La melanzana ha una storia lunghissima, un nome curioso e mille usi in cucina. Contiene una sostanza tossica ma ha anche proprietà nutritive importanti, e anche se la consideriamo una verdura in realtà è un frutto: una bella bacca dalle tante varietà.
La melanzana, Solanum melongena, appartiene alla famiglia delle Solanacee ed è quindi una stretta parente di pomodoro, patata e peperone, nonché del tabacco e di una temibile pianta velenosa come la belladonna.
La melanzana è originaria dell’Asia e probabilmente è stata domesticata indipendentemente in India e in estremo Oriente. La melanzana originaria era probabilmente una bacca piccola e amara e soltanto attraverso millenni di selezione ed intervento umano siamo giunti alle succulente varietà attuali. Arabi e Persiani la portarono prima in Africa e poi in Italia — in Sicilia se ne hanno tracce già dal basso Medioevo — e quindi all’Europa intera, dove prima si diffuse soprattutto come pianta ornamentale e solo successivamente, dopo incroci e selezioni che ne ridussero decisamente il sapore amarognolo, come cibo.
Il nome deriva dal sanscrito vātigama, divenuto bāḏinjān per gli arabi. In Italia il nome divenne petongiana o petrongiana, termini che evocavano proprietà non particolarmente apprezzate, per cui il nome venne mutato in melanzana, anche se non manca chi sostiene che il nome origini dal latino mela insana, riferimento alla tradizione popolare che sosteneva che il consumo del vegetale potesse portare alla follia.
In Spagna e Francia il termine arabo (al)-bāḏinjān diede origine al nome spagnolo, berenjena, e a quello francese e poi inglese, aubergine. Nel mondo anglosassone è comunemente chiamata eggplant, per la somiglianza di alcune varietà a buccia bianca a delle uova.
Coltivare la melanzana per divertimento e profitto
Si tratta di una pianta che predilige i climi caldi o temperati, con un’altezza che va da 30 cm a un metro, con stelo talvolta spinoso. Le foglie sono grandi, i fiori viola o bianchi, solitari, i frutti, le melanzane che noi mangiamo, sono delle bacche che portano numerosi semi di piccole dimensioni. I frutti delle specie selvatiche sono piccoli, circa 3 cm di lunghezza, mentre quelli delle varietà coltivate sono decisamente più grandi e possono arrivare ad una lunghezza di 30 cm.
Il colore e le dimensioni delle melanzane variano notevolmente a seconda delle varietà: quelle più diffuse in oriente in genere sono più piccole con colori che vanno dal bianco, al verde, al giallo, sino al viola, fino ad arrivare a varietà lunghe e snelle , di colore rosato, tipiche di Cina e Giappone. Le varietà consumate in Europa sono più grandi, hanno colore bianco o viola e polpa tenera, spugnosa e poco amara. In Italia sono coltivate numerose varietà, quasi tutte di colore violetto, di dimensioni molto variabili.
La coltivazione richiede terreni fertili e drenati con un clima mai troppo freddo o umido. Temperature sotto i 12°C possono pregiudicarne la crescita. Si tratta di piante molto suscettibili a parassiti e muffe, tanto che ne esistono alcune varietà transgeniche come la Bt brinjal, contenente un gene del batterio Bacillus thuringiensis che le conferisce resistenza all’attacco di alcuni parassiti; coltivata in India fino al 2009 è ora sottoposta a ulteriori studi e accertamenti, nonostante precedenti lavori che ne avevano attestato la sicurezza. [1]
I principali produttori mondiali di melanzane sono Cina, India, Iran ed Egitto, con l’Italia, assieme a Spagna e Romania, tra i maggiori produttori europei.
Le proprietà nutritive della melanzana
Centro grammi di melanzana cruda danno un apporto di appena 24 kcal. I grassi, o,2 g, sono praticamente assenti, le proteine si fermano ad un grammo e i carboidrati assommano a circa 5 grammi, di cui 2 di fibre e 3 circa di zuccheri. Modesto anche il contenuto di vitamine, folati, vitamina K e vitamina C, così come quello di minerali, significativo per il manganese, il potassio, il rame e il magnesio. Ve ne sarete accorti cuocendole, oltre il 92% del peso della melanzana è in effetti acqua.
Come molti frutti la melanzana è ricca di fitonutrienti, in primo luogo antocianine, dei flavonoidi idrosolubili che conferiscono colore alla buccia. Tra i più studiati c’è la nasunina [2], responsabile del colore viola scuro, che in diversi studi ha mostrato proprietà interessanti: si parla di effetti cardioprotettivi [3] e di un buon potere antiossidante, probabilmente dovuta alla capacità di legare ferro, elemento estremamente reattivo e prono alla formazione di radicali liberi [4].
Più controversa è la capacità della nasunina di ridurre i processi ossidativi a carico del colesterolo, con effetti ipocolesterolemizzanti molto modesti registrati in alcuni studi e non confermati in lavori successivi, dati che non sembrano confermare l’uso della melanzana per combattere il colesterolo, tipico di in alcune forme di medicina tradizionale [5, 6].
Interessanti invece le proprietà antiangiogeniche, ossia la capacità di inibire la formazione di nuovi vasi sanguigni, che la nasunina ha mostrato unitamente alle proprietà antiossidanti: diversi studi in laboratorio e su modelli animali sembrano indicare un suo possibile ruolo nel rallentare formazione e sviluppo di cellule tumorali, particolarmente su colture cellulari derivanti dal colon. [7, 8]
Si tratta di una sostanza non disponibile in forma di supplemento, ottenibile soltanto consumando melanzane, e probabilmente è bene così, visto la spiccata capacità di legare il ferro che potrebbe portare ad una riduzione del prezioso elemento quando i dosaggi di questa sostanza fossero troppo elevati.
Un aspetto importante da sottolineare è il fatto che la cottura aumenta il contenuto e la disponibilità di antiossidanti della melanzana, come evidenziato da diversi studi, un dato importante poiché la cottura è essenziale per ridurre la solanina, un importante antinutriente che le melanzane posseggono in quantità apprezzabile. [9, 10]
La melanzana può causare reazioni allergiche con manifestazione a carico della cute e dell’apparato digerente. Sembra che le molecole responsabili sano alcune proteine presenti soprattutto nella buccia e resistenti al calore, anche se studi più recenti hanno mostrato la presenza di metaboliti secondari non proteici come causa di reazioni di questo tipo. Un possibile ruolo potebbe averlo anche l’istamina presente in abbondanza, sostanza nei confronti della quale molti soggetti, soprattutto di sesso femminile, possono mostrare ipersensibilità. [11, 12, 13]
Solanina, l’antinutriente della melanzana
Le piante non possono scappare quando sono attaccate da predatori che intendano mangiarle e quindi, per difendere i loro frutti in maturazione, producono sostanze tossiche accumulandole nella buccia e nei tessuti sottostanti della bacca. Tutte le solanacee hanno adottato questa strategia e la melanzana non fa eccezione. Nella melanzana questo ruolo è svolto dall’α-solanina, un alcaloide glicosidico ad azione pesticida, il cui contenuto massimo accettabile è di circa 25mg per 100g di prodotto [11]. Il contenuto di solanina della melanzana è decisamente più basso, intorno ai 10 mg per 100 g di prodotto fresco, diminuisce con la maturazione, rimane comunque apprezzabile e la rende potenzialmente tossica se consumata cruda. La cottura distrugge in parte la solanina presente, ma una piccola quantità rimane comunque, visto che l’eliminazione completa richiederebbe temperature superiori ai 240°C.
La solanina è un inibitore della colinesterasi, provoca danni a livello delle mebrane cellulari e può provocare difetti di sviluppo nel feto. I sintomi dell’avvelenamento sono sia di natura intestinale, nausea, vomito e crampi, sia di natura neurologica, con mal di testa, vertigini, allucinazioni e paralisi. Nei casi più gravi si possono registrare emorragie, ipotermia e morte; questo quando la dose consumata sia superiore ai 6mg/kg peso corporeo, oltre i 420 mg per un uomo di 70 kg, quantità impossibile da raggiungere consumando melanzane adeguatamente preparate.
Come spesso accade in natura la temibile solanina non è poi così cattiva, visto che numerosi studi ne hanno mostrato la capacità di ridurre sviluppo, proliferazione e metastasi di cellule tumorali pancreatiche e melanomi, aprendo una nuova via di ricerca sulle potenzialità anti-metastasiche di questa sostanza. [14, 15, 16]
La melanzana in cucina
Scegliete melanzane sode e pesanti, dalla buccia liscia e dal colore vivo, prive di ammaccature o di macchie, segni che assieme alla buccia raggrinzita contraddistinguono una melanzana non fresca e spesso amara. Per capire se la melanzana è matura esercitate una leggera pressione sulla superficie e verificate che l’impronta rimanga visibile: in caso contrario scartatele, perché probabilmente acerba.
Le melanzane sono vegetali molto delicati che vanno trattati con attenzione e oltre agli urti sono molto sensibili anche alle variazioni di temperatura. Dopo l’acquisto è bene rimuovere la pellicola protettiva che spesso le avvolge e conservarle in frigorifero in sacchetti di carta o plastica che garantiscano adeguata areazione, per non più di una settimana. Le melanzane non vanno mai congelate fresche ma dopo sbollentatura o cottura e possono essere conservate fino a 8 mesi. Le melanzane, lessate o arrostite, possono anche essere conservate sia sotto sale che sottolio, in questo caso insaporite con erbe e aromi.
La polpa della melanzana annerisce rapidamente dopo il taglio, quindi va cucinata rapidamente o bagnata con del succo di limone per impedirne l’ossidazione. La polpa è spugnosa e morbida per la presenza di minuscoli spazi riempiti di aria tra le cellule. Questi spazi collassano durante la cottura e la polpa assume una consistenza cremosa per le varietà asiatiche, carnosa per quelle europee, che infatti sono utilizzate come alternative della carne in molti piatti vegetariani.
Questa consistenza spugnosa spiega il perché durante la cottura il volume delle melanzane si riduca in maniera drammatica: partite con una pentola piena fino all’orlo e vi ritrovate una quantità che a stento copre il fondo. Quando la melanzana viene fritta, a causa di questa struttura, assorbe grandi quantità di olio, rendendo la polpa ricca e gustosa. Per evitare un eccessivo assorbimento è bene collassare questa struttura spugnosa prima della cottura, o sbollentando la melanzana, o cospargendo le fette di melanzana di sale grosso, in modo da attirare i liquidi cellulari negli spazi interstiziali e quindi riempirli. La salatura è anche suggerita per eliminare il sapore amaro che alcuni vegetali possono avere, anche se in realtà il gusto salato maschera soltanto quello amaro. Un altro metodo per eliminare l’amaro è lasciare la melanzana a bagno per una mezz’ora, visto che la sostanza che conferisce tale sapore è solubile in acqua, o rimuovere la buccia, nella quale si accumula la maggior parte di questo composto.
Oltre che fritta la melanzana si può cuocere al vapore, in acqua, sulla piastra o sulla griglia, al microonde o al forno. In forno una melanzana di medie dimensioni cuoce in circa 20-30 minuti a 175°C, con tempi più lunghi se farcita, più brevi se tagliata a fette.
La versatilità delle melanzane in cucina è straordinaria: ottime per preparare sughi e condimenti per la pasta, possono essere utilizzate per preparare antipasti sfiziosi, fatte a fettine sottilissime e grigliate, con pesce e verdure. Grazie alla loro consistenza sono ingredienti ideali per preparare secondi piatti farciti, o involtini ripieni, fino ad arrivare a gustose torte salate.
Vista la grande diffusione esiste una miriade di modi per preparare la melanzana. In oriente le varietà piccole e amare sono utilizzate per bilanciare piatti ricchi di spezie. In India la melanzana è chiamata “Re dei vegetali” ed è utilizzata in salse, condimenti, zuppe e stufati, ripiena o fritta, sempre con abbondanza di altri vegetali e spezie.
Le melanzane giapponesi, lunghe e sottili, sono utilizzate per la preparazione della tempura, la tipica frittura locale, oppure saltate in padella. In medio oriente la melanzana è alla base di molti piatti, sia ridotta in purea, sia fritta in abbondantissimo olio, che deve copiosamente assorbire, e quindi farcita con cipolle e verdure: curioso il nome di questo piatto imam bayildi, il prete svenuto.
In Europa la melanzana fa parte di popolari piatti come la moussaka greca, uno sformato a base di melanzane fritte, agnello e spezie, e la classicissima e italianissima parmigiana di melanzane — la cui origine è materia di discussione tra varie regioni — anche questo un piatto a base di melanzane fritte, formaggio, pomodoro, con tante e gustose varianti locali. Si tratta ovviamente di primi piatti o piatti unici, molto ricchi, in cui la melanzana è sfruttata al meglio, esaltandone la capacità di assorbire oli e condimenti e di dare alla preparazione una tessitura e una consitenza compatta e gustosa. Ovvio che il vegetale poverissimo di calorie in questo caso diventa decisamente più ricco, imbevendosi dei grassi di frittura, per cui viva il gusto, viva la tradizione, ma consumate ricette di questo tipo in maniera sporadica, godendo del gusto, ma senza esagerare, via.
Altra classica ricetta a base di melanzane è la ratotuille provenzale, dove le melanzane tagliate a cubetti e stufate sono accompagnate da peperoni, zucchine, cipolle, pomodori ed erbe aromatiche, a dare un contorno coloratissimo e di grande gusto. Un piatto simile, un poco più ricco, è la caponata siciliana, dove melanzane tagliate a dadini e fritte rapidamente in padella, sono accompagnate da sedano, cipolle, olive, capperi e salsa di pomodoro. Anche qui siamo di fronte ad un contorno, che spesso prevede varianti locali arricchite di tanti ingredienti diversi, dai pinoli alle mandorle, dai totani alle alici.
La ricetta: Pasta alla Norma.
La Moglie del Nutrizionista non ha paura di niente, e stavolta si cimenta stavolta in una rielaborazione di un classico della cucina siciliana, la pasta alla norma, che proprio dietetica non è, ma che per il palato ha il suo perché. E con la rima vi lascio in cucina.
Ingredienti per quattro persone
- 3 melanzane
- 800 grammi di pomodori pelati
- 2 spicchi d’aglio
- 1 cipolla
- 1 carota
- 5 foglie basilico
- 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva
- Olio di arachide
- 8 cucchiai di ricotta salata grattugiata
- Sale q.b.
- Peperoncino
- 350 g torciglioni
Procedimento
Lavare e tagliare le melanzane a fette alte circa 0,5 cm., quindi metterle sotto sale per qualche ora.
Nel frattempo preparare il sugo di pomodoro con l’olio, la cipolla a fettine sottili, gli spicchi d’aglio interi (verranno poi tolti a fine cottura), i pomodori pelati la carota intera (tolta a fine cottura) e il basilico. Aggiustare di sale e volendo, mettere un po’ di peperoncino.
Scolare le melanzane dal liquido formatosi, poi friggerle in abbondante olio di arachide e adagiarle su carta assorbente.
Grattugiare la ricotta salata.
Cuocere la pasta al dente e porla in una ciotola dove verrà aggiunto il sugo di pomodoro, le melanzane e la ricotta salata.
Mescolare bene e servire.