Quando si sceglie di fare una dieta l’attenzione è tutta puntata sui risultati immediati, si parli di dimagrimento o di migliorare certi parametri. Legittimo e comprensibile, visto che anche la maggior parte degli studi sul tema, in particolar modo quelli d’intervento, si focalizza su quanto è possibile ottenere in un arco di tempo in genere molto breve. Quando si parla di dieta in senso più ampio — intendendo, come dovremmo, lo stile di vita nel suo complesso — una visione così ristretta è limitante. Per valutare davvero la bontà di una dieta è necessario considerarne gli effetti a breve e a lungo termine: e quest’ultima cosa è un po’ difficile da fare.
Se scegliete di seguire una dieta con l’obiettivo di dimagrire la cosa di cui vi importa di più è capire quanti chili si possono perdere seguendo quel particolare regime alimentare. Se il problema è legato a esami ematochimici non proprio brillanti allora la preoccupazione principale è di capire quanto tempo ci vorrà per riportarli alla normalità grazie alla dieta, più o meno rigida, che vi è stato suggerito di seguire.
Analogamente, chi abbraccia una delle tante diete alla moda, magari seguendo il guru del momento, giudicherà la bontà della dieta in base a quanto accade nell’immediato, tessendo sperticate lodi al metodo prescelto sulla base delle sensazioni dei primissimi frutti ottenuti.
In un’epoca in cui tutto si consuma in maniera quasi istantanea è ovvio che anche i risultati di un intervento su un aspetto così importante del proprio stile di vita vengano misurati e giudicati in funzione degli esiti immediati, considerando archi temporali brevissimi, quasi mai superiori a uno o due mesi.
Un errore comprensibile, un errore grave: quando si lavora sulla nutrizione l’orizzonte per valutare la bontà dell’intervento dovrebbe estendersi su tempi ben più lunghi, senza limitarsi a considerare soltanto gli esiti immediati della dieta seguita, positivi o negativi che siano, esiti che possono essere transitori e che potrebbero essere seguiti da effetti decisamente diversi nel lungo termine.
Un problema che riguarda anche gli studi scientifici tante volte citati a supporto di una determinata dieta, studi che spesso hanno una durata decisamente ridotta —specie quando si parla di lavori di intervento — e che quindi hanno un valore indicativo e di certo limitato, non certo la sicurezza oracolare che spesso viene loro attribuita. [1]
Gli effetti a breve termine di una dieta
È banale dirlo, ma praticamente ogni dieta, perlomeno nei primi due o tre mesi, comporterà una perdita di peso più o meno rilevante. Che si tratti di un intervento equilibrato o di una dieta severamente restrittiva, come è uso e costume di questi tempi, il ridotto apporto calorico comporterà una certa riduzione di peso. Poiché molto spesso il responso della bilancia è l’unico parametro preso in considerazione da chi segue un determinato regime alimentare, va da sé che la dieta che determina la maggior perdita di peso nel tempo minore è di frequente considerata la migliore.
Un giudizio avventato visto che spesso poco si sa di cosa si è perduto effettivamente: dimagrire significa perdere il grasso in eccesso ma diete molto severe e restrittive possono causare una forte perdita di liquidi e spesso di massa magra, esito quest’ultimo assolutamente negativo, nonostante i numeri sulla bilancia possano apparire lusinghieri.
Molte diete alla moda, popolarissime e seguite da un gran numero di persone, promettono lunga vita, salute e magari anche un sorriso smagliante, a patto che si eliminino certi alimenti ritenuti problematici o addirittura dannosi. La popolarità di queste diete è sostenuta dal gran numero di soggetti che le seguono per qualche settimana affermando entusiasti di esser dimagriti e di sentirsi meglio, pieni di energia e rigenerati. Sensazioni assolutamente reali ma anche facili da interpretare: molto spesso si tratta di soggetti sovrappeso, in pessime condizioni, con uno stile alimentare davvero problematico. Semplicemente riducendo l’apporto calorico — magari con il trucco di togliere alcuni alimenti additati come cattivissimi, i soli responsabili di ogni male — il paziente perde peso, l’apparato digerente ingolfato e sovraccarico di lavoro comincia a funzionare un poco meglio e il soggetto grida al miracolo. Ma lo stesso risultato si otterrebbe praticamente con ogni forma di restrizione calorica, quando ci si limiti a considerare quanto avviene in un arco di tempo di qualche mese.
Anche molti lavori scientifici di intervento, in cui si valutano con specifiche metodiche i benefici o i problemi legati ad un determinato regime alimentare, soffrono, tra gli altri, di questo problema. Molto spesso si tratta infatti di lavori che per motivi organizzativi ed economici hanno una durata limitata, in genere di qualche mese, molto raramente di qualche anno. I risultati che vediamo sono quindi quelli istantanei e ovviamente ad essere misurati non sono certo gli effetti sull’incidenza di una specifica patologia ma soltanto quelli su alcuni marcatori che possono indicare minore o maggior rischio.
Ragionando su tempi brevi è necessario quindi essere cauti nel giudicare gli effetti di una dieta e la bontà o la pericolosità di certi alimenti, che nel lungo periodo possono cambiare ed evolvere in maniera decisamente diversa da quanto suggerito dai dati raccolti nell’immediato.
Gli effetti a lungo termine di una dieta
La dieta è certamente determinante per la salute e il benessere dell’individuo. Un’alimentazione sbagliata può rappresentare un fattore di rischio importantissimo per un gran numero di patologie, prime tra tutte quelle cardiovascolari, ancora prima causa di morte a livello mondiale.
Il problema è che gli effetti negativi di una dieta errata non si vedono nell’immediato — come invece accade quando si sceglie di seguire una alimentazione più sana e attenta — ma si sviluppano nel lungo termine, nell’arco intero della vita, portando in maniera quasi inavvertibile ad esiti infausti.
Questo vale per ogni stile alimentare che magari nel brevissimo periodo può portare a percepire immediati benefici ma che, quando venga seguito per anni, può invece mostrare un lato oscuro e imprevisto. Penso a certi regimi restrittivi e alla moda che limitano in maniera severa l’assunzione di certi cibi incitando magari al consumo senza misura di altri. Eliminare alcuni alimenti, magari perché un santone a caso ha deciso che causano il diabete o non si sposano bene al nostro gruppo sanguigno, può farci sentire meglio nell’immediato, quasi sicuramente ci farà perdere qualche chilo, ma nel corso degli anni potrebbe esporci a carenze, oppure rappresentare un rischio a causa del consumo selettivo di alcuni alimenti, non propriamente salutari quando consumati nelle quantità suggerite.
Purtroppo studi che permettano di stabilire quale sia la dieta migliore sul lungo periodo sono difficili e costosi da eseguire e sono estremamente proni a bias e fattori confondenti che rendono davvero difficile interpretare i dati raccolti. Alla fine, quando si tratta di scegliere o giudicare una dieta, è bene essere prudenti, non lasciarsi prendere da facili entusiasmi e cercare di valutare la bontà del regime scelto non soltanto nell’immediato ma anche nel lungo termine, ricordando che tra i parametri da considerare ci sono anche la sostenibilità nel tempo, la semplicità nell’applicazione quotidiana, l’equilibrio dei nutrienti, gli effetti cumulativi legati al consumo dei cibi che costituiscono la base dell’alimentazione seguita. [2, 3]
Gli esseri umani vivono a lungo e si nutrono ogni giorno: è sui tempi lunghi che si palesano i benefici o i problemi associati a determinate scelte alimentari. Ed è sui tempi lunghi che andrebbe valutato l’effetto complessivi delle nostre scelte alimentari, senza entusiasmi per risultati immediati — e in molti casi passeggeri — ricordando che la ricerca del benessere e della salute è il lavoro di una vita, non di due mesi di rinunce poco più che casuali.