prodotte dall’organismo, sia sostanze che invece vengono assunte attraverso alimenti e bevande, organizzate in sistemi complessi essenziali per il mantenimento di un adeguato equilibrio che non è assoluto, ma dinamico e dipendente dalle particolari condizioni della cellula e dell’organismo.
Gli enzimi antiossidanti
Uno degli enzimi antiossidanti più attivi è la superossido dismutasi (SOD) che catalizza la conversione dello ione superossido a perossido di idrogeno:
O2– + O2– + 2H+ → H2O2 + O2
Esistono tre diverse forme di questo enzima che utilizzano come cofattori metali diversi e sono distribuite in distretti diversi: la rame-zinco SOD si trova nel citoplasma di ogni cellula, la manganese SOD si trova soprattutto nei mitocondri e una particolare forma di rame-zinco SOD viene secreta da determinati tipi di cellule.
Il perossido di idrogeno che si forma per azione della SOD è convertito ad acqua ed ossigeno per azione della Catalasi, un enzima particolarmente attivo e abbondante nei perossisomi, organelli in cui — come si intuisce dal nome — il perossido di idrogeno è prodotto in quantità.
Il perossido può essere neutralizzato anche da glutatione perossidasi, un enzima contenente selenio, a spese del glutatione, sostanza che ovviamente viene ossidata nella reazione. L’enzima può anche ridurre i lipidi che abbiano subito perossidazione, sempre a spese del glutatione. Il glutatione ossidato viene nuovamente convertito a glutatione ridotto, pronto ad essere utilizzato ancora, per azione della glutatione reduttasi, un enzima che richiede NADPH per poter svolgere la sua azione. Carenza di NADPH blocca la rigenerazione del glutatione ed espone la cellula al rischio di forti danni da parte di radicali liberi, non più neutralizzati dall’azione di questi enzimi.
Gli antiossidanti che spezzano la catena
Quando un radicale libero reagisce con un altra molecola viene formato un nuovo radicale che a sua volta andrà a reagire formando altri radicali, in una catena che può portare a conseguenze disastrose. La funzione di molti antiossidanti è quella di spezzare questa catena donando o accettando un elettrone dal radicale libero, con formazione di composti stabili.
Alcuni di questi antiossidanti si trovano in fase lipidica, associati alle membrane cellulari, i cui costituenti sono particolarmente esposti all’azione ossidante dei radicali liberi. Tra questi il più importante è la vitamina E, composto che esiste in molte forme, di cui la più importante nel nostro organismo è l’α-tocoferolo. La vitamina E reagisce con i radicali liberi molto più rapidamente dei lipidi della membrana, proteggendoli così dalla perossidazione da parte delle specie reattive.
Il β-carotene, precursore della vitamina A, è in grado di reagire con l’ossigeno singoletto e con la vitamina E è protettore molto efficiente delle membrane cellulari.
I flavonoidi sono un grandissimo gruppo di sostanze presenti in frutta, verdura e bevande come il tè e il vino: ricordiamo la quercetina, il resveratrolo, l’apigenina e le catechine. La loro attività antiossidante è molto forte, ma rimane da verificarne l’effetivo assorbimento a livello intestinale. I dati disponibili indicano che la biodisponibilità di queste sostanze è decisamente ridotta, tuttavia studi epidemiologici evidenziano un rapporto tra consumo di frutta e verdura e riduzione del rischio per patologie associate all’azione dei radicali liberi: fanno quindi supporre un possibile ruolo dei flavonoidi nella difesa dallo stress ossidativo.
Molto efficace nel proteggere i lipidi di membrana dalla perossidazione è anche l’ubichinolo-10, forma ridotta del coenzima Q10, il primo ad essere consumato quando i radicali liberi si formano in fase lipidica.
Nel compartimento acquoso l’antiossidante più importante è la vitamina C, in grado di reagire con tutti i ROS e responsabile della rigenerazione della forma ridotta della vitamina E. Anche la vitamina C consumata in questi processi può essere rigenerata, per azione della tioredossina-reduttasi, altro enzima contenente selenio.
Un antiossidante molto importante in fase acquosa è l’acido urico, in grado di neutralizzare i radicali liberi e di formare complessi stabili con il ferro che, come abbiamo visto, può innescare reazioni che portano alla formazione di ROS.
Anche la bilirubina e alcune proteine presenti nel plasma hanno funzione antiossidante. Importante il ruolo dell’albumina che, vista l’alta concentrazione plasmatica, è considerata da alcuni una molecola sacrificabile: viene infatti danneggiata nella reazione con i radicali liberi, ma protegge così specie più importanti.
Alcune proteine del sangue come ferritina, transferrina, lattoferrina e ceruloplasmina hanno importante funzione protettiva grazie alla loro capacità di sequestrare ferro e rame, gli ioni metallici in grado di favorire la formazione di radicali liberi.
Tra gli altri antiossidanti presenti negli alimenti ricordiamo il licopene, abbondante nel pomodoro e maggiormente disponibile quando il vegetale è sottoposto a cottura, e gli acidi grassi omega 3 e omega 6, in grado di rinforzare la barriera ossidativa della cellula potenziando l’espressione di geni che codificano per enzimi essenziali a sintesi e rigenerazione degli antiossidanti. Un meccanismo analogo dovrebbe essere alla base dell’attività antiossidante mostrata dalla melatonina, un ormone prodotto dall’epifisi, il cui ruolo principale è quello di regolare il ciclo sonno-veglia.
Nell’organismo tutti gli antiossidanti appena descritti agiscono in una intricata rete di interazioni: un esempio ne è la rigenerazione della vitamina E a spese della vitamina C che a sua volta viene rigenerata a spese del glutatione. Si tratta evidentemente di un sistema complesso, di cui è realmente difficoltoso individuare i meccanismi nel vivente, dipendente in larga misura dalla particolare situazione che esiste in uno specifico microambiente, in un dato momento, e in funzione del danno ossidativo che si è verificato. Davvero impossibile generalizzare, come invece si fa spesso, indicando un antiossidante come il più efficace o il più attivo, situazioni che come abbiamo visto possono dipendere da un gran numero di parametri e da influenze e relazioni ancora poco chiarite.
Diffidate quindi di chi vi esalta una specifica sostanza come la più efficace nel contrastare lo stress ossidativo. O ha capito davvero poco di come funziona il sistema, o, molto più probabilmente, ha interesse nel vendervi qualcosa. Di miracoloso, dice lui. E, di solito, molto costoso. [15, 16, 17, 18]
Conviene integrare con antiossidanti?
L’integrazione della dieta con antiossidanti è stata proposta come metodo per combattere quelle malattie nella cui genesi e sviluppo paiono giocare un ruolo di primo piano i radicali liberi. Il dibattito sul tema è vivace, glu studi si moltiplicano, ma i risultati per ora sono ambigui.
Studi epidemiologici hanno mostrato che il consumo di cibi ricchi di antiossidanti, o l’utilizzo di antiossidanti in forma di supplementi, può essere associato a benefici nei confronti di numerose patologie, ma lavori più rigorosi hanno mostrato risultati a dir poco controversi.
Diversi antiossidanti, in particolar modo alcuni flavonoidi, paiono in grado di ridurre il rischio relativo a patologie cardiovascolari, ma studi con supplementazione di vitamina E o β-carotene non hanno mostrato alcun effetto apprezzabile.
Anche nel caso di varie patologie neurodegenerative abbiamo studi epidemiologici che mostrano incidenza ridotta in popolazioni che consumano in quantità cibi ricchi di antiossidanti, mentre la maggior parte dei lavori lavori con supplementi, in specie vitamina E, non hanno evidenziato alcun effetto protettivo.
Nel caso del cancro abbiamo addirittura una serie di studi che mostrano che la supplementazione di β-carotene può aumentare incidenza e mortalità per cancro in popolazioni di fumatori, mentre la vitamina E non mostra effetti apprezzabili e il selenio presenta un debole effetto protettivo.
In definitiva quello che risulta evidente, dall’analisi dei dati disponibili, è che un elevato consumo di alimenti ricchi di antiossidanti, in specie frutta e verdura, ha un effetto protettivo nei confronti di diverse patologie. Da sottolineare che i soggetti che consumano in quantità questi alimenti hanno spesso uno stile di vita più sano e più attento rispetto a quello della popolazione generale, e che la loro esposizione all’azione di queste sostanze è frutto di abitudini che li accompagnano nel corso della vita. L’utilizzo di supplementi è valutato invece per periodi di tempo limitati e spesso si studia una singola sostanza mentre pare evidente l’importanza di un’azione sinergica tra le varie molecole ad azione antiossidante.
Molti dei dati relativi all’efficacia degli antiossidanti derivano da studi in vitro o su animali, spesso con dosi estremamente elevate, impossibili da utilizzare nell’uomo. Ad esempio la vitamina E pare avere effetti positivi con dosi inferiori alle 200 UI/die, ma può presentare effetti opposti se la dose utilizzata è superirore a 400 UI/die. In alcuni studi anche dosi eccessive di vitamina C, superiori ai 2g/die, hanno mostrato effetti pro-ossidanti e probabile attività carcinogenica, problema che come abbiamo visto si è manifestato anche per il β-carotene. Appare quindi necessario valutare con attenzione la dose da utilizzare in caso di integrazione, per evitare effetti opposti a quelli cercati.
Oltre che la dose potrebbe risultare critico anche il momento in cui queste sostanze vengono fornite. Probabilmente per gli antiossidanti esiste una vera e propria finestra terapeutica, analoga a quella dei farmaci, corrispondente a quei momenti in cui la somministrazione dell’antiossidante è in grado di contrastare la formazione dei radicali liberi. Il tutto complicato dal fatto che queste sostanze agiscono in maniera sinergica, ognuna con tempi e modalità diversi, in grado tuttavia di influenzarsi e modularsi a vicenda.
Interessante sottolineare come non sia semplice valutare lo stress ossidativo in vivo: i radicali liberi hanno vita brevissima e quindi si cerca di individuare dei marcatori che possano evidenziare la loro attività, soprattutto in relazione a lesioni che comportano aumento del rischio per specifiche patologie. Vari i marcatori proposti, dagli isoprostani alla MDA (malonildialeide), la cui misurazione è complessa e costosa, ma che tuttavia potrebbero essere utilizzati nella valutazione dell’efficacia di integratori.
L’utilizzo di integratori ad azione antiossidante non ha quindi un solido razionale scientifico che possa legittimarla, perlomeno non ancora. Trangugiare compresse e capsule di ogni forma e colore non può rimediare ad uno stile di vita non corretto. Molto meglio cercare questi antiossidanti negli alimenti che ne sono ricchi, nella frutta e nella verdura: un consumo abituale di questi cibi ci darà tutto l’apporto necessario, perlomeno per quelle sostanze che necessariamente vanno prese dall’esterno, garantendo le sinergie e le interazioni che paiono essere così importanti nell’erigere una difesa contro il danno ossidativo. [19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26]
Radicali liberi e attività fisica
In conclusione voglio sottolineare che nel nostro organismo esiste un efficace sistema per proteggerci dai potenziali danni dovuti all’azione di specie reattive. Ne è un esempio importante quanto avviene in quei soggetti che praticano con continuità un’attività fisica impegnativa.
Durante l’attività fisica, nelle cellule interessate, si ha una elevata produzione di radicali liberi. Lo stress ossidativo pare essere maggiore nei soggetti più anziani, mentre appare ridotto in quelli più giovani. Tuttavia va sottolineato che l’esercizio è contemporaneamente accompagnato da un netto aumento delle difese antiossidanti, anche in questo caso maggiormente apprezzabile nel giovane. L’attività antiossidante aumenta in particolar modo nel muscolo, nel cuore e nel fegato. Diversi studi mostrano addirittura che l’integrazione con antiossidanti può interferire con questi adattamenti, negando alcuni dei benefici legati all’attività fisica (maggiori dettagli in questo articolo).
In definitiva anche se un’attività vigorosa determina un aumento della produzione di radicali liberi, l’esercizio fisico gioca un ruolo fondamentale nel ridurre lo stress ossidativo grazie agli adattamenti che si verificano a livello delle difese antiossidanti della cellula, adattamenti decisamente più importanti degli eventuali danni legati al transitorio aumento di specie reattive.
Volete ridurre il rischio legato all’azione dei radicali liberi? Non fumate, mangiate frutta e verdura, fate sport e, se proprio dovete bere, preferite del buon vino nero (poco). Tutto qui? Tutto qui. [27, 28, 29, 30, 31, 32]