Tutti allegri e in compagnia, si mangia e si beve, si celebra, e, si spera, si passano dei bei momenti sereni. I problemi arrivano nei giorni successivi, salendo sulla bilancia, quando, per molti, i numeri schizzano verso l’alto. Ma è davvero così tremendo quanto accaduto?
I pranzi delle feste sono un rito sociale per noi italiani, un rito molto importante da vivere in genere in famiglia, un rito per il quale siamo disposti a spendere cifre importanti. Si tratta, al netto delle differenti tradizioni regionali, di pranzi molto ricchi in cui i più audaci possono arrivare a consumare una notevole quantità di calorie.
Un rapido conteggio — a spanne, senza pretesa di assoluta esattezza scientifica — utilizzando gli strumenti messi a disposizione da sapermangiare.mobi (ottimo sito, ricco di informazioni e strumenti utilissimi: visitatelo!) indica che il soggetto medio può passare da un’assunzione calorica giornaliera di circa 2000-2500 kcal, ad una di 4000-4500 kcal: un bel pranzo con antipasto, due primi, due secondi, contorni, dolci, caffè e amari. Magari gli eroi della tavola potranno spingersi verso le 6000 kcal, ma anche per loro esiste un limite fisico alla capacità di cibo che si può consumare in un certo periodo di tempo.
Se si parla di un singolo pasto, al massimo due, probabilmente l’aumento di peso che vedremo sulla bilancia sarà dovuto soltanto in parte ad un effettivo aumento del grasso corporeo. Un kg di grasso contiene circa 9000 kcal. In una giornata festiva tipo si possono consumare forse 3000-4000 kcal in più del proprio fabbisogno giornaliero, corrispondenti all’incirca a 330-400g g di grasso: tuttavia non tutte queste calorie in eccesso vengono effettivamente convertite in grasso.
In primo luogo ci sono degli studi che mostrano come consumare una razione molto abbondante in un singolo pasto, piuttosto che in più pasti durante la giornata, determini un aumento dell’effetto termico del cibo. In parole povere la quantità di energia dispersa in forma di calore è decisamente maggiore nelle ore successive al singolo, pantagruelico pasto, mentre è più modesta se le stesse calorie sono ripartite in un certo numero di pasti più piccoli. Inoltre studi su coppie di gemelli tenuti a diete ipercaloriche per lunghissimi periodi di tempo mostrano che l’accumulo di grasso e la localizzazione del grasso accumulato hanno una base genetica: si sono infatti registrate minime variazioni nel grasso accumulato da una coppia di gemelli, variazioni importanti in quello accumulato da coppie diverse. Pare significativo quindi il ruolo della genetica che governa appunto utilizzo del surplus calorico e tipo di tessuto accumulato, massa grassa o magra. [1, 2]
Risulta importante anche il tipo di cibo che viene effettivamente consumato. Nel corpo umano una parte dei carboidrati in eccesso possono essere accumulati in forma di glicogeno nel fegato e nel muscolo. La quantità non è rilevantissima e può andare dai 300 ai 500 g per un individuo medio. Se i pasti abbondanti seguono un periodo di intenso allenamento o di consumi ridotti, le scorte di glicogeno disponibili saranno esigue e l’organismo andrà ad utilizzare gran parte dei carboidrati consumati per ripristinare tali scorte: stiamo parlando di 300-400 g di carbo, una quantità di certo non disprezzabile. Oltrepassato il limite, una parte degli zuccheri in eccesso sarà utilizzata per la produzione di grassi attraverso processi di lipogenesi. [3, 4, 5]
Le proteine presenti nel cibo hanno un ruolo positivo: riducono l’appettito e stimolano produzione di calore — di nuovo l’effetto termico del cibo — tanto che vari studi mostrano che un aumento dell’apporto calorico giornaliero della durata di alcuni mesi, quando le calorie in eccesso siano dovute all’esclusivo aumento della quota proteica, non porta ad un significativo aumento del peso corporeo. [6, 7, 8, 9]
Il problema nasce quando una quota significativa dell’eccesso arriva dai grassi. Si tratta di sostanze che il nostro organismo è bravissimo a mettere da parte e per le quali non esiste nessun limite alla capacità di accumulo, quindi tanto più ne troviamo nel pasto che consumiamo tanto più siamo suscettibili a depositarne nel tessuto adiposo. Stesso destino per l’alcol, e spumanti e vini non mancano mai sulle tavole della festa: l’alcol non si accumula, ovviamente, viene bruciato per produrre energia — e ridurre la tossicità al consumo — e così facendo permette all’organismo di aumentare la quota di zuccheri e grassi da destinare alla formazione di tessuto adiposo. Il cosmo congiura contro di noi! [10, 11, 12]
Allora, visto che solo una parte dei nutrienti presenti diventa grasso e che la quantità di grasso depositato dopo un pasto abbondantissimo non può certo essere di un kilo, come mai , pesandoci la mattina dopo, troviamo aumenti dammatici di uno o due kg? Siamo forse vittime di tragiche cospirazioni?
Direi di no, suppongo che cospiratori seri abbiano di meglio da fare che sabotarmi la bilancia la mattina di S. Stefano, anche se con certi cospiratori non si può mai dire. Gran parte del peso che vedete il giorno dopo è dovuto a componenti che NON sono grasso.
Il primo e più banale è dovuto alle scorte di glicogeno, che dopo pasti di questo tipo sono belle colme. Il problema è che un grammo di glicogeno si porta dietro circa tre grammi dfi acqua, o addirittura di più, e che quindi per l’accumulo di 300g di glicogeno dobbiamo considerare anche la presenza di 900 g di acqua ad accompagnarlo. E il primo kilo è andato. [13, 14, 15]
Altra acqua ve la ritrovate nella vescica, quindi il consiglio è di pesarsi dopo averla svuotata. E ovviamente acqua e altro materiale se ne sta nell’intestino in attesa di essere recuperata o eliminata. Anche qui, se le vostre abitudini lo consentono, cercate di pesarvi una volta “scarichi”. Urina e feci in totale possono contribuire ad oltre un kg di peso. E via con il secondo kilo.
Infine l’acqua corporea può variare in maniera significativa a seconda del consumo di sali, zuccheri ed alcolici, certi medicinali come alcuni antiacidi e attività fisica, per cui anche in questo caso potremmo osservare variazioni anche importanti. E il terzo kilo è andato.
In pratica gran parte dell’aumento che vediamo può essere imputata a variazioni del contenuto di acqua in distretti diversi dell’organismo e solo una piccola parte potrà essere dovuta all’accumulo di grassi. Ricordate che per poter depositare un solo kg di grasso sarebbe necessario un surplus calorico di oltre 9000 kcal — probabilmente molto di più — una quantità che anche i mangiatori più dotati hanno effettivamente difficoltà ad ingurgitare.
Diverso è il discorso se l’eccesso è ripetuto sistematicamente per diversi giorni, in quel caso alla fine la quantità di grasso depositata può diventare significativa: l’aumento della massa grassa avviene su tempi medio-lunghi. Altrimenti la maggior parte dell’aumento che registrate è dovuto ad accumulo di sali e liquidi.
Chi non ama le abbuffate è il nostro microbiota, gli amabili batteri che se ne stanno nel nostro intestino a lavorare duramente per la nostra salute in cambio di un pasto caldo. Un eccesso calorico può alterare la composizione del microbiota, specie quando sia presente una quota importante di carboidrati raffinati, riducendo il numero di specie presenti e favorendo lo sviluppo di specie che possono provocare problemi. [16, 17, 18, 19]
Alla fine il messaggio è chiaro: uno o due pasti fuori scala, nell’economia di un’alimentazione sana e variata, attenta alle reali necessità del soggetto, non possono creare danni significativi. Il problema nasce quando il consumo eccessivo di cibo è sostenuto per tempi lunghi.
Quindi quando dopo il pranzo delle feste salite sulla bilancia state tranquilli: il peso che vedete è per la maggior parte acqua. NIENTE PANICO, tornate alle vostre sane abitudini, fate un poco di movimento e nel giro di qualche giorno tutto si aggiusta!
Buon anno.