Da un po’ di tempo latte e latticini sono sul banco degli imputati: c’è chi li accusa infatti di ogni nefandezza, ritenendo possano aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, tumori, diabete e addirittura osteoporosi. Accuse infondate tuttavia, come dimostra un interessante studio da poco pubblicato su The Lancet, prestigiosa rivista scientifica inglese.
Gli amici di The Lancet sono ormai inarrestabili e dopo gli ottimi studi su composizione delle diete e consumo di alcol propongono un nuovo lavoro, un interessante studio prospettico di coorte sul rapporto tra consumo di latte e latticini e malattie cardiovascolari e mortalità per ogni causa.
Le patologie cardiovascolari rimangono ancora la prima causa di morte nel mondo, in particolar modo nei paesi poveri e in via di sviluppo dove sono responsabili dell’80% circa dei decessi. Latte e latticini, in particolar modo formaggi e burro, sono alimenti ricchi di grassi saturi e per questo motivo sono stati ritenuti a lungo come uno dei possibili fattori in grado di causare un aumento dei lipidi ematici, colesterolo e trigliceridi, e di determinare quindi un corrispondente aumento del rischio di malattie cardiovascolari. Per questo motivo le linee guida di numerosi paesi consigliano di consumare latte e latticini scremati, con particolare attenzione alla frequenza di consumo dei vari prodotti.
Tuttavia nel latte e nei latticini troviamo anche aminoacidi essenziali, acidi grassi a catena media e acidi grassi con catene dispari, fosfolipidi, vitamina K , calcio e probiotici: un gran numero di componenti ognuno dei quali può avere un importante impatto, spesso positivo, sulla nostra salute. Circoscrivere quindi l’influsso del latte su certe patologie al solo effetto determinato da un singolo gruppo di componenti è decisamente riduttivo epoco utile.
Latte latticini sono un gruppo di alimenti eterogeneo: si tratta di derivati del latte di diversi mammiferi, bovini principalmente, che possono essere consumati freschi, il latte appunto, o dopo fermentazione, yogurt, kefir e formaggi. Si tratta quindi di cibi molto differenti tra di loro, ognuno dei quali potrebbe avere effetti decisamente diversi su salute cardiovascolare e mortalità. Un gran numero di studi ha indagato il tema e meta-analisi recenti tendono a mostrare un effetto neutrale o protettivo verso le malattie cardiovascolari, un effetto protettivo contro l’ipertensione, un leggero aumento del colesterolo LDL — quello comunemente definito cattivo — per consumo di latte o latticini interi o scremati e un leggero aumento della mortalità senza alcuna associazione con patologie cardiovascolare per un elevato consumo di burro.
Molti di questi studi sono stati condotti in Europa e Nord America, in paesi dove il consumo di latte e latticini è molto elevato e dove malattie coronariche e infarti sono più frequenti, mentre in Africa e Asia il consumo di latticini è minore e gli ictus sono più frequenti dell’infarto.
Il lavoro pubblicato su The Lancet mira a chiarire meglio la questione inquadrandola in una prospettiva globale che permetta di stilare linee guida aggiornate e di valore generale.
Latte e latticini: lo studio di The lancet
Lo studio pubblicato su The Lancet ha coinvolto oltre 136.000 soggetti in 21 paesi su 4 continenti, seguiti dal 2003 al 2018, tutti parte di un progetto di indagine molto ampio, il PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology). Nel corso dello studio si sono registrati circa 10.000 decessi, le cui cause sono state accuratamente registrate.
Le abitudini alimentari dei soggetti sono state rilevate utilizzando dei questionari standardizzati, adeguati quando possibile alle particolari abitudini alimentari della regione di residenza.
Le rilevazioni hanno riguardato il consumo di latte e latticini come yogurt, preparati da bere a base di yogurt, vari tipi di formaggio e piatti preparati con latte, considerando sia prodotti interi sia prodotti scremati. Il consumo di burro e panna è stato valutato separatamente e soltanto in alcuni paesi.
Il consumo di latticini è stato riferito a porzioni standard di latte, yogurt e formaggi, valutando separatamente il consumo di prodotti interi o scremati. Per ogni porzione è stato calcolato l’apporto di 43 macro- e micronutrienti, utilizzando quando possibile tabelle di composizione dei cibi specifiche per l’area accanto a quelle standardizzate.
I risultati considerati, accanto alla mortalità per ogni causa, sono stati mortalità per malattie cardiovascolari, eventi cardiovascolari non mortali e ictus. L’analisi statistica dei risultati ha cercato di tenere conto di tutti i potenziali fattori di distorsione a partire da fumo, età, sesso, attività fisica, ambiente rurale o urbano, consumo di frutta e verdure e di cibi ricchi di amido. Due variabili che non è stato possibile considerare sono state consumo di carne rossa e bevande dolcificate, troppo basso in molti dei paesi studiati.
I soggetti sono stati suddivisi in gruppi in base al loro consumo di latte e latticini, con quattro gruppi considerati: zero, una porzione, due porzioni e più di due porzioni al giorno. La porzione di riferimento per latte o yogurt è di 244 grammi, quella di formaggio è di 15 grammi e quella di burro di 5 grammi.
Viste le abitudini molto diverse tra le varie regioni sono state eseguite numerose sub-analisi per valutare se le associazioni rilevate attraverso l’esame dei dati totali fossero presenti anche a livello locale.
Per maggiori dettagli sullo studio: Association of dairy intake with cardiovascular disease and mortality in 21 countries from five continents (PURE): a prospective cohort study.
Latte e malattie cardiovascolari: i risultati dello studio
Lo studio ha rilevato un consumo di latte più elevato in Europa, America del Nord e Medio Oriente, mentre il consumo di yogurt è risultato maggiore in Medio Oriente ed Europa. Il consumo di formaggi è elevato in Europa e America del Nord mentre il consumo di burro è relativamente basso ovunque, con quantità un poco maggiori in Sud America, Europa e Nord America.
Il consumo di più di due porzioni giornaliere di latte e latticini, in confronto a un consumo pari a zero, risulta associato ad un minor rischio di mortalità per ogni causa, patologie cardiovascolari ed ictus. Associazioni simili sono state rilevate considerando prodotti interi o scremati.
Nello specifico un elevato consumo di latte e di yogurt ha mostrato significativa riduzione del rischio. Anche un elevato consumo di formaggio ha fatto rilevare un effetto protettivo, un effetto però molto debole e considerato non significativo dal punto di vista statistico. Infine un elevato consumo di burro ha mostrato una debolissima associazione con un aumento del rischio generale e di quello cardiovascolare, anche in questo caso talmente piccolo da non essere considerato significativo.
Risultati simili sono stati ottenuti confrontando tra loro i gruppi con diverso consumo di latte (due porzioni contro una porzione, più di due porzioni contro due porzioni e così via) e correggendo i dati raccolti considerando il consumo di alcolici o l’abitudine al fumo, importanti fattori di rischio per mortalità e malattie cardiovascolari.
Sono stati valutati anche i singoli nutrienti e si è visto che un elevato consumo di grassi saturi, al contrario di quello che si ritiene comunemente, non risulta associato ad alcun aumento del rischio. Analogo risultato anche per un elevato consumo di proteine del latte, ritenuto estremamente dannoso da guru delle diete come Campbell, che non presenta alcuna associazione con mortalità e patologie cardiovascolari.
Le conclusioni sono risultate simili anche considerando sub-analisi di aree con consumo più o meno grande di latte o latticini,, dal Nord-Europa, dove il consumo è davvero elevato, all’Estremo Oriente e alcune regioni dell’Africa dove i consumi sono complessivamente modesti.
Latte e latticini: che faccio, mangio?
Se vi divertite a girare sul web e frequentare siti dove si pubblicano cose che nessuno vi dirà ©®™, allora probabilmente vi avranno detto (contraddicendo quindi quanto affermato nel titolo) che il latte è la fonte di ogni male e che la nostra civiltà sopravvive al suo uso continuato soltanto grazie alla eroica lotta della resistenza al latticino. Insomma, va di moda imputare al consumo latte tutta una serie di terribili patologie, sulla scorta di dati traballanti, selezionati ad arte, con una buona spruzzata di pseudoscienza per rifinire il lavoro.
Lo studio di The Lancet, come altri lavori prima di questo, giunge a conclusioni diverse:
In questo studio di coorte prospettico abbiamo individuato un’associazione inversa tra consumo totale di latticini e mortalità o eventi cardiovascolari. Il rischio di ictus risulta decisamente più basso con un elevato consumo di latte e latticini. Non è stata trovata alcuna associazione tra un elevato consumo di latticini e infarto. Nel complesso il consumo di burro è risultato ridotto e non sono state trovate associazioni significative con un aumento del rischio per patologie cardiovascolari o mortalità. Questi dati ci permettono di sostenere che che il consumo di latte e latticini possa essere di beneficio per la riduzione della mortalità e delle patologie cardiovascolari, particolarmente in quelle aree del mondo in cui il consumo di questi alimenti è più basso rispetto a Europa e Nord America.
Da notare che gli effetti benefici paiono esserci sia per prodotti interi che scremati, contraddicendo le attuali linee guida che consigliano il consumo di prodotti scremati o parzialmente scremati, per evitare il potenziale impatto sul colesterolo LDL individuato in alcuni studi e per ridurre l’apporto energetico della dieta, visto che alcuni latticini hanno una notevole densità energetica.
Il rapporto tra grassi e salute è molto più complesso di come viene spesso dipinto: alcuni grassi mono e polinstaturi hanno un effetto decisamente positivo sulla nostra salute, mentre non tutti i grassi saturi contribuiscono ad un aumento di certi marcatori.
Va sottolineato che molti dei lavori che hanno trovato un’associazione tra consumo di latte e malattie cardiovascolari sono stati eseguiti in singoli paesi, molti dei quali presentano un consumo decisamente elevato di latte e latticini. Lo studio di The Lancet ha invece una prospettiva globale e accanto a paesi forti consumatori di latte come la Svezia, la Polonia e il Canada ha indagato anche molti paesi in cui il consumo di questi prodotti è decisamente più basso come la Cina, diversi paesi dell’Estremo Oriente, la Tanzania e altri paesi africani. Questa selezione molto ampia delle culture e dei soggetti indagati ha permesso di giungere a conclusioni robuste che prendono in considerazione diverse abitudini alimentari, in aree diverse, con consumo di quantità molto differenti di latte e latticini da una zona all’altra, minimizzando i potenziali fattori di distorsione sia grazie all’ampio campione sia grazie a una attenta analisi dei dati.
Gli autori suggeriscono diversi meccanismi grazie ai quali un buon consumo di latticini può ridurre il rischio di patologie cardiovascolari: molte sostanze presenti in questi prodotti possono influenzare processi importanti, come l’azione di alcuni enzimi che mediano la produzione di composti che controllano la pressione o l’azione dell’osteocalcina; inoltre potrebbero avere interazioni importanti con il microbiota intestinale e contribuire a ridurre processi di endotossiemia.
Ovvio che uno studio di questo tipo abbia le sue limitazioni, legate soprattutto al fatto che le abitudini alimentari sono state rilevate un numero limitato di volte, tramite un questionario, fatto di cui gli autori hanno però tenuto conto, così come hanno tenuto conto di un gran numero di altri fattori che avrebbero potuto alterare i risultati finali.
In Italia il consumo di latte e latticini è in calo da diversi anni. L’impatto maggiore lo ha subito il latte fresco e pare proprio che il fattore economico non c’entri molto, visto che il calo maggiore (-15% dal 2012 al 2016) si è osservato nelle famiglie a reddito più elevato, quelle con maggior accesso a mezzi d’informazione che nel complesso del latte non hanno dipinto certo un ritratto positivo. Siamo comunque un paese che ha ancora un buon consumo di latte e latticini, specie in alcune regioni, con una produzione interna insufficiente al fabbisogno che viene soddisfatto soltanto grazie a importazioni da altri paesi. [1]
Da buoni consumatori di latte e latticini i dati di questo studio dovrebbero arrivarci come una buona notizia. C’è da sottolineare però che porzioni e quantità prese in considerazione sono nel complesso modeste e probabilmente raggiunte ogni giorno con facilità, per quello che riguarda i livelli di consumo considerati protettivi.
Se non esistono allergie o intolleranza al lattosio non c’è alcun motivo per escludere dalla nostra dieta un alimenti che si sono rilevati così vantaggiosi da permettere una rapida diffusione della variante genetica che permette anche agli adulti di consumare latte. In particolar modo ritengo che i latticini fermentati freschi, come yogurt e kefir, siano cibi che possono decisamente contribuire al nostro benessere.
Anche qui conta la misura: quando latte e latticini sono inseriti nel contesto di un’alimentazione equilibrata e commisurata ai bisogni della persona, allora probabilmente sono in grado di contribuire a un miglior stato di salute. Se invece fanno parte di un’alimentazione esagerata e poco equilibrata e sono consumati in quantità industriali allora non potranno che concorrere ai problemi complessivi che un comportamento di questo genere finisce per causare. Ormai per me è come un mantra, ma mi piace comunque ripeterlo: non esistono alimenti buoni o cattivi, esistono abitudini giuste o sbagliate.