I funghi sono misteriosi, minacciosi e attraenti al tempo stesso, alcuni temibili produttori di letali veleni, altri ingredienti saporiti di tante ricette: sono questi ultimi a interessarci, sia per le loro particolari proprietà nutritive, sia per i particolari fitonutrienti presenti.
Per lungo tempo sono stati considerati dei vegetali, curiose presenze dei boschi, alcuni ambitissimi per le tavole dei più fini conoscitori, altri temuti per il loro carico di veleni. In realtà i funghi non sono piante, sono privi di clorofilla e non possono ricavare energia dalla luce solare. Sono creature particolari che appartengono ad un regno tutto loro, quello dei funghi appunto, che accanto alle specie con corpo fruttifero visibile comprende anche lieviti e muffe, alcune delle quali molto pericolose, per un totale di oltre 700.000 specie.
I funghi sono creature del disfacimento e della decomposizione, si nutrono delle sostanze organiche provenienti da organismi morti, sono parassiti di piante e animali e qualche volta — quando si sentono più buoni — vivono in simbiosi con ospiti che condividono con loro preziosi nutrienti. I funghi non hanno tessuti differenziati ed elementi per condurre la linfa, come le piante, e si riproducono utilizzando spore, cellule specializzate che sono disperse nell’ambiente e dalle quali, in condizioni adatte, si formerà un nuovo individuo.
I funghi che noi consumiamo sono definiti macromiceti o funghi superiori: quello che noi vediamo è il loro corpo fruttifero, il carpoforo, che è il frutto della pianta, il micelio, formata da una fitta rete di sottili filamenti, le ife, un intricato groviglio che si estende per metri nel substrato di crescita, accumulando pazientemente l’energia necessaria alla riproduzione. Il micelio attende silente nel terreno fino a quando umidità, temperatura e luce non sono quelle ideali per formare il carpoforo che a sua volta produce e rilascia le spore nell’ambiente. Ogni fungo produce qualche miliardo di spore, di polarità opposta, + e -, che nel terreno germinano formando miceli primari, di solito dalla vita molto breve. Solo quando un micelio primario + si fonde con uno – si forma un micelio secondario in grado di vegetare per secoli e fruttificare in condizioni adatte, dando il via a un nuovo giro del complesso ciclo vitale.
I funghi sono consumati fin dall’antichità. Ötzi, l’uomo dei ghiacci rinvenuto in Trentino, la cui morte risale a oltre il 3000 AC, portava con sé oggetti ricavati da funghi, forse utilizzati a scopo cerimoniale. Greci e Romani apprezzavano i funghi, così come i Cinesi che li utilizzavano sia come alimento che a scopo medicinale. Attualmente si consumano più di un migliaio di specie di funghi, la maggior parte di queste raccolte in natura e soltanto una piccola parte coltivata. L’Italia, con la Cina, è uno dei maggiori produttori mondiali, in particolar modo di Agaricus bisporus, lo champignon, e Pleurotus ostreatus, il pleoroto o orecchione.
Coltivare (e raccogliere) funghi per divertimento e profitto
I funghi sono difficili da coltivare, con l’eccezione di poche specie che crescono molto bene su una miscela di rifiuti animali e vegetali.
L’Agaricus bisporus, il comune prataiolo, è la specie più ampiamente coltivata e in commercio lo troviamo con la denominazione champignon di Parigi perché proprio in quelle zone, verso la fine del ‘700, in piena era napoleonica, se ne iniziò la coltivazione in cave e cantine. Il terreno di coltura è un misto di paglia, sterco di cavallo e gesso, trattato con diversi ceppi batterici che favoriscono la crescita e la fruttificazione del fungo che avviene in condizioni di temperatura e umidità attentamente controllate. Le due varietà più diffuse sono quella bianca e quella marrone chiaro, con cappello carnoso che può arrivare ai 10 cm. Apprezzata la varietà Portobello, più grande, più scura e ancora più saporita.
Il Pleurotus ostreatus, chiamato orecchione, in natura cresce sul legno morto, specie di latifoglie, durante i mesi invernali. Viene coltivato su legno, paglia, corteccia e in genere su qualsiasi prodotto di scarto vegetale. Il colore del cappello dipende da temperatura e illuminazione durante la crescita, è biancastro se la luce è bassa, è scuro se ad essere bassa è la temperatura. Il pleoroto produce molte spore e la coltivazione in serra può provocare serie allergie agli addetti. Per ovviare a questo problema, dal 2004 si utilizza una varietà senza spore.
Il Lentinus edodes, lo shiitake, è popolarissimo in Cina, Giappone e Corea, cresce su ceppi morti ed è coltivato su tronchi di quercia e scarti di legno. Viene raccolto quando il cappello è ancora parzialmente chiuso per garantire gusto, consistenza e aroma.
Buona parte dei funghi consumati ogni anno nel mondo sono raccolti in natura. In realtà, nell’ultimo secolo la quantità raccolta è andata progressivamente calando per le modifiche ambientali determinate da tanti fattori diversi: riscaldamento globale, deforestazione, inquinamento, acidificazione del suolo, concimazione. La coltivazione della maggior parte di queste specie “selvatiche” è impossibile poiché molte di queste vivono in associazione con le radici di piante, una condizione complicata da riprodurre in serra.
Tra le specie più frequentemente raccolte:
Cantharellus cibarius, il gallinaccio o finferlo, cresce nei boschi di conifere e latifoglie, ha cappello di colore giallo, carne soda e profumata con un lieve gusto piccante.
Morchella esculenta, la spugnola, ha una cappello caratteristico, disseminato di alveoli, ha carne fine e delicata e va consumata ben cotta perché altrimenti può dare disturbi gastrici.
Con il termine tartufi si indicano dei funghi ipogei, che crescono sotto terra, appartenenti a diverse specie: Tuber melanosporum, il tartufo nero; Tuber magnatum, il tartufo bianco; Tuber aestivum, il tartufo estivo. Si tratta di cibi di prestigio, estremamente costosi vista l’enorme richiesta e l’esiguità del raccolto, da 40 a 150 tonnellate all’anno per il tartufo nero.
Il Boletus edulis, è la specie più importante tra il gruppo di funghi chiamati porcini che include anche Boletus aureus, Boletus aestivalis, Boletus pinophilus. Questi funghi crescono in boschi di conifere, di faggi, querce e castagni, in aree nascoste la cui ubicazione è gelosamente custodita dai cercatori più esperti. L’aspetto è caratteristico, con gambo sodo e tozzo e cappello carnoso che può arrivare fino a 30 cm. Gli esemplari giovani sono più teneri e saporiti, i più vecchi sono spesso attaccati da insetti e altri parassiti.
Funghi: valori nutrizionali
I valori nutrizionali dei funghi dipendono strettamente dal loro contenuto di acqua, che può andare dall’85 al 95% del loro peso fresco.
Centro grammi di prataioli danno appena 24 kcal, mentre pleuroto e porcini arrivano a 35 kcal. Prataioli e porcini hanno appena un grammo di zuccheri disponibili, che nel pleuroto salgono a 5. Sono presenti zuccheri particolari, come mannitolo e trealosio, e addirittura glicogeno, il polisaccaride utilizzato dagli animali per immagazzinare zuccheri, al posto dell’amido. Le fibre sono poco più di due grammi, anche queste peculiari: chitina, la stessa sostanza che troviamo nel rivestimento di crostacei e insetti, chitosani e β-glucani. Le proteine possono variare molto, dai 2 ai 4 grammi, di discreta qualità, con un contenuto ridotto di cisteina e metionina, mentre i grassi sono quasi assenti.
Buono il contenuto di vitamine del gruppo B, comprese piccole quantità di vitamina B12. Quando i funghi sono esposti a radiazione ultravioletta si forma anche vitamina D a partire da un precursore, ergosterolo, accumulato nella parete cellulare, mentre una piccola quantità di vitamina B12 è sintetizzata dai batteri presenti.
Tra i minerali abbondano potassio, fosforo, rame, selenio e ferro, mentre il contenuto di calcio e sodio è modesto. La quantità di minerali presente nei funghi coltivati è abbastanza costante, varia invece in misura notevole nei funghi raccolti che possono accumulare quantità importanti di metalli pesanti come piombo, mercurio, cesio, cadmio e arsenico, ovviamente quando il terreno su cui crescono ne presenti quantità apprezzabili.
Nei porcini e nel pleuroto è presente anche un aminoacido molto particolare, l’ergotioneina, un derivato dell’istidina, che in vitro presenta una potente azione antiossidante.
Funghi: i benefici per la salute
Anche i funghi, come le piante, hanno il loro arsenale chimico che li protegge da predatori e parassiti, un arsenale che in molte specie è letale anche per l’uomo — un fatto che impone la massima cautela nella raccolta e nel consumo di funghi selvatici — ma che in altre si presenta ricco di sostanze dalla potenziale azione benefica.
Come tutti i prodotti della terra i funghi sono ricchi di sostanze ad azione antiossidante, composti fenolici e flavonoidi, e sostanze particolari come l’ergotioneina, attivamente assorbita e accumulata in diversi tipi di cellule, dove si ritiene possa svolgere un ruolo protettivo contro il danno ossidativo a carico del DNA e dei mitocondri. [1, 2, 3]
Studi di popolazione mostrano che un buon consumo di funghi è correlato a un effetto protettivo nei confronti di tumori dell’ovaio e della prostata, a un miglioramento dei marcatori associati a patologie metaboliche — glicemia, colesterolo totale, trigliceridi — e a riduzione della pressione sanguigna .
Gli champignon e i pleurotus trattati con luce ultravioletta sono ricchi di vitamina D2 (ergocalciferolo), derivata dall’ergosterolo accumulato nella parete cellulare, assieme a piccole quantità di vitamina D3 (colecalciferolo), con valori che possono arrivare fino a 30 microgrammi per 100 grammi di prodotto fresco dopo un’esposizione alla luce solare di appena 15 minuti. Nei porcini il contenuto di vitamina D2 per 100 g del prodotto fresco è di circa 50 microgrammi. La vitamina presente subisce piccole perdite a causa di conservazione e cottura e viene ben assorbita, con un contributo apprezzabile all’innalzamento dei livelli ematici del prezioso composto.
I funghi sono molto ricchi di fibre — chitina, emicellulosa, mamnnani, glucanigalattani e xilani — sostanze che per noi sono inutilizzabili ma che sono avidamente metabolizzate dal microbiota intestinale, veri e propri prebiotici che possono contribuire al benessere dell’immenso esercito di batteri presente nel nostro intestino, possono favorire la funzionalità intestinale, modulare i processi immunitari a livello delle mucose e, per finire in bellezza, possono contribuire a una maggior sensazione di sazietà e quindi a un miglior controllo del peso. [4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11]
Funghi velenosi
I funghi sono stati a lungo ammantatati da un’aura di magia, mistero e sospetto, creature del profondo dei boschi, spesso letali, come scoprì a proprie spese l’imperatore Claudio, molto ghiotto di funghi e avvelenato proprio con questi dalla moglie Agrippina, per far ascendere al trono il figlio Nerone.
In realtà le specie tossiche sono poche, circa un centinaio, con intossicazioni caratterizzate da sintomi che vanno da leggeri disturbi gastrointestinali a danni irreversibili a fegato, reni e sistema nervoso centrale che possono condurre, nei casi più gravi, alla morte.
Le intossicazioni a breve latenza sono causate da diverse sostanze — muscarina, muscimolo, psilocibina, sostanze acro-resinoidi, coprina e emolisine — e sono caratterizzate da sintomi gastrointestinali, cefalea, sudorazione, allucinazioni e disturbi motori, che in caso di forte consumo possono evolvere verso forme più gravi. La coprina interagisce con gli enzimi che detossificano l’alcol e provoca problemi soltanto quando vengono consumate bevande alcoliche nelle ore successive al consumo del fungo Coprinus atramentarius.
Le intossicazioni a lunga latenza sono le più pericolose e vengono classificate in:
- Intossicazione falloidea: la più pericolosa, causata da Amanita phalloides, le cui tossine causano prima nausea, vomito, diarrea e dolori addominali e quindi gravissimi danni epatici. 50 grammi di fungo fresco sono una dose mortale per un adulto, ma già 20 grammi sono sufficienti a provocare la morte di bambini o soggetti debilitati;
- Intossicazione orellanica: causata da Cortinarius orellanus e altre specie, le tossine arrestano la sintesi proteica producendo prima sintomi gastrointestinali e poi danni estesi ai reni. 50 grammi di fungo fresco sono una dose mortale per un adulto;
- Intossicazione giromitrica: causata da Gyromitra esculenta, un tempo ritenuta commestibile. La tossina — giromitrina —ha effetto cumulativo e provoca convulsioni con un consumo ripetuto;
- Intossicazione paxillica: causata da Paxillus involutus, provoca gravi crisi emolitiche che possono essere fatali.
Ricordate che le tossine responsabili sono resistenti al calore e all’essiccazione, quindi la cottura non diminuisce la pericolosità del prodotto e anche il consumo di funghi secchi può essere problematico.
In caso di intossicazione è di fondamentale importanza poter identificare rapidamente il fungo responsabile e la dose mangiata, rintracciando tutti quelli che hanno consumato l’alimento incriminato. I disturbi gastrointestinali non vanno sottovalutati o confusi con indigestione, vomito e diarrea richiedono sempre che si proceda a reidratare lo sfortunato paziente, un intervento tempestivo può fare la differenza nell’esito finale. Le vittime di intossicazione falloidea e orellanica spesso subiscono danni irreversibili a fegato e reni, tali da rendere necessario il trapianto.
Se non avete una preparazione specifica sul tema e una lunga esperienza di raccolta, prima di consumare funghi raccolti nel bosco è bene farli valutare da un micologo esperto che potete contattare presso la vostra ASL (si tratta di un servizio gratuito). Ricordate che tutte le prove tramandate dalla tradizione — annerimento dell’argento, cambio di colore dell’aglio e compagnia — non hanno alcun fondamento e non permettono di riconoscere specie velenose. Non consumate funghi raccolti vicino a strade, fabbriche o stabilimenti, che potrebbero aver assorbito e concentrato metalli pesanti.
Anche quando siete sicuri della bontà del prodotto, ricordate che si tratta di alimenti di difficile digestione, da consumare in porzioni modeste, che non dovrebbero essere mangiati da bambini e donne incinte.
Per maggiori informazioni sul tema consultate questo opuscolo del Ministero della Salute.
I funghi a tavola
Quando acquistate funghi freschi cercate esemplari integri, dal gambo e dal cappello ben sodi, privi di tagli, macchie o zone rovinate, grinzose o rammollite.
I funghi rimangono attivi anche dopo la raccolta e utilizzano buona parte del materiale di deposito per sintetizzare la chitina della parete cellulare. L’ideale è consumarli il più rapidamente possibile, in attesa della cottura riporli in contenitori ben areati, magari con del materiale che possa assorbire l’umidità che esalano o conservarli in frigorifero, a 4-6°C, per non più di una settimana. Prima dell’uso in cucina, i funghi vanno lavati rapidamente in acqua corrente, asciugati e quindi immediatamente cotti, per evitare che perdano sapore.
I funghi possono essere congelati dopo esser stati tagliati in fettine sottili e scottati in acqua bollente se si prevede di conservarli per periodi superiori ai tre mesi.
I funghi possono essere essiccati, un processo che ne intensifica il gusto e l’aroma grazie alle reazioni enzimatiche e di imbrunimento che avvengono tra aminoacidi e zuccheri, con formazione di composti aromatici contenenti zolfo. Prima dell’uso i funghi secchi vanno brevemente riedratati per 10-20 minuti in acqua tiepida.
I funghi hanno un sapore particolare, ricco di gusto, grazie alle diverse sostanze presenti, acidi grassi, alcoli e aminoacidi come l’acido glutammico, il responsabile del gusto umami, che dona corpo e forza agli altri sapori, e si prestano quindi a tante preparazioni differenti: possono essere saltati in padella, grigliati, brasati e fritti. Se si utilizzano in piatti con cotture prolungate è bene aggiungerli alla fine, circa 10-15 minuti prima del termine, per garantire il miglior risultato in termini di sapore.
Sono ottimi come condimento e possono essere utilizzati in tanti piatti diversi, dagli antipasti, ai primi, ai secondi, alle salse. Gli champignon possono essere consumati anche crudi e sono ottimi nelle insalate o in pinzimonio. I porcini hanno un sapore più forte e per gustarli al meglio non andrebbero associati ad alimenti dal gusto altrettanto deciso. Il cappello è buonissimo grigliato con un condimento leggero di prezzemolo, aglio e olio d’oliva. I tartufi si consumano crudi o cotti, il loro sapore è così importante che bastano poche lamelle per aromatizzare un piatto, si accompagnano a riso, pasta, selvaggina e volatili.
Per chi i funghi se li va a cercare nel bosco, è necessario qualche accorgimento in più, per consumare il prodotto in tutta sicurezza.
- in primo luogo, se non si è esperti nel riconoscimento e nella raccolta è sempre bene far valutare i funghi trovati al servizio micologico della propria USL;
- raccogliere funghi in fase di maturazione o maturi ma senza parti molli o rovinate;
- ripulire dalla terra la base del gambo, senza sporcare la parte inferiore del cappello; utilizzate cesti di vimini per la raccolta, in modo che i funghi possano cedere parte dell’acqua, non sviluppino batteri e muffe, cosa che può accedere se conservati in sacchetti di plastica, e possano ancora disperdere parte delle spore;
- i funghi raccolti vanno consumati immediatamente, altrimenti è bene congelarli per evitare lo sviluppo di microorganismi. I funghi possono anche essere essiccati, in ambiente chiuso e ben ventilato o utilizzando un essiccatore;
- pulire con attenzione i funghi, scartando le parti invase da larve, troppo coriacee e la cuticola viscida se presente.
- la porzione consumata deve essere sempre modesta;
- bambini, donne incinte e soggetti con problemi epatici o renali non dovrebbero consumare funghi.
Per chi prepara e consuma funghi sottolio: massima attenzione nella preparazione del prodotto. I funghi vanno ben puliti e scottati in acqua, aceto e sale, quindi disposti in vasetti sterilizzati da riempire con olio o aceto, da chiudere ermeticamente e da sterilizzare di nuovo. Il rischio è che possa svilupparsi Clostridium botulinum, le cui spore sono presenti nel terreno: la presenza di acidi ne inibisce la crescita.