Se c’è un settore in espansione costante nel campo della nutrizione è quello legato ai test per determinare allergie e intolleranze alimentari, ormai spacciate per responsabili di qualsiasi problema, dall’aumento di peso al perdurare della crisi economica.
Ma cosa sono le intolleranze alimentari? E quali sono i cibi che possono determinarle? In questo articolo vediamo rapidamente come vengono classificate le reazioni avverse al cibo, quali sono i meccanismi alla base e le procedure per diagnosticare disturbi di questo tipo.
Le reazioni avverse al cibo
Fin da piccoli abbiamo imparato, a nostre spese, che alcuni cibi possono procurarci qualche problema: magari sono avariati, magari sono leggermente tossici, magari ne abbiamo mangiato troppo oppure siamo allergici verso uno dei componenti dell’alimento. Si utilizzano molti termini diversi per definire questa miriade di disturbi causati dagli alimenti, ma la classificazione attuale parla di reazioni avverse al cibo, suddividendole in tossiche e non tossiche. Le bevande alcoliche sono un esempio di cibo che contiene sostanze tossiche, ma per la maggior parte di noi il piacere che se ne ricava bevendole è superiore ai fastidi procurati da un uso esagerato. In questo caso però conosciamo bene quali possono essere le conseguenze legate all’abuso di un buon vinello e sappiamo bene cosa aspettarci bevendone troppo, così come sappiamo quali possono essere le tragiche conseguenze legate al consumo di funghi velenosi.
Le reazioni avverse non tossiche sono quelle in cui un soggetto risponde in maniera anomala a sostanze naturalmente presenti nel cibo e dipendono ovviamente dalla suscettibilità individuale. Quando in questi processi è direttamente coinvolto il sistema immunitario si parla di allergia, una risposta massiva ed immediata del sistema immunitario nei confronti di quantità esigue di particolari componenti di un alimento che talvolta può addirittura essere fatale. Sono relativamente frequenti allergie al latte vaccino, all’uovo, ai crostacei, alle arachidi e alla frutta a guscio. In questi casi, relativamente facili da diagnosticare —con test dalla consolidata affidabilità— l’unica soluzione è evitare accuratamente gli alimenti nei confronti dei quali si sa di essere allergici
Le intolleranze al lattosio e al glutine
Le intolleranze non coinvolgono direttamente il sistema immunitario e generalmente sono dovute all’incapacità dell’organismo di processare correttamente un componente dell’alimento consumato, con la conseguente comparsa di sintomi, talvolta simili a quelli che si avrebbero se la sostanza incriminata fosse un veleno da eliminare. Le intolleranze sono caratterizzate da reazione anche ritardata, che tende a cronicizzare e si mostra relativamente indipendente dalla quantità di alimento consumato.
L’intolleranza al lattosio è assai diffusa: il lattosio è uno zucchero presente nel latte che viene digerito grazie ad un enzima chiamato lattasi. Tuttavia la lattasi, che tutti abbiamo ben funzionante nella prima infanzia, viene perduta da una certa percentuale della popolazione, molto variabile a seconda della regione geografica, a partire dai quattro/cinque anni. Il lattosio indigerito passa nel colon e qui viene fermentato dalla flora batterica: ne derivano sintomi come diarrea, crampi addominali, vomito che sono sempre riconducibili all’assunzione di latte, in alcuni casi anche in quantità molto modeste. Si stima che circa il 50% degli italiani soffra di questa intolleranza. Ovviamente per i soggetti affetti la soluzione è quella di evitare il lattosio e tutti gli alimenti che lo contengono: latte fresco, gelati, formaggi freschi in primo luogo, ma anche un gran numero di altri cibi in cui latte e lattosio sono utilizzati nella preparazione, tra cui biscotti, dolci, salumi.
Leggere con attenzione le etichette è sempre un atto di prudenza per chi soffre di questi problemi.
Meno diffusa ma ormai estremamente nota è l’intolleranza al glutine, una proteine presente nei cereali, che determina la celiachia, un patologia che può essere anche estremamente severa. Discussa è l’esistenza di una sensibilità al glutine non celiaca, condizione meno grave ma comunque problematica, secondo alcuni autori dovuta ad una elevata sensibilità nei confronti dei FODMAP, degli zuccheri fermentabili presenti in numerosi alimenti.
Per la diagnosi di entrambe esistono dei test scientificamente validati che il vostro medico saprà consigliarvi quando lo reputi necessario.
Le intolleranze ai non nutrienti
Meno note sono le intolleranze nei confronti di tutta una serie di non-nutrienti che sono naturalmente presenti in alcuni cibi. Generalmente queste sostanze sono presenti in quantità ridotte negli alimenti e di solito non provocano problemi: in alcuni individui suscettibili possono però verificarsi fenomeni di accumulo per il consumo elevato e ripetuto di uno o più alimenti che le contengono con la conseguente comparsa di sintomi che vanno dall’orticaria ai dolori addominali, dalla diarrea al mal di testa fino ad arrivare in rarissimi casi a reazioni generalizzate di notevole gravità come lo shock anafilattico. Tra le sostanze responsabili:
- istamina, presente in vino, spinaci, pomodori, pesce mal conservato, acciughe e formaggi stagionati;
- tiramina, formaggi stagionati, birra, vino, lievito di birra, pesce affumicato, spinaci, banane;
- caffeina, caffè e numerose bevande dolci gassate;
- solanina, patate, melanzane, pomodori;
- teobromina, the e cioccolato;
- glutammato monosodico, presente naturalmente in grande quantità in cibi come il parmigiano e il grana, utilizzato come additivo per rinforzare il sapore di alcuni cibi specie nella cucina tradizionale cinese;
- solfito, utilizzato come antiossidante e conservante in vini, zuppe, succhi e bevande;
- diversi additivi, coloranti e conservanti come l’Acido Sorbico, la Tartrazina e l’Eritrosina.
Da questo breve elenco è possibile capire che molte di queste sostanze sono normali componenti di alcuni cibi, spesso assai comuni. Quindi un’eventuale reazione che segua un pasto può essere dovuta sia ad un cibo in particolare molto ricco di una di queste sostanze sia al sommarsi di piccole quantità di questi non-nutrienti fino a raggiungere un valore soglia che in un individuo suscettibile può determinare la comparsa di sintomi.
Sono utili i test per le intolleranze?
Chi sia alle prese con problemi di questo tipo dovrebbe cominciare ad annotare con precisione tutti i cibi e le bevande consumate prima del manifestarsi dei sintomi per identificare, con pazienza, attenzione e con l’assistenza di un professionista del settore, i possibili colpevoli dei fastidiosi disturbi. I test per le intolleranze validati scientificamente sono pochi, affidabili ed economici e sta al medico individuare se e quali utilizzare.
Evitate invece di affidarvi alle decine di test pseudo-scientifici che sono ampiamente pubblicizzati e che usualmente finiscono per produrre liste enciclopediche di alimenti da evitare.
Funzionano? Di certo è difficile che possano verificarsi intolleranze quando tutto quel che resta da mangiare sono riso bollito e pere, ma si tratta di soluzioni che possono provocare più problemi di quelli che, malamente, pensano di risolvere.