La risposta breve e semplicistica sarebbe”Perché si mangia troppo”! Ovviamente. Ma la realtà è molto più complessa e ha a che fare con il percorso evolutivo che ha reso gli esseri umani quello che sono, predisponendoli ad accumulare riserve con la massima efficienza.

Il corpo umano è una macchina formidabile. Milioni d’anni d’evoluzione in un ambiente in cui il cibo era spesso scarso lo hanno reso estremamente efficiente ad accumulare riserve per i periodi di magra e, contemporaneamente, a risparmiare al massimo nell’attività di ogni giorno. Fino a qualche decennio fa tutto questo risultava essere un  efficace adattamento per un mondo in cui il cibo era scarso e il lavoro necessario per procurarselo molto duro; oggi, in un ambiente in cui il cibo è abbondante e il lavoro è nella maggior parte dei casi fisicamente poco impegnativo, questi adattamenti lavorano contro di noi e hanno portato ad un enorme aumento dei soggetti sovrappeso e obesi che, si stima, siano nel mondo circa un miliardo e trecento milioni.

Dalla savana alle metropoli

Discendiamo da primati che in origine, come i nostri cugini scimpanzè, si cibavano soprattutto di frutta, pur non disdegnando altri cibi marginali come tuberi, insetti e l’occasionale pezzo di carne. I cambiamenti ambientali hanno lentamente selezionato quei gruppi che meglio sapevano sfruttare il poco cibo disponibile nelle savane che andavano a rimpiazzare le foreste tropicali, cacciatori-raccoglitori la cui dieta inizia a farsi molto più varia: accanto alla frutta assumono sempre maggiore importanza semi, bacche, tuberi e soprattutto carne e pesce, quando si riusciva a catturarli. Proprio il consumo di cibi ricchi di nutrienti, grassi e proteine, come carne e pesce ha permesso lo sviluppo di cervelli più grandi e, accanto alla cottura, ha rappresentato una importantissima svolta evolutiva.

Per gran parte dell’evoluzione della specie questo è stato il nostro cibo, dipendente in maniera strettissima dall’area in cui il gruppo viveva e dalla stagionalità. L’avvento dell’agricoltura, circa 10.000 anni fa, ha cambiato radicalmente sia la storia umana sia il nostro rapporto con il cibo. Gli alimenti principali sono divenuti i cereali: grano, orzo, segale e miglio in Europa e medio Oriente, riso in estremo Oriente, mais nelle Americhe. L’agricoltura ci ha permesso di passare da una manciata di poche, sparute tribù agli attuali sette miliardi di individui di un mondo globalizzato, con la creazione di civiltà e culture complesse che hanno raggiunto mete impensabili ai nostri progenitori.

Tutto questo però è avvenuto in un lasso di tempo troppo breve perché i meccanismi evolutivi potessero permettere un completo adattamento al nuovo stile di vita che si andava sviluppando. Per la maggior parte i nostri geni sono ancora quelli dei cacciaotri-raccoglitori, geni che ci rendono abilissimi ad accumulare ogni surplus energetico in funzione di una futura, possibile carestia, che ci spingono a consumare cibo ogni volta sia disponibile, che ci rendono abilissimi a risparmiare ed ottimizzare le nostre risorse energetiche, così essenziali per la sopravvivenza nella savana, così problematiche per l’impiegato seduto dieci ore al giorno di fronte ad uno schermo, circondato da stuzzicanti cibi ultra raffinati e ricchissimi di calorie. Il confronto con i pochi gruppi di cacciatori-raccoglitori ancora presenti nelle zone più inaccessibili del pianeta è impietoso: in queste comunità il sovrappeso e l’obesità sono estremamente rari, così come rarissime sono le malattie del benessere, in primis diabete e patologie cardio-vascolari.

Ingrassare non è il nostro destino

Quello in cui viviamo è un vero e proprio ambiente obesogeno, in cui i cibi più abbondanti e a buon mercato sono quelli più raffinati, ricchi di calorie e poveri di nutrienti, mentre l’attività fisica e il movimento sono sempre più limitati. I pericoli che ci minacciano non sono più i predatori della savana ma superiori infuriati o agenti delle tasse. Non ci procuriamo più il cibo raccogliendo frutti, verdure, radici o cacciando animali: riempiamo invece i nostri carrelli della spesa in un supermercato o consumiamo pasti in ristoranti o fast-food. Una vita forse più comoda e meno rischiosa, ma il prezzo da pagare è molto elevato. Cibo raffinato e preconfezionato e uno stile di vita sempre più sedentario ci rendono ogni anno che passa sempre più grassi e malati; anche i nostri bambini sono sempre più robusti e molti, già in tenera età, sono addirittura obesi.

Paradossalmente, i modelli di salute e di forma fisica che ci vengono proposti sono invece sempre più magri e prestanti, quasi a voler generare uno stato di insoddisfazione continua con la spasmodica ricerca di scorciatoie e trucchi per ottenere la “forma perfetta”: un terreno fertile per insane mode alimentari e per i ciarlatani delle diete miracolose e dei trattamenti dimagrisci-senza-fatica. Invece per controllare con successo il proprio peso corporeo qualche sforzo ci vuole. Bisogna lavorare per interrompere la spirale che ci rende schiavi delle nostre abitudini, della nostra ricerca di comodità, della nostra pigrizia.

Un primo valido aiuto potremmo averlo dalla compilazione di un semplice diario alimentare in cui annotare per quattro/cinque giorni tutto ciò che mangiamo, prestando attenzione a qualità e quantità. Nella maggior parte dei casi, se saremo attenti ed onesti nella compilazione, ci renderemo conto che consumiamo più cibo di quello che pensiamo/ricordiamo di consumare: è un dato di fatto che tutti gli studi eseguiti con questo metodo hanno permesso di stabilire che si sottostima costantemente la quantità di cibo consumato se non la si annota con attenzione.
In particolar modo ci potremo rendere conto che spesso mangiamo per abitudine, senza pensarci, in maniera quasi automatica. Non prestiamo attenzione alle porzioni, mangiamo invece finchè i piatti non sono vuoti e tendiamo a farlo ancora di più se mangiamo guardando la televisione: di fronte alla tv la maggior parte delle persone perde ogni capacità di controllare quanto consuma, trangugiando cibo in uno stato quasi ipnotico.
Potremo anche valutare meglio che tipo di cibo consumiamo abitualmente: cibo preconfezionato e raffinato, bevande dolci e gassate, cibo-spazzatura oppure alimenti integrali, frutta e verdura, carne e pesce di qualità? Scelte che fanno la differenza quando si voglia contrastare una naturale tendenza ad accumulare riserve.

Analogamente potremo tenere un diario dell’attività fisica, annotando quanto ci muoviamo durante la giornata. Andranno segnalate tutte le attività eseguite, dal risistemare la casa, al fare le scale, alle passeggiate, fino alla vera e propria attività sportiva. La situazione in questo caso è opposta: vedremo infatti che ci muoviamo forse meno di quanto pensiamo. Anche in questo frangente tendiamo a stimare in maniera erronea, tuttavia nel caso del movimento sovrastimiamo sistematicamente le calorie consumate durante la giornata.

Il diario alimentare e il diario dell’attività fisica sono il primo passo per prendere coscienza del nostro comportamento in due aree cruciali per il controllo del peso. Farlo può costare un poco di tempo o di fatica ma ci permetterà di capire meglio, magari con l’aiuto di un esperto del settore, se le nostre abitudini assecondano la nostra natura, oggi non più adeguata, di accumulatori di riserve o se invece ci permettono di sconfiggere l’infausta alleanza tra i nostri geni e l’ambiente in cui viviamo e mantenere così un adeguato peso corporeo, passo essenziale per una vita più sana e soddisfacente.